Chapter eleven: winners party.

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Lolo e Grace Collins appena finito di svuotare i sacchetti di vestiti, quando ad entrambe venne fame.
«Sono quasi le nove, ordino la pizza?» chiese Grace all'amica.
«D'accordo.»
Grace cercava il suo cellulare ma non lo trovava. «Hai visto il mio telefono?» chiese ma quasi lo trovò si accorse che era scarico. «Vado di sotto a prendere il caricabatterie e ordino la pizza, torno subito» disse all'amica e scese di sotto.
Ma quando aprì la porta sentì una musica in sottofondo provenire dal piano inferiore. Così scese ma non trovò nessuno, solo divani e tavolini messi al muro. In cucina trovò due ragazzi dei Lions.
«Ehm, scusate?» disse lei per attirare l'attenzione. «Cercate qualcosa?»
I ragazzi si misero a ridere e le diedero le spalle.
«Dov'è mio fratello Matt?» chiese spazientita e uno di loro indicò la porta sul retro.
Lei uscì e trovò altri ragazzi che fumavano; tra loro c'era suo fratello. «Che diavolo sta succedendo?» gli sussurrò.
«Calma, sorellina, è solo una piccola occasione per festeggiare la nostra vittoria di ieri» disse mentre Jackson Glee gli metteva un braccio sulle spalle.
Ma nel frattempo Grace aveva sgranato gli occhi. «Hai organizzato un party in casa nostra?»
«Suona più divertente così» osservò Jackson, che ricevette un'occhiata velenosa da Grace. «Ciao, piccola Candy»
La ragazza si trattenne dallo sputargli e si voltò per tornare dentro. In salotto prese il telefono di casa e digitò il numero della pizzeria; nel frattempo Jackson l'aveva seguita e si era seduto nel divano accanto a lei.
Lei lo guardò spazientita. «Che vuoi?»
«Andiamo» le mise una mano sulla sua gamba. «te la sei presa perché ti ho chiamata in quel modo?»
Candy era il soprannome che Jackson aveva dato a Grace all'età di quattordici anni, quando lei aveva raggiunto i 70 kg in seguito alla separazione dei genitori. Nonostante da quei tempi lei ne avesse persi quattordici, lui aveva deciso di far affiorare quel ricordo.
«No, ma mi dai fastidio, sparisci» gli rispose lei.
«Ma dai, mi piacevano le tue mutandine» disse lui.
Jackson conosceva i problemi di peso di Grace e la costringeva a farsi vedere da lui in mutandine ricattandola, dicendole che se non l'avesse fatto avrebbe raccontato a tutti la verità.
Grace provò disgusto e con uno schiaffo tolse la mano di lui dalla sua gamba. Posò il telefono. «Mi fai vomitare» gli sussurrò e, alzandosi, salì di sopra, trovando il caricabatterie sulle scale.
Entrata in camera, sbatté la porta e Lolo corrugò la fronte. «Che è successo?»
«Quell'idiota di mio fratello ha organizzato un party!»
Lolo sgranò gli occhi, poi scoppiò a ridere. «Non ci credo, come nei film!»
«Già ma non c'è niente di divertente, perché quando mia madre lo scoprirà la sua faccia infuriata non sarà in un film horror ma dentro la mia stanza!»
Lolo sbuffò. «Andiamo! Ci divertiremo!»
Grace la guardò come se fosse pazza. «Vuoi andare di sotto?»
Lei fece spallucce. «Certo. Non pensare che me ne starò qui chiusa in camera tua mentre di sotto c'è gente che si diverte da matti»
Lolo si alzò in piedi e frugò tra i vestiti nuovi: indossò un paio di shorts a jeans a vita alta e una canotta morbida di colore rosso; in pochi minuti ritoccò il suo make-up e sistemò il suo scuro rossetto color ciliegia. Decise di farsi uno chignon, perché rendeva il suo look più estivo.
«Andiamo, su!» disse tirando per un braccio la sua amica, che - dopo vari tentativi di resistenza - fu costretta ad accettare ma alla condizione che doveva prima sistemarsi.
Quando loro due scesero al piano di sotto, sembrava che gli invitati fossero tutti presenti: la confusione era enorme.
«Okay, e ora che si fa?» chiese Lolo, vogliosa di divertirsi.
«Non so tu, ma io devo cercare il mio caricabatterie, quello che ho preso è di Matt» rispose lei.
«Va bene, allora io vado a vedere con chi sta flirtando tuo fratello» ridacchiò Lolo.
Grace annuì. «D'accordo, ti consigliò di andare a cercarlo sul retro. Ci si vede in giro» disse, dirigendosi verso destra.
Lolo si guardò intorno, non riconoscendo nessuno in mezzo a quella folla, e si diresse a sinistra.
Quando mise piede nella cucina, si accorse che era un vero caos e che la porta per uscire sul retro era inaccessibile; perciò decise di uscire dall'ingresso principale e fare il giro dal giardino, ma quando si voltò un ragazzo - sbattendo contro di lei - le versò il suo drink addosso.
«Guarda cosa hai fatto!» urlò lei mentre quello si piegava per prendere il bicchiere da terra.
«Scusa, non volevo!» gridò lui alzandosi.
Lolo non se lo aspettava. «Zayn» lo riconobbe.
«Lola»
«Lolo» lo corresse lei. «per l'ennesima volta, Lolo»
«Mi dispiace» disse lui.
«Cosa? Di avermi rovinato il top o di aver sbagliato il mio nome?»
Lui non riuscì a trattenere una risata.
«Certo, ridi, tanto ora devo smacchiarlo io» disse lei.
Lui la guardò sorridendo. «Toglitela. Mio zio ha una lavanderia, la dai a me e te la riporto come nuova»
«Ci conto, anche perché è nuova» spiegò lei e guardò la macchia, cercando di capire se si togliesse facilmente.
«Ti sta bene» disse lui a voce alta per farsi sentire.
Lei lo guardò. «Oh... Grazie.» disse. «Vado a togliermela» aggiunse e, voltandosi, andò nella stanza di Grace, dove c'erano le sue cose.
Cercò nella borsa un'altra maglietta, poi sentì sbuffare alle sue spalle. Voltandosi, scoprì che era stato Zayn, che si era seduto sul letto.
«Che ci fai qui?» gli chiese.
Fece spallucce. «Ti tengo compagnia»
«Non ti ho chiesto di venire, non dovevi entrare qui» gli rispose.
Lui fece spallucce di nuovo. «Non mi hai detto di non farlo.»
Lolo sbuffò. «La smetti di fare spallucce?»
«Perché?» chiese e lo fece di nuovo. «È divertente vederti spazientita»
Lei alzò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto. «Divertente, hai detto?»
«Si, e gratificante anche» aggiunse lui.
Lei annuiva. «Gratificante... Trovi gratificante anche se ti dico che sei tu a spazientirmi?»
Lui si mise una mano al petto. «Questo è davvero un onore»
Lei alzò gli occhi al cielo. «Lo immagino.»
«Dammi la maglietta, la metto in macchina» disse lui.
«Se esci, me la tolgo»
Lui - di nuovo - fece spallucce e si alzò, dirigendosi lentamente (molto) verso la porta. Alla fine Lolo gli diede uno spintone e gli sbatté la porta in faccia.
Lei si tolse la canotta e ne mise una beige; aprì la porta e, trovandolo ancora lì davanti immobile, gli lanciò il top sporco addosso.
«Trattalo bene» gli disse.
«Sei tu che me l'hai appena lanciato» osservò scendendo le scale e Lolo lo guardò uscire dalla casa. Zayn entrò in macchina e si piegò in avanti per prendere un sacchetto; prima di infilarci la maglietta, se la portò al naso e inspirò, e, sentendo il suo profumo, sorrise.
Poi tornò dentro, trovandola seduta sulla spalliera di un divano da sola a guardarsi intorno.
Le andò vicino. «C'è tanta gente qui e tu te ne stai da sola»
Lei lo guardò. «La mia sfortuna è che tra tutti quelli che ci sono qui conosca soltanto te» rispose, scartando un lecca-lecca e mettendoselo in bocca.
Lui rise. «Bene. Allora posso chiederti di seguirmi?»
«Ma sai cosa significa quello che ti ho appena detto?» chiese lei.
Lui annuì e accostò la bocca al suo orecchio per sussurrarle. «Che anche se sono antipatico non riesci a non parlarmi»
Lei rise e gli diede uno spintone, poi raggiunse le scale e si voltò verso di lui, come per chiedergli di seguirlo. Ovviamente lui lo fece, pur non sapendo le sue intenzioni.
«Dove stiamo andando?» chiese lui e lei rise.
«Non dove stai pensando» rispose e lui non riuscì a trattenere un sorriso.
Saliti al piano di sopra, proseguirono lungo il corridoio e lei aprì una porta che dava su altre scale, in cima alle quali c'era un terrazzo.
Una volta lì sopra, Zayn si guardò intorno meravigliato: vedeva Lakewood illuminata, non l'aveva mai vista così.
«Bella, eh?» gli chiese lei guardando le luci sparse per la città. «Ci sono venuta il giorno in cui ho conosciuto Grace, abbiamo parlato qui.»
Lui poi guardò lei e, andandole vicino, si appoggiò al muretto. «Perciò vieni anche alle feste dei vincitori. Wow, il bowling ti piace davvero»
Lei rise, guardandolo. «No. In realtà è solo un caso: rimango qui a dormire con Grace»
Lui annuì, poi la guardò negli occhi. «Quindi devo ringraziare Grace»
Lei corrugò la fronte. «Non ti seguo»
Lui sorrise. «Devo ringraziarla se ti ho incontrata a scuola, se ti ho incontrata al bowling, se ti ho vista alla partita e se ti ho rivista stasera»
Lolo ebbe un brivido lungo la schiena. «Ti ricordi di avermi vista a scuola?»
«Sì, quando ho sbattuto contro Grace e tu sei arrivata» disse. «E poi ti ho vista all'uscita con un lecca-lecca in bocca. Sembrava stessi aspettando qualcuno»
Lei ridacchiò. «Sì, stavo aspettando Grace»
Lui la guardò e fece un sorriso. «L'ho detto che devo ringraziarla»
Lolo si sentì in imbarazzo, e abbassò lo sguardo cercando di non farglielo notare. «Perché dovresti ringraziarla? Insomma, non ti saresti perso niente» disse, fingendo un piccolo sorriso.
Zayn piegò la testa di lato. «Una ragazza col rossetto che mangia lecca-lecca»
«Questo non mi rende speciale» rispose lei.
«No, hai ragione» disse lui. «ma il fatto che non riesca a toglierti gli occhi di dosso sì, ti rende speciale.»
Lei lo guardò negli occhi e si sentì quasi mancare il respiro dall'imbarazzo.
«Insomma...» continuò lui. «se ci sei tu tra la folla, il mio sguardo cade sempre su di te. Non so... È che sono sicuro che in realtà in te c'è molto altro, so che è così. Ma soprattutto sono curioso di sapere cosa ci sia»
Lolo iniziava ad avere paura, non di lui, di cosa sarebbe successo dopo quel momento; rivelare a qualcuno la vera sé sarebbe stata la cosa più difficile di tutte e aveva bisogno di fidarsi.
«Zayn» parlò finalmente, «dietro ognuno di noi ci sono cose che non sappiamo, non sono soltanto io»
«Sì, ma quando guardo gli altri non sento questa voglia irrefrenabile di conoscerli, mentre quando guardo te impazzirei per sapere come sei» disse ed era sincero, così tanto che stava perdendo il controllo delle sue parole. «Il punto è che tu mi sembri così incredibilmente vera, anche se ti trucchi o indossi vestiti di marca. Le tue espressioni sono vere, il tuo sorriso lo è, anche più delle tue parole» le confessò ma non era tutto. «Quando ieri sera ti ho detto che mi ricordavi una bambina intendevo dire che eri sincera come questa. Quando io penso a quando ero bambino mi sento sollevato ed è quello che ho provato ieri sera mentre stavo con te. Sento di potermi fidare di te»
Dentro di sé Lolo Adams stava impazzendo: era felice di aver sentito dirgli quelle cose ma aveva la costante paura di essere troppo complicata perché lui potesse capirla. Ed era proprio questo il problema, che lei voleva fidarsi di lui, era così, ma era più forte di lei.
«Come ti ho detto» disse lei, «una parte della bambina che ero è sempre rimasta»
Lui cambiò discorso, in un certo senso. «Prima di quel giorno non ti avevo mai vista a scuola»
«Beh, nemmeno io» ammise lei. «in realtà non conosco molte persone»
«Sì, l'avevo capito. Ma non capivo se fosse una scelta tua o...»
«Scelta mia, posso giurartelo.» disse lei. «Sono incredibilmente paranoica, ogni volta che qualcuno inizia a parlare con me penso automaticamente che non potremmo mai essere amici perché ho delle idee particolari e sono pignola in certe cose. Insomma, a volte non mi sopporto neanche io»
Lui sollevò le sopracciglia. «Ah, quindi non sono l'unico che non sopporti»
Lolo si mise a ridere. «No, non lo sei. Però sai che c'è? Io non sopporto quasi nessuno, ho una specie di odio per la società. Però anche se non ti sopporto, non ti sopporto sul serio. Cioè, non so se hai capito» disse e si mise a ridere.
Anche lui rise. «Sì, credo di aver capito»
«Davvero? Meno male, non mi andava di spiegartelo» rispose lei e lui rise di più.
«Poi?» chiese lui e lei corrugò la fronte.
«Cosa?»
«Che altro mi racconti di te?»
Lei sorrise. «A dir la verità non sono abituata a parlare di me. E non saprei nemmeno da cosa iniziare, ogni volta che devo parlare di qualcosa mi confondo perché in realtà ho tante cose da dire che ne dimentico sempre una»
Lui si mise a ridere e lei non capì.
«Cosa c'è?» domandò lei preoccupata.
«Parli sempre così tanto?»
Lei, imbarazzata abbassò lo sguardo e lui corrugò la fronte.
«E ora che ti prende?»
Lei si strinse le mani e si strinse nelle spalle. «A dir la verità mi capita di parlare tanto solo quando mi sento a mio agio»
Lui la guardò sorridendo. «Senza volerlo so già una cosa in più su di te»
Lei finalmente lo guardò e rise. «E penso che sarà così anche con il resto, mi conoscerai senza rendertene conto, ecco»
«Suona come un'informazione su un gioco» rise lui. «Non vedo l'ora di iniziare a giocare, sai?»

Lollipops. | z.m.Where stories live. Discover now