CAPITOLO 25 - LE VERITA'

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Io tengo molto a te, Iris.

Iris si sentì strana. Avrebbe dovuto essere felice, ma non era così. Cercò di liberarsi da quella sensazione di disagio, dicendosi che andava tutto bene, ma la sua affermazione, così dal nulla non aveva alcun senso. Tentava di concentrasi sulla vetrina e i piccoli dettagli colorati, che in un'altra situazione le avrebbero strappato un sorriso. Avvertiva la stretta di Hektrien sulla mano, il cuore batterle forte nel petto e brividi lungo la schiena. Sentiva tutto e non aveva il coraggio di affrontare nulla. Si ricordò di un vecchio ammonimento di zia Emma, che le l'aveva avvertita che prima o poi si sarebbe cacciata nei guai, proprio a causa di quella sua tendenza a sentire troppo.

Quale è la cosa a cui tieni di più?

«La libertà» disse lei come risvegliandosi da un sogno, poi si voltò verso di lui. L'uomo alzò un sopracciglio, quella risposta ebbe il potere di spiazzarlo. «La libertà di essere me stessa, la libertà di scegliere».

Hektrien si fece scuro in volto. Inspirò profondamente, lei vide il suo petto sollevarsi sotto la giacca nera. Ormai lo conosceva abbastanza bene da capire che qualcosa non andava.

Vieni con me, cerchiamo un posto dove parlare con calma.

L'uomo la condusse in un parco giochi poco illuminato e completamente deserto a quell'ora così tarda. Regnava un'atmosfera sinistra, ormai la luna era sparita e il leggero venticello che si stava alzando faceva cigolare le altalene, creando quasi un lamento straziante. La luce fioca dei lampioni proiettava ombre lunghe e spettrali e molti angoli rimanevano bui.

Il soldato sembrava nervoso, pareva stesse prendendo tempo. Stava li davanti a lei, senza avvicinarsi. La giovane iniziò a girovagare in mezzo alle giostrine colorate con le mani nelle tasche del suo giubbino, poi si sedette su un'altalena e iniziò a dondolarsi. Stringeva le catene in metallo con una tale forza da sentire il dolore e in quello provava sollievo, perché la distraeva dai pensieri negativi. Arrestò quel movimento infantile, quando realizzò che dondolarsi non era il miglior modo per dimostrare maturità.

«Hektrien» chiamò, decisa ad affrontarlo. «Puoi dirmi qualunque cosa. Io voglio sapere».

Quello finalmente si avvicinò con passo deciso e le porse i palmi delle mani. Lei poggiò i suoi, stava tremando. L'uomo allora intrecciò saldamente le sue dita con le sue, arrestando quel tremore. I suoi profondi occhi neri si fecero progressivamente bui, lei studiò con attenzione i tratti di quel viso martoriato. Forse era giunto il momento di scoprire quale storia ci fosse dietro quelle cicatrici. Aveva uno strano presentimento e iniziava ad avere paura.

La libertà è qualcosa di prezioso.

Quelle parole la misero nuovamente a disagio. Ci fu un lungo silenzio, perchè la ragazza non riusciva a percepire il flusso caotico di pensieri dell'uomo.

Ignori molte cose.

Certo e non sarebbe potuto essere altrimenti. Evitavano argomenti scomodi, come se tra loro ci fosse un patto tacito, per proteggere qualcosa, dietro una barriera invisibile di non detti.

Il tempo stringe. Voglio dirti tutta la verità su chi sono e sulla ragione per cui i licantropi hanno tentato di uccidermi la notte in cui ci siamo incontrati, così che tu stasera possa prendere una decisione.

Iris abbassò lo sguardo, non riusciva a sopportare la sofferenza che leggeva nel suo volto e nemmeno quell'orribile sensazione che aveva all'altezza dello stomaco. Le pareva di dover andare in apnea da un secondo all'altro, doveva ricordarsi di respirare.

Iris guardami, non avere paura. Fidati di me. Io so chi sei tu, ma tu non sai chi sono io.

«Sei il soldato che mi ha salvato la vita» disse lei sicura.

The night drowns in dawnWhere stories live. Discover now