Capitolo 20

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File di luci sospese illuminano con il loro calore lo spiazzo sul retro del negozio di Francis. Quattro lunghi tavoloni pieni di bevande e assaggi di tutti i tipi percorrono i lati del piazzale. Gruppetti di tavoli e sedie sono disseminate ordinatamente per tutto lo spazio. Sul piccolo palco costruito per l'occasione, la seconda e ultima band della serata ha appena terminato la sua esibizione e sta smontando i suoi strumenti tra qualche rimasuglio di applauso da parte del pubblico. Francis e Arthur hanno organizzato questo evento con grande impegno, è evidente.

Ho finito di distribuire il mio malloppo di volantini pubblicitari per il negozio e il mio capo mi ha ringraziato lasciandomi libero.
Leo, Fede e Marta non sono ancora arrivati, ma saranno qui tra poco.
"Mettere i tacchi è stata la scelta più stupida che potessi fare" sbotta Gia passandomi a fianco e indicando le sue scarpe con un'occhiata infastidita.
"Se vuoi facciamo a cambio."
"Davvero?"
"No."
Gia sbuffa sonoramente mentre la guardo divertito.
"Non importa, ho un paio di pantofole nello zaino."
"Delle pantofole, sul serio?"
"Certo, hanno anche il pelo e i glitter."
"Sobrie."
"È la moda, caro, è la moda" dice con fare altezzoso.
"Capisco..."
"Sicuro che non vuoi fare a cambio, allora? Guarda che con il completo che indossi saresti un figurino."
"Ti ringrazio per la proposta allettante, ma sì, ne sono sicuro."
"E va bene, ci vediamo dopo. Se non mi ammazzo ribaltandomi da qualche parte" borbotta allontandosi in bilico sui suoi trampoli.
"Ok, a dopo."
Con un mezzo sorriso disegnato sulle labbra, sondo la folla. Sebastiano sta intrattenendo un gruppetto di ragazzi e ragazze che forse nemmeno conosce, probabilmente con una delle sue storie assurde. Al lavoro ce ne ha raccontata qualcuna, e riuscire a capire se fossero reali oppure frutto della sua immaginazione è stato parecchio difficile. Ha un modo di comunicare coinvolgente e divertente, tanto che è riuscito persino a fare sorridere Francis, anche se Gia si ostina a dire che fosse solamente una smorfia di disgusto.

Sento fischiare l'impianto per un istante e il dj set ha inizio.
Mi volto verso la consolle, Francis è nel suo habitat naturale. Si muove con gesti precisi e attenti. Scuote poco la testa, tenendo il tempo del pezzo dance anni ottanta che sta prendendo quota nelle casse. Le persone, prima timidamente, poi con più sicurezza, si lasciano trasportare dalla musica, iniziando a ballare, chi sul posto e chi direttamente al centro della pista.
Resto in disparte ad osservare la scena mentre sorseggio una bevanda calda vicino a uno dei tavoli del catering, dove Arthur sta gestendo al meglio il lato gastronomico della situazione assieme a due suoi dipendenti. I suoni danzerecci lasciano spazio ad atmosfere più rock. Stranamente non mi sento fuori posto, il vociare della gente non è assordante, la situazione non è opprimente. Chissà, magari potrei addirittura divertirmi.

"Ciao!" esordisce Sebastiano con il volto accaldato e imperlato di sudore.
Fino a un minuto fa si stava scatenando al centro della piazza sotto lo sguardo curioso e divertito di parecchie persone. Agile, slanciato, con i capelli neri al vento, completamente a suo agio.
Si riempie un bicchiere di limonata e lo butta giù tutto d'un fiato mentre io lo saluto con un cenno.
"Secondo te, se chiedessi a Gia di ballare, accetterebbe?" domanda poi bevendone un secondo.
"Credo... credo di sì... non sapre..."
"Ok, grazie!" mi interrompere lui entusiasta allontanandosi quasi zompettando in direzione della ragazza che, in pantofole, sta chiacchierando con un paio di suoi probabili amici.

"Life Eternal" dei Ghost mi raggiunge con la sua melodia. Una mano mi tocca la spalla. Un respiro mi sfiora l'orecchio.
"Ehi... mi concedi questo ballo?"
Mi volto e incrocio i suoi occhi e il suo sorriso più sghembo del solito. Il completo verde chiaro che indossa sembra quasi gli sia stato cucito addosso. In alcuni punti crea delle piccole pieghe, stringendosi e mettendo in risalto lo spessore delle spalle e la robustezza delle braccia. Ha provato a sistemare i capelli, ma con scarsi risultati, sono ancora più spettinati del solito: è stupendo.
Sorrido e stringo le mani che mi sta porgendo.
"Ma io non so ballare."
Leonardo mi attira a sé ridacchiando e sussurra: "Nemmeno io."

Rimaniamo vicini, abbracciati, poco distanti dalla pista. Ci dondoliamo muovendoci in cerchio, lentamente, senza fretta, cullati dalla musica, uniti nella nostra bolla. In quello spazio sospeso, quello di cui abbiamo bisogno, quello in cui possiamo respirare a pieni polmoni, liberi.
Leo mi stringe un po' più forte, il suo viso sulla mia spalla, il mio vicino al suo collo. Con le labbra ne percorro un breve tratto per poi lasciarvi un piccolo bacio. Mi fermo qualche secondo in più, giusto il tempo di farmi avvolgere dal suo profumo.
Lui se ne accorge, abbozza un sorriso, muove la sua bocca verso la mia, le punte dei nostri nasi si sfiorano, le nostre labbra si incontrano e i nostri respiri si uniscono per un istante meraviglioso, caldo, confortante, indefinito nel tempo e nello spazio.

Io e Leonardo osserviamo il cielo in silenzio, vicini a Federico e Marta, che accoccolati l'una all'altro ci fanno compagnia allo stesso tavolino nell'angolo del piazzale. Ora che la serata è finita e la gente sta andando via, ora che le luci della pista sono state spente, lasciando spazio a quelle di qualche lampione, le stelle si prendono la loro rivincita, splendendo nel cielo terso della notte. Le dita di Leo si intrecciano con le mie, così come i nostri sguardi.
"Ti amo" sussurra in un soffio appena udibile, quasi come volesse tenerselo soltanto per sé e per me.
"Ti amo" mormoro baciandogli il dorso della mano infreddolita.
Francis e Arthur sono appena passati a salutarci con un gesto burbero del capo, scatenando delle risate che abbiamo tentato in tutti i modi di soffocare mentre i due si allontanavano a passo deciso, e noi ripensavamo alla miriade di battute sul carattere del mio capo e forse anche del suo amico.
Gia e Sebastiano stanno chiacchierando a bassa voce a qualche seduta di distanza, persi nel loro universo.
"Che ne dite, torniamo a casa?" propone Federico stiracchiandosi.
"Sì, direi di sì... inizia a fare un po' freddino" risponde Leo mentre io annuisco di supporto.
"Freddino?! Ho le chiappe che sembrano due ghiaccioli!"
Marta scoppia a ridere seguita a ruota da me e Leonardo, poi dà una spintarella di rimprovero a Fede, che pochi secondi dopo inizia a sghignazzare divertito dalla sua battuta.

"Saluto i miei colleghi e vi raggiungo."
Lo smartphone vibra nella tasca, mi fermo a metà strada e guardo il display. Una sensazione di vuoto allo stomaco mi coglie impreparato. Tutto intorno pare crollare inesorabilmente nel nulla mentre fisso inerme il cellulare. Il messaggio di Elisa porta via i resti del mio sorriso. Li sento perdersi negli spazi tra le parole. E ciò che non svanisce viene schiacciato senza pietà dalla pesantezza di quelle lettere.
Michele, siamo in ospedale, papà ha avuto un infarto.

Michele, siamo in ospedale, papà ha avuto un infarto

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Mal di gioia - Parte 2Where stories live. Discover now