Capitolo 25

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Attenzione: Nel seguente capitolo sono presenti riferimenti espliciti ai disturbi mentali e nello specifico al DOC (Disturbo Ossessivo Compulsivo) che potrebbero non essere adatti per alcuni di voi.

"Allora l'ho mandato a quel paese e me ne sono andato."
"Hai fatto bene."
"Domani andrò a prendere l'ultimo stipendio e poi sarò davvero libero da questo impiccio."
"Quindi ora ti toccherà cercare un altro lavoro" mormoro percorrendo con l'indice il profilo squadrato della mandibola di Leo.
Lui sospira, si gira nella mia direzione e mi guarda negli occhi. So già che strada stanno per prendere le sue labbra. E infatti il suo sorriso storto e meraviglioso non si fa attendere.
"In realtà pensavo di tornare a Londra con te, portare un po' della mia roba lì, iniziare ad ambientarmi..."
"Davvero?!" esclamo alzandomi di scatto dal suo petto e continuando a fissarlo.
"Davvero."
Lo abbraccio con forza mentre lo sento ridere sottovoce.
Il suo volto cerca il mio. Le punte dei nostri nasi si sfiorano e le nostre bocche si incontrano in una serie di baci veloci e sbadati.
Leonardo mi scruta attentamente per qualche secondo, poi allunga il lenzuolo del mio letto sopra le nostre teste coprendoci completamente.
Improvvisamente si fa pensieroso e con uno sbuffo abbassa lo sguardo.
"Ehi... cosa c'è?" gli chiedo accarezzandogli il viso.
"Dici che il proprietario di casa vi alzerà l'affitto?"
"Conoscendolo, mi sa proprio di sì."
"Cazzo" borbotta sbuffando di nuovo.
Gli sollevo il mento con due dita e porto i miei occhi nei suoi.
"Il proprietario di casa ci alzerà l'affitto. Contribuirai anche tu, quindi non c'è nessun problema."
"E se finisco i soldi che ho da parte prima d'aver trovato un lavoro? E poi magari a Fede e a Marta non sta bene che io venga lì..."
"Se non troverai subito qualcosa, ci arrangeremo. Lo abbiamo già fatto, sappiamo cavarcela. Per quanto riguarda Fede e Marta, penso che non ci sia stato un singolo giorno in cui non mi abbiano chiesto quando ti saresti trasferito, quindi direi che gli sta benone."
"Però non voglio invadere i tuoi spazi."
"Mi piace condividere i miei spazi con te."
"Insomma vuoi a tutti i costi vivere con me" sussurra ridacchiando.
"Voglio che tu sia felice. Non importa dove vivi, l'importante è che tu stia bene."
"Ti amo..." dice stringendomi a sé.
"Non sai quanto" mormora poi quasi sottovoce.
"Certo che lo so. Te l'ho detto che oltre a essere bellissimo e bravissimo, sono anche molto sveglio."
"E umile."
"Incommensurabilmente."
"Addirittura. Ma esiste come parola?"
"Boh, credo di sì."
Lo sento ridere con il viso sul mio collo.
"Domani sera passo a prenderti io per la cena qui da me."
"A proposito..."
Leo ritorna a incrociare il mio sguardo con un velo di disagio.
"Prima che tu me lo chieda, sì, a mio papà fa piacere averti a cena e no, non ci sono problemi. Poi è stato proprio lui a dirmi di invitarti, quindi..."
Lui ridacchia dandomi un spintarella.
"Non era questo che volevo dirti!"
"No?" domando con un mezzo ghigno dispettoso.
"È che i miei hanno insistito per accompagnarmi perché vogliono portare un pensiero a tuo padre."
"Dai, sembra un gesto cari... no?"
Leonardo sta scuotendo leggermente la testa in segno di diniego.
"C'è qualcosa sotto, non me la raccontano giusta."

I biglietti per ritornare a Londra mi fissano dallo schermo del cellulare.
Il tasto "ACQUISTA" è ingombrante e fastidioso tra i milioni di pixel. Ma non arriva al livello di invadenza e disturbo del mio pensiero fisso in questo momento:

"Se acquisterai i biglietti e tornerai a Londra, tuo padre avrà una ricaduta e morirà."

A quanto pare ha avuto anche il tempo di migliorare la sintassi, la grammatica e la sua struttura d'assalto. Diventando maggiormente complesso e più difficile da eradicare.
È da quando mio padre è tornato a casa dall'ospedale che ha iniziato a fare capolino questa nuova idea ossessiva. Esattamente dal momento in cui ho inviato a Francis il messaggio che gli spiegava il miglioramento di papà e che annunciava il mio rientro a lavoro da lì a pochi giorni. In quell'istante il DOC è tornato alla carica, cogliendomi all'improvviso solo in alcuni momenti della giornata, con una forza e un'insidiosità difficili da gestire.

"Se acquisterai i biglietti e tornerai a Londra, tuo padre avrà una ricaduta e morirà."

Le parole nascono nel cervello per poi prendere forma davanti ai miei occhi offuscandomi la vista. Le frasi sullo schermo diventano quasi indecifrabili.
Poggio lo smartphone sulla scrivania e mi strofino le palpebre con le dita sbuffando amareggiato.
Mi butto sul letto, affondo il viso tra i cuscini e urlo la mia frustrazione, sperando che con essa si allontani anche un po' della mia ossessione.

 Mi butto sul letto, affondo il viso tra i cuscini e urlo la mia frustrazione, sperando che con essa si allontani anche un po' della mia ossessione

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