Capitolo 34

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Attenzione: Nel seguente capitolo sono presenti riferimenti espliciti ai disturbi mentali e nello specifico al DOC (Disturbo Ossessivo Compulsivo) che potrebbero non essere adatti per alcuni di voi.

Il vento freddo che soffia leggero per la via, si fa strada attraverso le mie narici, arriva al cervello e raffredda per un istante anche quello. Cammino a passo svelto verso casa, convinto di trovare Leo ad aspettarmi, ma Leo non è qui. Federico e Marta non sono ancora rientrati, li ho visti di sfuggita prima che scappassero al lavoro. Un sorriso, un abbraccio, il caos. Vorrei tanto parlare con Fede, farmi fare la predica, farmi prendere un po' in giro, farmi dare un consiglio. Ma sono solo, solo in una casa vuota.

"Lava la felpa di tuo padre oppure avrà una ricaduta e morirà proprio come Lana."

Mi siedo in malomodo sul letto, il respiro corto. La felpa è ancora lì, in un misto di fogli di carta e matite colorate. Mi basterebbe portarla al piano di sopra, metterla in lavatrice e tutto il caos nella mia testa si affievolirebbe. Ma per quanto? Forse un minuto, forse un giorno, forse un mese, forse addirittura per un anno intero. Prima o poi però una nuova ossessione varrebbe a bussare alle porte del mio cervello, annunciando la sua presenza per poi farsi spazio con violenza nella mia scatola cranica. Non devo farlo, non voglio farlo. E se per colpa mia mio padre avesse davvero una ricaduta? E se...? Non posso perdere anche lui. 

"Lava la felpa di tuo padre oppure avrà una ricaduta e morirà proprio come Lana."

Stringo forte gli occhi, soffocando un urlo che mi rimbomba nel petto. Devo resistere, è l'unico modo. So come dovrei comportarmi, ma in questo momento vorrei mettere da parte tutto, fregarmene di quello che conosco e delle tecniche che uso per gestire i pensieri intrusivi e accontentarli. Vorrei solo un po' di pace.

"Lava la felpa di tuo padre oppure avrà una ricaduta e morirà proprio come Lana."

E Leonardo? Non so cosa fare, non so dove possa essere, non so come rintracciarlo. Mi alzo dal letto e accendo il PC credendo di trovare chissà cosa, una mail, sue notizie. Completamente sovrappensiero faccio partire la playlist sulla chiavetta viola che è sempre stata lì, inserita nel mio computer dal giorno della vigilia di Natale. Non presto minimamente attenzione ai brani che si susseguono uno dopo l'altro, non assimilo le loro melodie. Osservo il muro al lato del mio letto, il grande disegno del gufo che Leo ha fatto per me riflette il senso di gelida solitudine che mi attanaglia. E appesa lì vicino, l'immagine che io ho creato per lui. Un altro colpo nello stomaco, nel petto, nella testa.
Do un rapido sguardo al suo zaino, alla maglietta appoggiata allo schienale della sedia, al paio di pantaloncini piegati sulla seduta, sopra la coperta di pile che Leo mette sulle spalle andando in giro per casa come fosse un fantasma dai capelli rossi mentre io lo prendo in giro. Un piccolo sorriso si fa spazio tra le mie guance rigate dalle lacrime. Cos'ho combinato?

"Lava la felpa di tuo padre oppure avrà una ricaduta e morirà proprio come Lana."

Mi stendo e provo a respirare. Cerco con fatica di ritornare a galla, di aggrapparmi all'orlo di quell'abisso dove non precipitavo da tempo.
Ho perso l'equilibrio, sono caduto, mi sono fatto male, mi sono incazzato. Ho fatto tutto da solo, è tutta colpa mia. Ma perché Leo ha insistito? Era preoccupato, lo so, ma io non volevo...

Bussano alla porta, mi precipito all'ingresso, è lui.
Per un istante ci guardiamo, in silenzio, i suoi occhi seri fermi nei miei.
"Ciao."
"Ciao..." sussurro mascherando stupidamente un sospiro di sollievo.
"Sei tornato a prendere le tue cose?"
E a una delle domande più sciocche che potessi fargli, arriva la risposta più dolorosa che potessi ricevere:
"Sì..."

"

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Mal di gioia - Parte 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora