Capitolo 19

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"Buon compleanno, carino" mormoro stampando con delicatezza un bacio sulla guancia di un Leonardo ancora mezzo addormentato che si sta stiracchiando sul letto.
Lui accenna un sorriso e mi attira a sé, stringendomi al petto.
"Grazie."
Con un gesto gli indico il vassoio che gli ho preparato sul comodino, dove si trova un bicchiere colmo di succo di frutta e un piatto all'interno del quale una candelina verde illuminata da una piccola fiammella svetta un po' storta su un pezzo gigantesco di focaccia con le olive.
Leo si attiva quasi all'istante, mettendosi a sedere mentre il suo sorriso prende definitivamente posto sulle sue labbra. Soffia sulla candelina, mi porge un pezzo del pasto, e senza staccare lo sguardo da me addenta allegro la sua colazione salata.
"Hai espresso un desiderio?" domando tra un morso e l'altro.
Leonardo scuote la testa con uno sbuffo.
"No, oggi ho tutto quello che potrei desiderare."
Sorrido stringendomi leggermente nelle spalle. Lui avvicina la bocca alla mia e mi bacia, le sue mani sulle mie guance.
"Grazie per avermi sporcato tutta la faccia di olio" borbotto.
"Prego" risponde lui divertito.
Poi, sempre con le dita sul mio viso, mi scruta per qualche secondo.
"Aspetta... ne manca un po' qui" sussurra passandomi il pollice sulla punta del naso.
"Ecco, ora sei perfetto."
"Pronto per essere infornato" dichiaro alzando gli occhi al cielo mentre Leonardo ride di gusto.

"Auguri!" esclama Marta stritolando Leo in un abbraccio.
"Buon compleanno" dice Federico con un sorriso abbracciandolo a sua volta.
"Questa è per te" aggiunge la ragazza indicando la tavola straripante di cibo.
Leonardo strabuzza gli occhi senza parole.
"Giusto due robine da spizzicare, eh?" sussurra a mezza voce Fede stuzzicandolo col gomito.
Marta gli dà uno schiaffetto sul braccio e sbuffa indispettita reprimendo una risata.
"Non... non so cosa dire..."
"Buon appetito?" suggerisce Federico prendendo posto.
Leo rimane immobile per un attimo, ancora sbigottito. Mi allungo verso il suo viso e gli do un bacio sulle labbra.
"La torta l'ho preparata io."
"Davvero?"
"Beh, sì, ci ho provato..."
"Sotto la mia attenta supervisione" dichiara Marta con fierezza.
"Mi ha sgridato solo una volta."
"Stavi mettendo il sale al posto dello zucchero."
"Vero..." sussurro con un sorrisino.
Un'immensa felicità irradia i lineamenti di Leo.
Ci sediamo uno accanto all'altro. La sua mano accudita dalla mia.
Ci osserva tutti, incrociando ogni singolo sguardo, soffermandosi in ognuno di esso, donandogli la giusta importanza.
Prende un profondo respiro e mormora emozionato: "Grazie... vi voglio bene."

Londra è immensa sotto di noi. Ne osserviamo le forme, i colori e i movimenti dalla nostra cabina sospesa in aria sulla grande ruota del London Eye. Il braccio di Leonardo mi circonda le spalle mentre io gli cingo il fianco col mio. La giornata non è particolarmente soleggiata, ma nemmeno troppo nuvolosa. È tutto in perfetto equilibrio, stabile come la struttura su cui ci troviamo in questo preciso momento.
"Ho una cosa per te" gli bisbiglio all'orecchio attirando la sua attenzione.
Estraggo dalla tasca interna della giacca un foglio piegato con precisione che ho cercato di custodire al meglio fin da quando l'ho preparato.
Leo lo apre con cura, osserva il suo contenuto per diversi secondi, e ad ogni istante che passa i suoi occhi si fanno un po' più lucidi e il suo viso un po' più felice.
"L'hai... l'hai fatto tu?" mi domanda a mezza voce mostrandomi il pezzo di carta.
Osservo il mio tentativo maldestro di rappresentare una giraffa con un piccolo gufetto sulla testa e leggo le due parole incastrate in un angolo accompagnate da un cuore colorato di verde: Ti amo.
"Dato che continuo a regalarti bigliettini, stavolta volevo personalizzarlo un po'. Per metà l'ho ricalcato da una foto che ho trovato su internet, non sono bravo a disegnare come te, anzi... Per non parlare del messaggino smielat..."
La sua bocca ferma la mia. Sono stretto tra le sue braccia, lo stringo a mia volta in silenzio. Credo sia questo uno dei possibili momenti di serenità che cercavo, sospeso nel cielo di Londra, abbracciato alla persona che amo. Sentirsi bene godendosi il presente, ecco quello che vorrei poter vivere ogni giorno.
"Ti amo."

Sulla strada del ritorno, io e Leonardo ci divertiamo a commentare la mia incredibile prova artistica. Lui riempiendomi di complimenti, io riequilibrando la sua gentilezza con delle battute e con degli occhi alzati al cielo accompagnati da delle guance sempre più rosse.
Il suo cellulare lo distrae diverse volte lungo il tragitto, infastidendolo non poco.
"Ho detto ai miei che li avrei chiamati stasera, ma continuano a tartassarmi" sbotta mostrandomi lo schermo del telefonino.
Poi rifiuta la chiamata con un gesto nervoso e infila l'apparecchio in tasca sbuffando.
"Non mi ascoltano... non mi sentono nemmeno."
Allungo una mano sulla sua schiena richiamandolo a me in un abbraccio di conforto.
La sua situazione mi rende triste, soprattutto perché non posso fare molto di concreto per aiutarlo. Vederlo stare male fa star male anche me. I suoi sono un muro invalicabile. Più passa il tempo e meno provano a instaurare un rapporto con il figlio, rifiutandosi di relazionarsi con lui in modo sano e opponendosi saldamente a qualsiasi tentativo di dialogo da parte sua. Leonardo soffre, i suoi occhi non mentono. Sta costruendo una corazza per schermarsi dall'intolleranza dei suoi genitori. Una corazza che, dopo aver tentato un approccio quantomeno rispettoso, lo porta a rispondere al loro astio con altro astio, senza portare a una soluzione concreta della questione. Forse non c'è modo di cambiare le cose, e forse Leo questo lo sa. Si sta solo dando del tempo per accettarlo, superarlo e andare avanti.

"Ciao."
"Finalmente! Allora ti ricordi di avere una famiglia! Dov'eri finito?! Perché non rispondevi al telefono?"
"Vi avrei chiamato io stasera... ve l'avevo detto."
"Non ci hai detto nulla!"
"Sì, invece."
"Assolutamente no."
"Ne avevamo parlato un paio di giorni fa. Mi avevate risposto che per voi andava bene..."
"Leonardo, non siamo due deficienti, non prenderci per il culo!"
"Ma io non... non... non voglio litigare."

Mentre Leo avviava la chiamata con i genitori, io ero già in procinto di uscire dalla stanza lasciandogli i suoi spazi, evitadogli inutili problemi o imbarazzi, quando lui mi aveva trattenuto vicino a sé senza dire una parola, con il viso che mi chiedeva di stargli vicino, di supportarlo.
Gli stringo la mano, lontano dagli sguardi indiscreti e invadenti dei suoi, sperando che la loro video tortura termini il prima possibile.

"Se non vuoi litigare, comportati come un adulto per una volta."
"Ok."
"Torni dopodomani, giusto?"
"Giusto" mormora Leo guardandomi per un attimo con aria afflitta.
"Bene, sappi che né io né tuo padre avremo il tempo di venirti a prendere in aeroporto. Dovrai arrangiarti."
"Sai che novità..." sussurra lui stizzito.
"Come, scusa?!" esclama sua madre alterata.
"Niente, niente."
"Leonardo, stai marcando male."
"Va bene."
"Ti ho mandato un messaggio vocale per Natale."
"Lo so."
"Ma ho visto che come al solito te ne sei fregato e non l'hai ascoltato."
"Non me ne sono fregato, è che..."
"... 'È che' cosa?!"
"Lascia perdere."
"Io non so più cosa fare con te."
"Sapessi io..."
"Smettila di rispondere in questo modo!"
"Va bene."
Sento sua madre sbuffare con fastidio e poi dichiarare lapidaria: "Auguri per il tuo compleanno, anche se non te li meriteresti nemmeno."
"Grazie, ciao."
"Cia..."
Il saluto della donna si tronca a metà, Leo ha già chiuso la videochiamata.
Fissa il vuoto con gli occhi lucidi. Lo guardo per qualche secondo con un groppo in gola, poi lo avvolgo tra le mie braccia e lo stringo forte. Vorrei tanto poter portare via un po' di quel dolore che gli sta soffocando il petto. Vorrei poter urlare in faccia a sua madre e a suo padre che essere meraviglioso sia il loro figlio, quanto sia bello averlo accanto e quanto non solo si meriti tutti gli auguri di questo mondo, ma anche una famiglia che ci tenga a lui, che gli voglia bene, bene per davvero. Vorrei poterlo rendere felice all'istante, semplicemente con questo abbraccio.

Le note di "Gone" di Madonna corrono lungo le pareti nella penombra della mia stanza. Leonardo sonnecchia sul mio petto, le mie dita tra i suoi capelli spettinati.
Si schiarisce piano la gola e solleva la testa guardandomi triste.
"Ehi..."
"Ehi..."
"Sai quando stamattina mi hai chiesto se avessi espresso un desiderio?"
"Sì?"
"Dici che varrebbe lo stesso se lo facessi ora?"

""Sai quando stamattina mi hai chiesto se avessi espresso un desiderio?""Sì?""Dici che varrebbe lo stesso se lo facessi ora?"

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Mal di gioia - Parte 2Where stories live. Discover now