Capitolo 24

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Michele, papà si è svegliato.
Mentre guido verso l'ospedale, queste parole continuano a risuonarmi nella testa scontrandosi con quelle che hanno popolato la mia mente nelle ultime ore. Le sento battagliare con ferocia. Si scavalcano, si feriscono, si accapigliano. In alcuni momenti si uniscono in frasi completamente senza senso.
"Joanne" di Lady Gaga alla radio, accesa per abitudine, mi accompagna nel parcheggio della struttura sotto un acquazzone che non ha paura di farsi sentire.

Corro verso l'ingresso con il cappuccio della felpa calato sulla testa bassa, stringo a me il borsone con i vestiti di mio padre, bagnandomi io al posto loro.
Nel lento tragitto dell'ascensore dell'ospedale avviso Leonardo con un breve messaggio contornato dall'emoji di un cuore verde.
Sulle mie labbra si allarga un sorriso per la sua risposta, decorata anch'essa con un'emoji, quella di un cuore viola. Mi raggiungerà presto.
Scrivo anche a Federico che mi risponde quasi istantaneamente, trattenendo con le sue parole quell'espressione di gioia che sta segnando il mio volto.

"Il dottore ha detto che dopo gli accertamenti potremo vederlo."
"Allora non l'hai picchiato?"
"Ci è mancato poco che non lo abbracciassi come sto abbracciando te adesso" bofonchia Elisa con il viso sulla mia spalla.
"Sarei stato molto geloso" borbotto avvicinandola un po' di più a me.
Sulle sue guance si fanno strada lacrime silenziose trattenute per troppo tempo, mentre io sospiro asciugando le mie.
"Hai dimenticato l'ombrello?"
"Perspicace."
Mia sorella sbuffa una risata, mentre Vittorio ci osserva in disparte, sorridente. Un velo d'emozione gli appanna le lenti degli occhiali che subito provvede a pulire con un lembo del maglione.

Papà è appisolato. Il viso è disteso, respira con calma, sembra sereno.
Io e Elisa ci avviciniamo cauti, come se non volessimo interrompere la quiete dopo quella grande tempesta. Lei sposta silenziosamente due sedie vicino al suo capezzale, io svuoto il borsone sistemandone il contenuto sul piccolo mobile a lato del letto dove riposa. Mi sfilo la felpa e la poggio sul calorifero caldo lì nell'angolo.
"Spero si asciughi" dico raggiungendo mia sorella.
"Non ne ho altre..." borbotto con un sospiro.
"Pre-prendi una... delle mie..."
"Papà!" esclama Elisa saltando in piedi.
"Ciao... Eli..."
"Pà..."
"Michè... che... ci fai qua?"
Lo osservo con gli occhi lucidi, circondato dalle braccia di mia sorella che tenta in tutti i modi di non esagerare con la sua felicissima irruenza.
"Secondo te?"
Gli prendo la mano. La sua stretta è debole, ma vitale. Mi rincuora regalandomi un pizzico di pace. Alleggerisce lievemente il peso che mi opprime dalla testa ai piedi.
Il DOC mugugna parole apparentemente sconnesse. Sta elaborando un nuovo attacco, sta cercando qualcosa a cui appigliarsi, qualcosa da colpire. Per il momento è fuori gioco, ma intanto affila gli artigli.

"Vittorio dov'è?"
"È qui fuori" dice Elisa indicando il corridoio con un cenno della testa.
"Digli di entrare, voglio... ringraziarlo" mormora mio padre provando a mettersi seduto.
"Aspetta, aspetta."
Lo fermo con un gesto e gli mostro la pulsantiera automatica del letto.
"Avevo dimenticato quanto fossero moderni sti cosi" commenta mentre il materasso si piega sollevandogli comodamente le spalle.
"Senti pà..."
"Uhm?"
"Tra poco Leo sarà qui... ti va di salutarlo?"
"Certo, che domande fai?"
"Magari non ti andava di vedere troppa gente..."
"Ma lui è parte della famiglia!"

"Lo dimetteranno dopodomani. Ha già chiesto quando potrà rientrare al lavoro, ma il medico gli ha detto che per il momento non se ne parla, e che quando riprenderà dovrà lavorare molto meno... e non era un consiglio, era un ordine."
Leonardo ridacchia e scivola ancora più vicino, la sua coscia tocca la mia, sulla panchina alla fermata del bus. Sfioro il suo ginocchio con la punta delle dita e aggiungo: "Gli manca poco più di un anno alla pensione, spero che capisca di dover alleggerire un po' il carico, merita di riposarsi."
"Sono felice che si sia ripreso."
"Anch'io. L'avevo visto in videochiamata nel pomeriggio, gli avevo parlato della serata... mi aveva fatto i complimenti per il vestito, si era pure emozionato... e un paio d'ore dopo..."
La voce mi si spezza in un pianto che non riesco ad arginare. Leo mi accoglie tra le sue braccia stringendomi a sé. 
"Ehi... ora sta meglio" mi sussurra con dolcezza all'orecchio.
"È questo l'importante" mormora poi mantenendo l'abbraccio saldo e confortante.
Mi pizzica piano la guancia facendo un piccola pernacchia.
"Questa felpa non è tua, vero?"
Accenno un sorriso fermando le lacrime con la manica della felpa azzurra.
"Da cosa l'hai capito?"
"Ti sta un tantino larga e... beh... hai un odore un po' diverso dal solito. Però mi piace."
Faccio scorrere il cursore fino alla fine della cerniera, il colletto caldo mi copre il collo. Affondo metà del viso nel tessuto colorato e ne inspiro lentamente il profumo.
Quello che sa di caffè, quello che sa di papà.

Quello che sa di caffè, quello che sa di papà

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Mal di gioia - Parte 2Kde žijí příběhy. Začni objevovat