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Minho e Thomas svegliarono Alice prima dell'alba.
Il fievole bagliore del primo mattino stava illuminando la Radura, tingendo tutto di un blu scuro e sfumato.
I due novellini seguirono l'Intendente attraverso la Radura. Infine, Minho estrasse una chiave da una nicchia stretta accanto a uno degli angoli sul retro del Casolare e aprì una porta malmessa che dava su un piccolo ripostiglio. Alla luce della torcia di Minho che baluginava qua e là, Alice scorse alcune corde, delle catene e altri oggetti di varia natura. Alla fine la luce si fermò su una scatola aperta, piena di scarpe da corsa.
<<Quello lì è il rifornimento numero uno, tra quelli che ci arrivano>> annunciò Minho. <<Almeno per noi. Ce ne mandano continuamente di nuove, con la Scatola. Se non avessimo buone scarpe, i nostri piedi sarebbero ridotti come la superficie del fottuto Marte.>> Sì chinò a frugare nel mucchio. <<Che numero hai, Thomas?>>
<<Numero?>> Thomas ci pensò per un attimo. <<Io... Non lo so.>>
La cosa fece ridere Alice ma poi si ricordò che anche lei non aveva idea del suo numero di scarpa.
I due ragazzi si levarono le loro scarpe per vedere i numeri.
<<Quarantacinque.>> disse infine Thomas.
<<Gesù, pive, ce li hai belli grossi i piedi.>> Minho si alzò sollevando un paio di scarpe color argento lucente. <<Ma sembra che ce ne sia un paio... Amico, con queste potremmo farci un giro in canoa.>>
<<Sono sciccose.>> Thomas uscì dal ripostiglio per sedersi a terra e infilarsi le scarpe.
<<Trentanove.>> fece timidamente Alice.
Minho tornò sulla scatola a frugare. Poi estrasse un'altro paio di scarpe, stavolta bianche.
<<Nooo.>> disse Alice. <<Ma dai, le volevo rosa.>>
Minho scoppiò a ridere e anche Alice si fece trasportare dal momento di allegria.
La ragazza uscì e si sedette per infilarsi le sue nuove scarpe.
Minho raggiunse i novellini poco dopo con alcuni altri oggetti.
<<Questi li hanno solo i Velocisti e gli Intendenti.>> disse Minho, lanciando ai due ragazzi degli orologi da polso di plastica. Erano neri e molto semplici, con un quadrante digitale che mostrava soltanto l'ora. <<Metteteli e non toglieteli mai. La vostra vita potrebbe dipendere da questi orologi.>>
Continuò. <<Eccovi uno zaino, delle bottiglie d'acqua, l'occorrente per il pranzo, pantaloncini, magliette e altra roba.>> Minho colpì la spalla di Thomas. Aveva in mano qualche paio di mutande dal taglio aderente, fatte di un materiale bianco lucido. <<Queste ragazzacce le chiamiamo le brache del Velocista. Servono a rimanere, ehm, freschi e comodi.>>
<<Freschi e comodi?>> chiese Thomas.
<<Sì, sai com'è. Quando...>>
<<Non lo voglio sapere.>> disse velocemente Alice.
<<Okay. Va bene. Passiamo alle armi.>> continuò Minho.
<<Armi?>> fece Thomas.
<<Armi.>> Minho si alzò e tornò al ripostiglio. <<Venite, vi faccio vedere. Le tengo giù in cantina, così i pive come Gally non ci possono arrivare. Dai.>>
Spostò alcune scatole dal muro in fondo. Nascondevano una botola. Minho la sollevò, rivelando una scala di legno che scendeva nell'oscurità.
Minho scese per primo. Le scale scricchiolavano a ogni spostamento del loro peso; scesero circa una dozzina di gradini. Alice non riuscì a vedere niente finché Minho, tirando una cordicella, non accese una lampadina.
La stanza era più grande di quanto si fosse aspettata Alice. Misurava almeno dieci metri quadri. Le pareti erano piene di mensole allineate e c'erano diversi tavoli di legno robusto. Tutto era coperto da ogni sorta di cianfrusaglie: c'era da farsi venire i brividi. Pali di legno, punte di metallo, grossi pezzi di rete simile a quella che si usa per le gabbie dei polli. Rotoli di fino spinato, seghe, coltelli, spade. C'era un'intera parete dedicata agli articoli per arceri: archi di legno, frecce, corde di scorta.
Minho si era messo a braccia conserte e stava osservando i due ragazzi con un sorrisino, come se quella fosse la sua parte preferita del lavoro: mostrare le armi. Ci provava gusto.
Thomas si girava intorno guardandosi e sorprendendosi. Alice sembrava aver affrontato la cosa in modo diverso.
Non era affatto stupita, anzi, quasi se lo aspettava. Ovviamente quei ragazzi non potevano uscire nel Labirinto indifesi e senza niente per proteggersi da eventuali Dolenti. La cosa che l'aveva spaesata, più che altro, era la quantità delle armi. Fu terrorizzata dall'idea che ci volessero tante armi, ma fu sollevata di vedere che la maggior parte era ricoperta da uno spesso strato di polvere.
<<La maggior parte non la usiamo.>> disse Minho. <<Ma non si sa mai. Di solito ci portiamo dietro solo qualche coltello ben affilato.
Alice prese una specie di lancia. Non era molto lunga e finiva con una punta di metallo molto aguzza. La iniziò a muovere e la fece roteare come se fosse di sua natura fare una cosa del genere. Sembrava portata.
Minho la guardò scettico. <<Non mi fido a darti delle armi, ma visto che sono costretto, ti concedo qualsiasi cosa tranne quella.>>
Alice sorrise.
I ragazzi si avvicinarono verso un grosso baule di legno in un angolo, con il coperchio aperto e appoggiato contro il muro. Conteneva coltelli di ogni forma e misura, accatastati a caso fino al bordo.
<<Sceglietene un paio e controllate che siano a posto e ben affilati. Poi andremo a fare colazione e a prenderci qualcosa per il pranzo. Prima di uscire voglio passare un po' di tempo nella Stanza delle Mappe.>>
Alice prese due pugnali. Uno, dalla lama più lunga, lo mise stretto nella cintura dei pantaloni. Il secondo, dalla lama più corta, era come un taglierino svizzero, di quelli che si aprono e si chiudono. Lo fece scivolare nella calza del piede destro.
Decise di prendere anche un arco con delle frecce.
Attenta con quello.
Diamine, pensò. Si era già dimenticata della telepatia con Thomas.
Finalmente raggiunsero la Stanza delle Mappe. La stanza buia sapeva di umido e di stantio, ma si sentiva anche un intenso aroma come di rame.
Minho premette un interruttore e, tremolando, si accesero delle luci.
Al centro esatto della stanza c'era un tavolo di legno con otto sedie accostate sotto ai bordi. Sulla superficie del tavolo, davanti a ciascuna sedia, c'erano matite e fogli impilati ordinatamente. Gli unici altri oggetti nella stanza erano otto bauli. Erano chiusi e posti a distanza regolare, due per parete.
<<Benvenuti nella Stanza delle Mappe. Chi studia le Mappe ha il ruolo più importante di tutta la Radura. Studiare queste carte significa riuscire a capire il Labirinto e i suoi movimenti. Capire come trovare un'uscita. Non vanno sottovalutate queste cartacce.>> Poi prese un pezzo di carta ed una matita ed iniziò a disegnare.
Tracciò una grande cornice che che occupava quasi l'intera pagina. Poi tirò delle righe fino a farla apparire esattamente come uno schema da gioco del tris racchiuso da un bordo: c'erano tre file di tre quadrati, tutti delle stesse dimensioni. Al centro scrisse la parola RADURA, poi numerò i quadrati all'esterno da uno a otto, cominciando dall'angolo in alto a sinistra e andando in senso orario. Per finire, disegnò delle piccole tacche qua e là.
<<Queste sono le Porte>> disse Minho. <<Voi conoscete quelle della Radura, ma nel Labirinto ce ne sono altre quattro, che portano alle Sezioni uno, tre, cinque e sette. Rimangono sempre nello stesso punto, ma la strada per raggiungerle cambia ogni sera, insieme allo spostamento dei muri.>> Finì il disegno e fece scivolare il foglio sotto gli occhi di Thomas e Alice.
<<Quindi abbiamo la Radura, circondata da otto Sezioni, ciascuna formata da un quadrato completamente indipendente e impossibile da risolvere nei due anni che sono passati da quando abbiamo iniziato questo fottuto gioco. L'unica cosa che si avvicina lontanamente a un'uscita è la Scarpata, e non é una gran bella cosa. A meno che non ci si voglia lanciare verso una morte orribile. Abbiamo sempre almeno otto Velocisti, compreso l'Intendente. Uno per ogni Sezione. Ci mettiamo un giorno intero a mappare la zona che ci viene assegnata, sperando contro ogni aspettativa di trovare un'uscita. Poi torniamo e la disegnano su una pagina separata per ogni giorno.>> Minho lanciò un'occhiata a uno dei bauli. <<È per questo che quei così sono pieni di Mappe come il caspio.>>
Il baule era abbastanza grande da ospitare quattro pile di Mappe e tutte e quattro erano alte fino ai bordi.
Alice diede un'occhiata ad un foglio su cui era ritratta una delle tante Sezioni. Negli angoli superiori, a destra, era scarabbocchiato 'Sezione otto', seguito dal nome 'Hank' e dalla parola 'Giorno' accompagnata da un numero. L'ultimo foglio diceva che era il giorno numero settecentoquarantanove.
Minho proseguì. <<Ci siamo accorti fin dall'inizio che i muri si spostavano. Non appena ne fummo certi, cominciammo a segnare tutto. Abbiamo sempre pensato che confrontare le Mappe giorno per giorno, settimana per settimana, ci avrebbe aiutati ad individuare uno schema dei movimenti. E così è stato: fondamentalmente, i labirinti si ripetono identici ogni mese. Ma non abbiamo ancora visto aprirsi un'uscita che porti fuori dai quadrati. Non ce n'è mai stata una.>>
<<Sono passati due anni>> disse Thomas. <<Non siete abbastanza disperati da provare a rimanere là fuori di notte, per vedere se magari si apre qualcosa mentre i muri si muovono?>>
Minho sollevò lo sguardo, con un guizzo di rabbia negli occhi. <<Amico, questo è praticamente un insulto. Dico sul serio.>>
<<Cosa?>> Thomas era sbigottito.
<<Ci spacchiamo il culo da due anni e tutto ciò che riesci a chiedere è come mai siamo troppo femminucce per stare fuori la notte? Alcuni ci hanno provato all'inizio... e sono morti tutti. Vuoi passare un'altra notte là fuori? Pensi di avere tante possibilità di sopravvivere di nuovo, eh?>>
<<Lui non intendeva insultati. No di certo. Ma voleva solo sapere se non avete mai pensato che, magari, ci fosse un'uscita solo di notte. Se i Creatori hanno avuto la fermezza di mettere dei ragazzini in un Labirinto circondato da Dolenti, allora è anche molto probabile che nascondano l'uscita la notte, in modo che venga sorvegliata da quelle creature lì fuori. Se ci illudiamo di stare al sicuro dentro le mura della Radura, come potremmo mai avere la certezza che non c'è veramente un'uscita solo quando i muri si muovono di notte?>> chiese Alice.
Minho e Thomas sembravano confusi e lo era anche Alice. Aveva capito il ragionamento nella sua testa ma non riusciva a spiegarlo.
<<Non possiamo mica sperare che un giorno compaia un'uscita da qualche parte. Se non è successo in due anni cosa ci fa pensare che possa succedere da un momento all'altro?>> continuò Alice. <<C'è qualcosa di strano.>>
Minho non sapeva cosa rispondere e anche Thomas non aveva idee.
<<Se devo essere onesto,>> disse Minho. <<non ci abbiamo ancora capito una cippa. E ancora più onestamente, ti dico che non sappiamo cosa stiamo cercando. È un vero schifo, pive. Un vero schifo.>>
Nessuno disse niente così Minho riprese. <<Ecco perché non dobbiamo mollare mai. Allora, Novellini, siete pronti?>>
<<Sì.>> fecero Alice e Thomas.
<<Allora andiamo a correre.>>

Alice in The Maze - Il LabirintoTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang