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Il cielo grigio senza sole e senza luna e stelle confondeva tutti. Non c'era più l'apertura e la chiusura delle Porte che scandivano le ore della giornata. Non c'era più la grande protezione dai Dolenti. Se non avevi un orologio era difficile capire che ore fossero.
Thomas e Minho erano entrati nel Labirinto intorno a mezzogiorno ed erano rimasti fuori tutta la notte.
I problemi comiciarono verso la sera.
Stando sempre con le teste chine sulle Mappe e sul codice, i ragazzi non si erano resi conto dell'orario. Capirono del problema solo quando iniziarono a sentire gli squittii meccanici dei Dolenti.
<<Cacchio.>> Fù l'unica parola che disse Newt prima di uscire dalla stanza delle armi per dirigersi al Casolare.
Qualcuno doveva restare a sorvegliare le Mappe. Rimasero due ragazzi che Alice non conosceva, insieme a Zart, l'Intendente degli Orti.
Alice uscì fuori. Si fermò un attimo a guardarsi intorno. Dai corridoi principali del Labirinto arrivò un'ondata di rumori meccanici, seguita dai famigliari schiocchi che annunciavano il rotolare dei Dolenti sul pavimento di pietra. Era come se qualcuno avesse sparso in giro una manciata di chiodi.
Newt prese a chiamarla. <<Alice, che stai facendo lì impalata?>>
Alice sperava solo che Thomas e Minho stessero bene. Poi prese a correre, anche con la caviglia che le faceva male.
I Dolenti erano dietro l'angolo e stavano passando le grandi Porte senza esitare, quando Alice raggiunse il Casolare. Newt chiuse la porta dietro di lei.
Alice vide le facce preoccupate dei ragazzi che speravano di non essere lo sfortunato pive di quella notte. Colui che sarebbe stato preso dai Dolenti, stando a quel che aveva detto Gally. Erano tutti atterriti e tesi.
<<Sei matta, Aly.>> le disse, con parole che tralasciavano intendere preoccupazione per lei.
Salì al piano di sopra ancora con il respiro affannato dalla corsa, o forse era più per la paura, seguendo Newt. Entrarono in una delle tante stanze del Casolare. Non aveva importanza quale fosse. Era la prima notte che Alice era al pari degli altri e non al sicuro nella Gattabuia come la notte precedente. Poteva anche essere lei la predestinata.
Passarono alcuni minuti. Vari suoni provenienti dai Dolenti penetravano nelle pareti ogni dieci o al massimo venti secondi. Lo stridore dei motorini seguito dallo sferragliare del metallo. Gli schiocchi delle punte che sfregavano contro la pietra dura. Cose che scattavano, si aprivano e scattavano ancora. Alice sobbalzava per la paura ogni volta che sentiva qualcosa.
Si sentiva colpevole per tutto. Per aver innescato la Fine. Forse doveva sacrificarsi al posto di qualche altro Raduraio. Doveva essere lei a pagare. Era colpa sua se si trovavano in quella situazione e lei doveva rimediare.
Nella stanza, gli altri erano immobili e nessuno fiatava.
Dai rumori pareva che uno dei Dolenti si stesse muovendo in direzione della casa. Poi gli schiocchi delle punte sulla pietra si trasformarono all'improvviso in un suono più profondo. Alice si stava già immaginando la scena: le punte metalliche della creatura che si conficcavano nei fianchi di legno del Casolare, l'enorme bestia che si appallottolava per rotolare su per il muro verso la stanza, sfidando la gravità con la forza del suo corpo. Udì le punte dei Dolenti fare a brandelli il legno che trovavano sul loro cammino: distruggevano, ruotavano su di sé e andavano di nuovo all'attacco. Tutto l'edificio rabbrividì.
Alice si disse che se il Dolente si fosse fermato davanti alla finestra della stanza dove si trovava, si sarebbe sacrificata lei. Si sarebbe lanciata e si sarebbe fatta prendere senza dimenarsi o urlare. Prima o poi doveva succedere, e doveva succedere a uno di quei ragazzi.
All'esterno le luci tremolavano, lanciando strani bagliori attraverso le fessure tra le assi di legno. Poi un'ombra sottile li interruppe, spostandosi avanti e indietro. Alice sapeva che le sonde e le armi del Dolente erano fuoriuscite e stavano cercando le vittime con cui banchettare. Sembrava che la creatura avesse scelto proprio la stanza dove si trovava Alice.
Mentre i ragazzi si allontanavano dalla finestra e dalla parete esterna, Alice fece un passo in avanti.
Newt la prese per il braccio e la tirò indietro. <<Cosa credi di fare?>> le sussurrò.
<<È colpa mia se ci troviamo in questo casino. Lascia che prendano me. Non voglio un peso sulla coscienza per aver innescato la Fine.>> disse la ragazza, mentre sentiva le lacrime riempirle gli occhi. Una scese giù per la guancia.
Newt la guardava come confuso. Poi il suo viso tramutò in tristezza. <<Non fare l'eroina come Thomas.>>
La cosa la fece ridere ma finì presto. Un rumore di legno che era stato spaccato. Un urlo che proveniva dal piano inferiore fece sobbalzare tutti. Un grido da rompere i timpani.
Newt uscì fuori dalla stanza e prese a correre giù per le scale. Nessun Raduraio si era mosso o aveva cercato di aiutare il povero ragazzo che era stato preso.
Si udirono di nuovo i rumori delle punte metalliche contro la pietra. I Dolenti si stavano già allontanando, con un unico ragazzo.
Alice vide i volti di molti Radurai distendersi per essere stati risparmiati. Per non essere stati presi.
Chi poteva permettere quella crudeltà?, si domandò.

Alice in The Maze - Il LabirintoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora