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  Un'ondata di paura la travolse. Erano tutti ragazzi e non aveva idea di cosa potessero farle. Nella sua mente frullarono diverse vie di fuga e sentì l'adrenalina crescere dentro di lei.
   Decise di agire.
Allungò le braccia davanti a sé e si lanciò contro il ragazzo. Lo spinse e lui cadde trascinandosi dietro anche il secondo.
Erano entrambi a terra. Alice aveva vinto.
  Prese la corda e si tirò su. I ragazzi la fissavano sconcertati. Si alzarono di nuovo le voci ma forse erano troppo presi dai loro discorsi che non diedero retta a quel che stava facendo la ragazza. Erano delle più varie conformazioni,  stature ed etnie, con i capelli di tutte le lunghezze. Dovevano essercene almeno cinquanta, tutti con i vestiti macchiati e bagnati di sudore, come se si fossero interrotti nel bel mezzo di un lavoro faticoso.
  Alice si fece spazio tra di loro e iniziò a correre. Corse come non aveva mai corso in vita sua. Nessuno fortunatamente la fermò.
All'improvviso ebbe le vertigini e rallentò fino a fermarsi. Iniziò a girare su sé stessa, lenta, cercando di capire dove fosse finita.
  Si trovava in un enorme cortile, grande quanto parecchi campi da football e circondato da giganteschi muri di pietra grigia, coperti in diversi punti da folte piante d'edera. I muri dovevano essere alti diversi metri e racchiudevano lo spazio in un quadrato perfetto. Ciascun fianco recava una spaccatura esattamente nel centro. Si trattava di un'apertura alta quanto i muri stessi, che, da quanto Alice riusciva a vedere, conduceva ai lunghi corridoi che stavano dietro.
  Le si avvicinò un ragazzo, abbastanza carino. Era alto, con capelli biondi e la mascella squadrata. Le sue braccia erano muscolose, con le vene sporgenti.
  <<Non ti avvicinare>>. Per la prima volta riuscì a sentire la sua stessa voce. Era rotta e c'era una nota di paura.
  <<Stai tranquilla, qui sei al sicuro>>
Qualcosa nella testa di Alice le diceva che poteva fidarsi di quel ragazzo.
Si schiarì la voce e domandò <<Dove sono?>>
Intanto altri due si erano avvicinati ma si mantenevano a distanza di sicurezza, forse per paura che la ragazza facesse un'altro movimento brusco. Un tipo basso, tozzo e grassoccio, saltellava avanti e indietro con gli occhi sollevati a guardarla. Un'altro, alto e magro, con lo sguardo confuso.
  <<Sei nella Radura>> rispose il ragazzo biondo.
Una serie di domande le invasero la mente. Non sapeva proprio da dove cominciare.
<<Perché mi trovo qui? Chi siete voi? Perché sono l'unica ragazza? Che cos...>> venne interrotta dal Biondo.
  <<Piano, piano...>> la sua voce la tranquillizzò <<Io sono Newt. È una lunga storia e la verrai a sapere un pezzo alla volta. Domani ti faccio fare il Tour. Fino ad allora... cerca di tenere a bada il tuo caratterino>>
  Newt? Continuava a ripetersi quel nome nella testa e le sembrava molto familiare ma decise di rimandare la questione. Quelle parole la sconcertarono, come se fosse lei quella pazza. <<Senti chi parla.. Voglio una spiegazione. Avete un capo qui? Voglio vederlo>> rispose mentre poggiava le mani a pugno sui fianchi.
  Il ragazzo biondo, che aveva detto di chiamarsi Newt, si stava decisamente irritando.
<<Il nostro capo è Alby, il ragazzo che hai spinto a terra dentro la Scatola>>
  Scatola? Alice si diede un'altra occhiata intorno. La pavimentazione del cortile sembrava fatta di enormi blocchi di pietra,  molti dei quali si erano crepati e ora erano riempiti da erbacce e sterpi  servatici. Un edificio di legno strano e mezzo diroccato, accanto a uno degli angoli della piazza, contrastava violentemente con la pietra grigia. La circondava qualche albero dalle radici affondate nel pavimento di roccia, simili a mani nodose in cerca di cibo. Un altro angolo del recinto era occupato dagli orti: dal punto in cui si stava, Alice vide mais, pomodori e alberi da frutto.
  Dal centro del luogo che avevano chiamato Radura e da quella che era la Scatola da cui era arrivata, si avvicinò il ragazzo dalla pelle scura. Alby, il capo.
  Si rese conto di aver esagerato e di dover delle scuse <<Scusami, non pensavo... Mi dispiace veramente tanto>> rivolgendosi a quello che sarebbe stato il suo nuovo capo.
Il ragazzo sembrò comprendere e accennò ad un sorriso, poi parlò <<Newt trovale un posto sicuro dove stare, al Casolare, nessuno le si deve avvicinare>> poi si rivolse al ragazzo magro e alto che sembrava non volesse separarsi da quello basso e grassottello, una bella coppia. <<Vieni qui, Fagio>>
  Il ragazzo esitò un attimo, poi raggiunse Alby con aria incerta. Tutti gli altri adolescenti gli rivolsero delle occhiate furenti, come se fosse il responsabile di tutto quel pasticcio. Avvicinandosi evitò il contatto visivo con chiunque. I suoi occhi erano profondi, e il color nocciola riprendeva il colore dei suoi capelli. Non erano molto curati e anche nei vestiti c'era un po' di confusione.
  Alby parlò di nuovo ma stavolta abbassando la voce, forse per non farsi sentire <<Conosci la ragazza, pive?>> domandò con fare accusatorio.
Il ragazzo sembrava sconvolto dalla domanda e anche Alice lo era. Che domanda era? Perché proprio a lui doveva fare una domanda del genere? E poi lei non lo conosceva, pensò Alice.
  <<Conoscerla? Ovvio che non la conosco. Non conosco nessuno. A parte voi.>>
  <<Non è...>> cominciò il capo, ma poi si interruppe con un sorriso di frustrazione. <<Volevo dire, non è che ti sembra familiare? Non hai qualche sensazione di averla vista prima?>>
  <<No. Niente.>> rispose il ragazzo.
  Alice si era stufata di sentire quei due parlare di lei davanti ai suoi occhi. Lei sentiva e non era stupida. <<Perché dovrebbe conoscermi? Io non conosco nessuno qui>>
  La fronte di Alby si corrugò e tornò a guardare il ragazzo <<Sicuro?>>
Pareva non credere ad una sola parola di quel ragazzo. Sembrava quasi arrabbiato.
Ma cosa pensa che c'entri lui con questa storia?, pensò Alice.
Il ragazzo la stava fissando intimorito, poi rispose nell'ultimo modo in cui poteva rispondere <<Sì, perché?>>
  <<Caspio>> brontolò Alby prima di posare di nuovo gli occhi sulla nuova arrivata. <<Non ci hai ancora detto come ti chiami, novellina>>
  Ma che diamine di linguaggio usavano lì?, pensò Alice. Alcune delle parole gli erano del tutto estranee, mentre altre erano familiari. Il panico le salì nuovamente alla gola. Fu quasi troppo, quasi insopportabile. Fece un respiro profondo. Assecondali e basta, pensò. Se cedi alla paura non capirai niente.
  <<Mi chiamo Alice>>

Alice in The Maze - Il LabirintoWhere stories live. Discover now