Capitolo 36

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Attenzione: Nel seguente capitolo sono presenti riferimenti espliciti ai disturbi mentali e nello specifico al DOC (Disturbo Ossessivo Compulsivo) che potrebbero non essere adatti per alcuni di voi.

Io e Leo abbracciati tra le lenzuola. "Ceilings" di Beabadoobee che culla i nostri respiri e le nostre anime ritrovate. Una cena straordinariamente ordinaria, in cui gli argomenti principali sono stati tutti collegati al nostro futuro trasferimento in un'altra zona di Londra, ha preceduto questo momento, tra una battuta di Federico e una risata di Marta.

Il pensiero ossessivo delle ultime ore non è scappato via. Ha solo preso posto assieme ai suoi predecessori e a quelli che verranno dopo nel luogo dove presto o tardi finiscono tutti loro: sullo sfondo. Ci prova a farsi avanti, ma arretra ogni volta, inascoltato. Ogni tanto si riproporrà, tentando di scombussolare ciò che può, ma verrà ignorato, proprio come gli altri. Il mio non è un nuovo inizio, non ho fallito la lotta, non si è dissolto tutto in mucchio di cenere, la mia è una ripartenza.

"Com'è andato il colloquio con Arthur?"
"Non ne ho idea."
"Ma come?"
Leonardo abbozza una smorfia, mentre alzo la testa dal suo petto ridacchiando.
"È serissimo e perennemente incazzato, non è semplice riuscire a interpretarlo."
"Tipo Francis?"
"Esatto."
"Quindi sono davvero l'uno la copia sputata dell'altro!"
"Sicuro che Jane non abbia due fratelli gemelli?"
"Boh, magari sì."
Una risata condivisa mi scalda il cuore. Ho ritrovato il mio rifugio accogliente dopo una tormenta pungente e assordante.
"Mi ha detto che tra un paio di giorni mi farà sapere."
"Ok."

Mentre entrambi guardiamo il soffitto flebilmente illuminato dalle luci della strada, il silenzio musicale ritorna presente.
E questo presente sembra più accogliente di quello di ieri. Accogliente come la braccia di Leonardo, che mi avvicina a sé, di nuovo sul suo petto.
Il suo cuore scandisce un ritmo lento e costante, il profumo della sua pelle mi dona conforto senza chiedere nulla in cambio. Se restassimo fermi così per delle ore, probabilmente nemmeno me ne accorgerei... in realtà un po' lo spero.

"Ehi..."
Quel sussurro nascosto in un sospiro attira la mia attenzione.
"Prima hai detto che soffri di DOC da anni..."
"Sì... Non so precisamente da quando. All'inizio pensavo fosse solo una mia stranezza. Alle superiori la cosa è iniziata a diventare più seria... e quando mamma si è ammalata... ho deciso di chiedere aiuto."
Sospiro schiarendomi la gola.
"Ci ho messo un po' a farlo perché la situazione era già pesante... e poi mi vergognavo."
Le dita di Leonardo mi accarezzano dolcemente dalla spalla al gomito con cadenza regolare.
"Ne ho parlato con Fede un paio di mesi dopo aver iniziato gli incontri con la dottoressa."
"Ah, lui lo sa?"
"Sì, è successo per caso. Avevo avuto una crisi in classe... e lui è stato l'unico che si è interessato a me."
"Ok."
"Ti dà fastidio?"
"Cosa?"
"Che Federico sappia della mia malattia."
"Scherzi?"
"No, è che magari..."
"Ma quale fastidio? Sono così contento che tu abbia avuto qualcuno accanto. Non oso immaginare come possa essere stato..."
Le braccia di Leonardo mi stringono ancora una volta.
"Abbastanza complicato" ammetto abbozzando un piccolo sorriso.
"Però te l'ho detto: non sono speciale, non sono una vittima."
Leo si solleva su un gomito e io faccio lo stesso.
"Ma quale vittima! Sei fortissimo."
"Adesso non esagerar..."
"Non sto esagerando. Non sminuirti, ok?"
La sua mano è sulla mia guancia, i miei occhi persi nei suoi.
"Ok..."
Abbasso lo sguardo, ma lui lo riporta nel suo.
"Mich, tu sei la persona più forte che io conosca."

Guardo la felpa azzurra per qualche secondo. La poggio sullo schienale della sedia della mia scrivania con un pizzico di leggerezza in più nel cuore e nel cervello.
Sistemo i fogli e i colori sparpagliati sul tavolo, una piccola busta spunta tra le pagine.
Me la rigiro tra le mani, sento Leonardo avvicinarsi.
"Quella è per te."
Lo fisso curioso e scarto l'involucro.
Papà, Elisa, io e Lana insieme sul divano di casa: la foto che gli avevo inoltrato, stampata, lì davanti a me.
"Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere averla."
Gli occhi sono un fiume in piena, lo stringo, lo bacio e poi lo bacio ancora.
"Grazie..."
Il suo sorriso sghembo mi emoziona più del solito. Anche tra le sue palpebre spunta qualche lacrima, mentre finalmente sorrido anch'io.

Metto la foto sul comodino, vicino all'unico altro scatto presente nella stanza. I modellini del gufo e della giraffa ai lati, vegliano come guardiani opposti e silenziosi.
Ammiro quelle immagini come se non le avessi già guardate mille volte, come se non avessi già sentito quel calore legato a un passato che si riflette in un presente differente e al tempo stesso cosciente e rispettoso di ciò che è stato.

Leo mi avvolge tra le sue braccia, le sue labbra mi sfiorano il lato del collo con un bacio e un 'ti amo' sussurrato all'orecchio.
"Ti amo."
Chiudo gli occhi e mi lascio trasportare da un altro sorriso.

Nuovamente accoccolati nel buio sotto le coperte. Nuovamente nella nostra bolla personale, così semplice, spontanea e familiare.
"La mia vita è migliore da quando ci sei tu."
"Anche la mia."
"Sento come se... come se..."
"Come se potessi fare cose che prima non avresti nemmeno immaginato di poter fare?"
"Già."
"Quand'è che la smetteremo di completarci le frasi a vicenda?"
"Credo mai."
"Ottimo."
"Comunque a me alla fine non dispiace. È..."
"... Romantico?"
"Sì..."
Il petto di Leo si lascia andare in una risata sfumata e confortante che anticipa e accoglie la mia.
"Buonanotte carino."
"Buonanotte bellissimo."

"

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Mal di gioia - Parte 2Where stories live. Discover now