Intermezzo 7: Leonardo

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In aeroporto il padre di Michele mi saluta donandomi l'abbraccio mancato dei miei genitori. Da parte loro non un cenno, una parola, un biglietto. Stamattina non sapevo nemmeno se fossero in casa. Sono uscito in silenzio, nel gelo dell'alba, senza voltarmi indietro. Tornerò qui tra un po' di tempo per recuperare ciò che rimane di mio e poi andrò via definitivamente.

I miei non cambieranno.
Tutto quello che hanno detto al papà di Mich ha solo confermato un fatto che ho sempre saputo, nonostante provassi a sperare il contrario.
Mi sarebbe piaciuto che la situazione migliorasse, che trovassimo un punto d'incontro, ma loro non cambieranno.
E non perché non possono farlo, ma perché non vogliono.
Se penso al tempo che ho perso tentando di risolvere qualcosa di irrisolvibile. Tempo che avrei potuto spendere altrove, vicino alla persona che amo...
Ora però tutto questo non ha più importanza. I miei genitori hanno fatto la loro scelta, io ho fatto la mia, è il momento di viverne le conseguenze.

Michele, seduto sul letto, mentre perde un po' di tempo al cellulare, mi rivolge qualche occhiata sfuggente. Le sue labbra canticchiano qualche stralcio di "Follow Me" dei Muse che suona in sottofondo. Io, steso sul tappeto, quando mi sento sbirciato dal suo sguardo, alzo gli occhi dal mio disegno e incrocio i suoi accennando un sorriso. Quanto è bello... vorrei abbracciarlo e baciarlo dappertutto, esattamente come ho fatto più o meno cinque minuti fa.

Sembra stare un po' meglio rispetto ai giorni scorsi, è più tranquillo. Ogni tanto però, pare che si perda per qualche secondo. È come se rimanesse in sospeso, in bilico su un'azione o su una parola.
Avevo notato questo suo aspetto nei nostri primi mesi di relazione associandolo alla nostra timidezza condivisa. Col passare dei mesi, infatti, pareva essere più o meno scemato. Tuttavia, da quando suo padre è stato male, la cosa si è palesata di nuovo. L'ultimo periodo non è stato semplicissimo, anzi. Tutto quello che è successo ha pesato a entrambi. È comprensibile che ci voglia del tempo perché la situazione si sistemi. Credo che me ne parlerà, prima o poi. O forse dovrei dirglielo io?
Non voglio costringerlo né farlo sentire obbligato. Vorrei lasciargli i suoi tempi senza risultare oppressivo.
Se mi fermo a pensarci su, la cosa un po' mi preoccupa, ma magari non è nulla di che è sto solo esagerando... non sarebbe la prima volta.

Le due settimane appena trascorse sono state piene di cose da fare. Le questioni burocratiche da risolvere in merito al mio trasferimento sono parecchie, ma lui mi sta dando una mano enorme. Ho già in programma alcuni colloqui di lavoro, e uno di questi è nel bar di Arthur, di fronte al negozio di Francis. Sarebbe bello lavorare vicino a Mich, chissà...

Mal di gioia - Parte 2Where stories live. Discover now