Capitolo 31

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Immergo lo sguardo nell'oscurità della stanza.
Il buio e il silenzio fanno da sfondo ai miei ricordi. Li posso vedere a occhi aperti, senza troppi sforzi. E mentre li osservo, lascio andare per l'ennesima volta il pianto.

"Levitate" degli Sleep Token allo stereo. Io ed Elisa in auto diretti verso casa, Lana piccola e gracile tra le mie braccia, uno dei suoi porti sicuri.
Mio padre la guarda con sufficienza, lei lo segue ovunque, è innamorata di lui, è innamorata di noi.
Il suo primo compleanno, il cappellino di carta glitterato sulla testolina pelosa.
Papà che le racconta storie, le fa discorsi, battute, chiamandola qualche volta con il nome di mia madre.
Lana che ci accoglie a ogni nostro rientro alternando notte dopo notte il membro della famiglia con cui riposare.
La sua presenza tranquilla e mai invadente.
Noi che ci salutiamo in aeroporto.

Leo, vicino a me, respira piano. Ha gli occhi chiusi, ma non dorme. Muove con dolcezza due dita sul mio collo lasciandovi una carezza.
Sospiro tentando di arginare il pianto con la manica della felpa azzurra di papà che sbadatamente ho portato a Londra con me.
Sembra che persino le ossessioni abbiano abbassato il tiro. Ringhiano lontane, senza rendersi protagoniste. Forse la tristezza che mi trafigge il cuore è così prorompente da impedire loro di infiltrarsi come sale sulle ferite.
Per ora almeno. È probabile che tentativo dopo tentativo, minaccia dopo minaccia, alla fine avranno il loro momento di vana gloria.

Abbasso le palpebre, provo a tenerle chiuse, a concedermi un po' di sonno.
È da quasi due giorni che riposo a stento, da quando ho terminato la videochiamata con Elisa e papà.
Lui ha provato a dirmi cosa fosse successo, ma le parole gli si bloccavano a metà strada, sostitute dal dolore.
Mi ha chiesto se volessi vedere Lana un'ultima volta, ho sussurrato un 'sì' con voce tremante. Mio padre ha sollevato il lenzuolino candido che le aveva adagiato sul corpo. Lei sembrava sonnecchiare serenamente sul lato del divano che preferiva. Il petto mi si è lacerato in tanti piccoli, minuscoli brandelli. E mentre singhiozzavo, Leonardo ha bussato alla porta preoccupato, gli ho detto di entrare, mi ha stretto al petto e sono sprofondato in un oceano di lacrime.

È poca la luce che supera le tende. Si staglia nella stanza creando una strana atmosfera. Pare quasi che la vita stia aspettando me per ripartire, anche se so che non è così. Oggi pomeriggio dovrò andare al lavoro, non posso evitarlo, ho già fatto troppi giorni d'assenza e sinceramente credo che potrebbe servirmi per staccare un po' la spina, per tentare in qualche modo di muovere i primi passi oltre tutto questo.

Mi allungo verso il telefonino, è passato da poco mezzogiorno.
Leo attraversa lentamente la soglia della camera. Nota che sono sveglio.
"Ehi..."
Accenna un piccolo sorriso, ci provo anch'io, ma con scarsi risultati. È provato, ha pianto tanto quanto me, rimanendo tuttavia il collante dei miei pezzi che provavano a disperdersi ovunque.
Si siede al mio fianco.
"Tra un paio d'ore hai il colloquio con Arthur..."
Ho bisogno di parlare d'altro, di pensare ad altro.
"Già."
Provo di nuovo a sorridergli, ma muovere le labbra è come sollevare un macigno di una tonnellata.
"Ma se vuoi non ci vado... gli chiedo di cambiare giorno oppure troverò qualcos'altr..."
"Ehi."
Incrocio il suo sguardo. Lui annuisce leggermente con la testa, non c'è bisogno di aggiungere parole.
"Cercherò di fare in fretta, almeno posso accompagnarti al lavoro."
"Così però ti fai il doppio dei viaggi."
"E allora?"
Questa volta un mezzo sorriso riesce ad emergere. La mano di Leo mi accarezza la guancia.
"Hai fame? Vuoi che ti prepari qualcosa?"
"Non molta... magari mangio dopo."
"Ok... Vuoi un abbraccio?"
"Sì."

Mi metto a sedere a fatica, Leonardo è già uscito da una mezz'oretta. Una notifica sul cellulare, è papà.
Nessuna parola, solo una foto, quella che mia sorella ha fatto poco prima che io partissi qualche settimana fa e che lui ha subito impostato come sfondo del telefono.
Noi tre sorridenti sul divano, Lana stesa sulle nostre gambe, beata tra le coccole.
Grazie pà.
Non aggiungo altro, non saprei cosa scrivere, e pure se lo sapessi, comunque non mi convincerebbe mai appieno, mancherebbe sempre un dettaglio in più o in meno.
Inoltro lo scatto a Leo, un po' per abitudine, un po' per volontà di condividerlo con lui.
L'emoji di un cuore bianco in risposta bagna di nuovo il mio viso.
La purezza di quella stupenda cagnolina in un disegnino di una chat telefonica.

Lana è stata un rifugio, un momento di tenera ingenuità, una risata che ti mette il buonumore, un'amica. Lana ha donato tutto il suo amore senza volere nulla in cambio. Lana non ha quasi mai abbaiato, e quelle poche volte che l'ha fatto è stato solo per ricordare e per ricordarsi di essere un cane. Un cane giunto in un momento grigio della vita, per portare una manciata di colore con il quale rappezzare l'esistenza di ciò che rimaneva della mia famiglia. Lana in queste ultime ore ha iniziato a farmi sperare che forse un giorno da qualche parte, non so bene dove e quando, potrò rivenderla, anche solo di sfuggita, anche senza poterla accarezzare, giusto il tempo di godermi la sua presenza, la sua luce.
Lana è arrivata in silenzio e se n'è andata in silenzio. Ha lasciato però dietro di sé un ricordo meraviglioso, che fa molto rumore, esattamente come quello dell'arcobaleno nel cielo dopo un temporale.

 Ha lasciato però dietro di sé un ricordo meraviglioso, che fa molto rumore, esattamente come quello dell'arcobaleno nel cielo dopo un temporale

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Mal di gioia - Parte 2Tempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang