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Non poterono fare niente. Newt e Alice tornarono a lavorare al codice. Avevano scoperto altre parole. Precisamente sei parole, che si interrompevano per una settimana e riniziavano daccapo.
Newt decise di fare una pausa e Alice lo seguì. Ormai la caviglia non le dava quasi più fastidio. Riusciva a camminare senza grandi sforzi.
In quel momento stavano rientrando Thomas e Minho dal Labirinto. Erano stati fuori per circa ventiquattro ore. I loro corpi e i loro volti erano stanchi. Erano sudati e camminavano a stento, tenendosi in piedi a malapena.
<<Siete i primi a tornare>> disse Newt, dopo averli raggiunti. <<Che è successo? Ditemi che avete delle buone notizie.>>
Lo sguardo di Minho era assente, perso in un punto da qualche parte nel vuoto grigio. <<Niente>> disse. <<Il Labirinto è un grosso, fottuto scherzo.>>
Newt guardò Thomas confuso. <<Di che sta parlando?>>
<<È solo che è scoraggiato>> disse Thomas, stringendosi nelle spalle. <<Non abbiamo trovato niente di diverso. I muri non si sono mossi, niente uscite, nulla. Sono venuti i Dolenti stanotte?>>
Newt fece una pausa e un'ombra gli attraversò il viso. Infine annuì. <<Sì. Hanno preso Adam.>>
Newt stava per dire qualcos'altro quando Minho scattò, facendo sobbalzare Alice.
<<Non ne posso più!>> Minho sputò in mezzo all'edera, con le vene del collo gonfie. <<Non ne posso più! È finita! È tutto finito!>> Sì tolse lo zaino e lo scagliò per terra. <<Non c'è un'uscita, non c'è mai stata e non ci sarà mai. Siamo tutti rincaspiati.>> Se ne andò verso il Casolare con passo pesante.
La cosa era preoccupante: se Minho mollava di colpo, erano tutti in guai grossi.
Newt guardò Alice. <<Vai da lui.>>
Quella frase la sorprese. Che c'entrava lei?, pensò preoccupata. <<Perché io?>>
Newt non disse nulla e Thomas annuì soltanto.
Dovette seguire Minho al Casolare.

Alice entrò nella struttura sbilenca. C'erano i Costruttori che stavano aggiungendo assi qua e là per mettere a sicuro soprattutto le finestre. Dappertutto c'era confusione. Assi, coperte e sacchi a pelo in disordine ma mai usati - lì nessuno dormiva -, vari altri oggetti per terra.
Chuck le si avvicinò timido. Dapprima Alice non si accorse di lui, ma poi il paffutello parlò. <<Se cerchi Minho, è di là.>> disse indicando il corridoio. <<Ha borbottato qualcosa mentre scanzava tutti, ed è andato in camera tua. Forse perché è l'unica vuota e nessuno ci mette piede.>>
Il ragazzo era come ferito. Non era dell'umore allegro che aveva sempre. Era affranto.
<<Ehi, Chuck. So della promessa che ti ha fatto Thomas. Noi ti riporteremo a casa.>>
Chuck sollevò lo sguardo verso di lei. Gli occhi rossi. <<Minho ha detto che non c'è un'uscita. Staremo qui per sempre finché i Dolenti non ci prenderanno tutti. Uno per notte.>>
Quel ragazzo aveva un cuore immenso. Voleva bene anche a chi lo maltrattava.
<<Non devi ascoltarlo. L'uscita c'è. Io ti prometto che ti porteremo fuori di qui, Chuckie.>>
Il ragazzo accennò un sorriso. La cosa più bella che Alice vide negli ultimi giorni. Le si strinse il cuore.
Lei lo abbracciò forte. Forse troppo. Ma non importava. Quel ragazzino aveva tutti i diritti di tornare dalla sua famiglia, a cui era stato portato via.
Lasciò Chuck e si diresse verso la sua stanza.
Quando entrò vide Minho accasciato per terra, vicino alla finestra che era stata chiusa con diverse assi. Era buio, ma Alice riuscì comunque a vedere il ragazzo. I gomiti appoggiati sulle ginocchia, mentre si teneva la testa tra le mani. In quello stato, il Velocista le faceva paura.
Si avvicinò a lui e si sedette sul letto con cautela.
<<Minho...>> provò a dire.
Il ragazzo non rispose.
<<Minho, abbiamo ancora una possibilità. Il codice non bisogna sottovalutarlo.>> Alice non sapeva cosa dire. <<Sai,... tutti credono in te. Tutti fanno affidamento su di te, perché sei un tipo tosto. Non molli mai, e non puoi farlo adesso. Cosa penserebbero gli altri, se molli proprio ora?>>
Minho, che fino a quel momento non si era mosso e non aveva detto nulla, alzò la testa e posò lo sguardo su Alice. Dietro l'espressione stanca, c'era quella di uno che stava per lasciare tutto.
Alice non aveva mai visto Minho in quello stato. Forse stava per mettersi a piangere, ma non lo avrebbe mai fatto davanti a lei o agli altri.
Forse Alice non aveva visto quasi nessuno nella Radura piangere, ma da alcuni se lo aspettava. Da Minho no. Non credeva fosse il tipo. Capì che dietro alla figura di un ragazzo forte e tosto, c'era sempre un ragazzino di diciassette - forse diciotto - anni, indifeso, privato della famiglia e degli amici. Un ragazzo che si sacrificava ogni giorno per cercare un'uscita nel Labirinto. Uno che dava tutto, uno che teneva al lavoro, quanto a trovare una via di fuga per tutti quanti. Metteva sempre gli altri davanti a sé. Non si preoccupava mai di poter rimanere ferito o di potersi beccare la Mutazione, lì fuori. Lui rischiava per i compagni.
Alice si ricordò che Minho si era portato dietro per chilometri il povero Alby, che era stato punto. Poteva lasciarlo lì e tornare da solo nella Radura, ma non lo aveva fatto. Lo aveva trascinato fino all'ingresso del Labirinto, e quando le Porte si stavano per chiudere, poteva correre e salvarsi, almeno lui. Ma non lo aveva fatto. Era rimasto con Alby.
<<Ci hai cacciato in questo casino. Stavamo molto meglio prima del tuo arrivo. Sei arrivata tu e sono iniziati i problemi. Poi la Fine.>> disse.
Alice si sentì ferita. Tra tutto quello che il ragazzo poteva dire, disse quelle parole. Una parte di lei si disse di non dargli ascolto. Che lui era stanco perché non dormiva forse da due giorni. Che si sentiva frustrato per tutta questa storia del Labirinto, della Scarpata, dell'uscita da trovare, del codice, della Fine. Ma l'altra sua parte diceva che in fondo aveva ragione. Era colpa sua. Cosa poteva farci?, si chiese.
Sentì le lacrime che crescevano. I respiri che accelleravano. La gola farsi secca e la testa farsi leggera. Aveva il voltastomaco.
Non disse nulla. Alice si alzò bruscamente dal letto e uscì dalla stanza, poi dal Casolare. Non voleva vedere nessuno.

Alice in The Maze - Il LabirintoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora