Capitolo 26

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Attenzione: Nel seguente capitolo sono presenti riferimenti espliciti ai disturbi mentali e nello specifico al DOC (Disturbo Ossessivo Compulsivo) che potrebbero non essere adatti per alcuni di voi.

I genitori di Leo indugiano per qualche secondo su me e mio padre prima di rispondere al nostro saluto sulla soglia di casa.
"Questo è un piccolo pensiero di pronta guarigione per lei" cinguetta la madre in tono cordiale, allungando verso papà una piccola scatola di cioccolatini.
Leonardo la supera dopo averla guardata di traverso e mi raggiunge abbozzando un lieve sorriso.
"Oh, vi ringrazio" dice mio padre accettando il regalo.
"È un piacere conoscervi" aggiunge stringendo le mani di entrambi.
"Piacere nostro. Eravamo curiosi di capire dove nostro figlio passasse tutte le sue giornate, visto che a casa non c'è mai."
Leo arrossisce visibilmente guardandosi le scarpe, io stringo i denti per un attimo, infastidito.
"Leonardo è sempre il benvenuto qui. Stasera lo riaccompagniamo noi, se volete."
"Bene" mormora lei cordialmente.
Non l'ho mai vista comportarsi così, sembra una persona totalmente diversa dal solito.
"Siete sicuri di non voler restare a cena? C'è posto anche per voi."
"No, ci dispiace ma abbiamo altro da fare."
"Sarà per un'altra volta allora..."
"Certo, certo. Quando ha un attimo avremmo bisogno di scambiare due parole con lei."
La voce della donna è gentile, soave, quasi cristallina.
Dietro la sua maschera però scalpita il fastidio, basta guardare con attenzione il suo viso per notarlo.
Papà aggrotta le sopracciglia confuso.
"Se non siete troppo di corsa, vi offro qualcosa da bere."
"Va bene."
"Michè, prepari cinque caffè, per favore?"
"In realtà preferiremmo parlare con lei in privato" bofonchia il padre di Leo, mentre il mio rimane interdetto dalla richiesta.
"O-ok..."
"Cosa avranno in mente?"
"Non ne ho idea" sussurra Leonardo di rimando con aria preoccupata mentre ci dirigiamo in cucina.

In salotto papà e i genitori di Leo scambiano qualche parola di poco conto e si zittiscono all'arrivo delle bevande.
Io e Leonardo usciamo dalla stanza accompagnati da mio padre che incrocia per un istante il mio sguardo indagatore e poi socchiude la porta lasciando uno spiraglio abbastanza grande da poter sentire distintamente cosa sta avvenendo al di là di quest'ultima. Ha compreso in un attimo che quei due non sono come fingono di apparire.
Porto Leo nella mia stanza, poco distante e mi siedo sul letto assieme a lui.

"Ultimamente abbiamo notato dei cambiamenti in nostro figlio" esordisce sua madre.
Il tono zuccheroso degli ultimi minuti si è completamente dissolto nel nulla.
"Ha la testa altrove, ci risponde male, è sempre scocciato..."
"Mi spiace..." dice mio padre.
"A me sembra un ragazzo educato, gentile e rispe..."
"E abbiamo notato che ha iniziato a comportarsi male più o meno da quando ha conosciuto Michele" lo interrompe lei.
Cala il silenzio.
Leonardo mi guarda sconsolato. I suoi occhi non nascondono l'enorme senso di frustrazione che gli sta emergendo dentro.
"Cosa vorrebbe insinuare, mi scusi?"
"Io non sto insinuando nulla, le sto solo spiegando la situazione."
"A me non sembra."
"Sappiamo che suo figlio è un po' particolare" borbotta il padre di Leo.
Se fossi in salotto e osservassi la faccia di papà in questo preciso momento, vedrei un uomo che ha compreso dove sta andando a parare il discorso e che sa quanto probabilmente si rivelerebbe inutile tentare di far ragionare i soggetti con cui sta interloquendo. Ma guarderei anche un padre che difende suo figlio.
"Cosa intende dire?"
"Lo sa benissimo" afferma la mamma di Leonardo.
Lui prova ad alzarsi dal letto, ma lo trattengo prendendogli la mano, così torna a sedersi, affranto.
Con delicatezza gli accarezzo il viso, mentre fissa il pavimento a testa bassa.
"No, non lo so."
"Sappiamo che è così... le voci girano."
Mio padre sbuffa una risata ben poco allegra.
"Non so cosa ci trova di divertente. Nostro figlio ha persino deciso di licenziarsi, e ieri ci ha detto che presto si trasferirà a Londra, proprio come il suo."
"E cosa c'è di male nel volersi costruire un futuro?"
"Cosa c'è di male?! Abbandonare i propri genitori, ecco cosa c'è di male! Dopo tutti i sacrifici che abbiamo fatto per lui!" sbotta la donna.
"Ah, capisco..."
So che mio padre non è d'accordo, lo riconosco dal suo tono di voce. Però so pure che non ribatterà nulla, perché sarebbe fiato sprecato. Infatti tace, forse sorseggiando il suo caffè visto il leggero tintinnio della tazzina che si propaga nel corridoio

"Non abbandonare la tua famiglia acquistando i biglietti per Londra o tuo padre avrà una ricaduta e morirà."

Cazzo, non adesso.
Chiudo gli occhi respirando profondamente. Il collo inizia a scottare, la gola si secca in fretta. Provo a rilassare le spalle contratte in una morsa che inizia a stringermi il corpo lentamente.
"Ehi... tutto ok?" bisbiglia Leo sfiorandomi il ginocchio. Sobbalzo a quel contatto.
"S-sì... tranquillo."

"Non abbandonare la tua famiglia acquistando i biglietti per Londra o tuo padre avrà una ricaduta e morirà."

Provo con un lungo sospiro a sistemare in qualche modo i pensieri. Riapro gli occhi e accenno un sorriso. Quel logorante ritornello è nella testa e per il momento non se ne andrà. Devo rimanere nel presente.

"Per non parlare della rissa che ha avuto con uno dei suoi amici."
"Per quel che ne so io, il ragazzo in questione è semplicemente un bullo che si è beccato una sberla, tutto qua. Sa com'è, le voci girano."
La donna sbuffa sonoramente.
"Quello che vogliamo dirle è che tutto questo non può essere una coincidenza."
"Quello che state cercando di dirmi è che Michele sta plagiando Leonardo."
"Queste sono parole sue... " brontola il padre di Leo.
"Che avreste voluto dire voi."
"Senta, ci rendiamo conto di quanto sia difficile crescere un figlio, soprattutto se sceglie quel modo di vivere. Ciò non vuol dire però che debba essere libero di influenzare la vita degli altri con le sue idee e i suoi atteggiamenti sbagliati."
"No, sentite voi. Se Michele fosse come state dicendo, non sarebbe per scelta ma perché è nato così. E sarebbe liberissimo di vivere la vita come vuole, con i suoi pensieri, con le sue azioni e con le loro conseguenze. E state tranquilli che non è un raffreddore, nessuno influenza nessuno."
"Forse dovrebbe parlare di più con suo figlio."
"Forse siete voi che dovreste ascoltare il vostro."
"Come si permette?!"
"Mi permetto eccome. Siete in casa mia, nel mio salotto, a buttare fango su mio figlio. Vi ringrazio per essere passati, ma se non vi dispiace, vi accompagno alla porta."
"Stavamo comunque per andarcene."
"Perfetto."

I tre si muovono verso l'ingresso. Le loro voci si affievoliscono, ma rimangono ben udibili.
"Effettivamente non mi sorprende che Michele sia così, con un padre del genere."
"Grazie per il complimento, arrivederci."
Sento la porta d'entrata chiudersi con un piccolo tonfo. Leonardo intreccia nuovamente i suoi occhi lucidi con i miei.
"Mi dispiace... io non..."
Lo stringo forte. Lui affonda il viso nella mia spalla.
"Va tutto bene."
I passi lenti di mio padre percorrono il corridoio fermandosi sull'uscio della mia camera. Poi ci guarda, sorride e si allontana.

 Poi ci guarda, sorride e si allontana

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Mal di gioia - Parte 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora