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  Alice e Thomas trovarono Newt e Minho nei pressi della Stanza delle Mappe.
  Il Biondo correva di qua e di là con un'espressione infastidita e stanca e il Velocista lo seguiva come un cane, supplicandolo di assegnare la nuova arrivata ad un'altro.
  <<Bene bene. Ecco i tuoi allievi.>> Disse Newt, con un ghigno.
  Minho si girò. <<Cosa?>>
  Diede il tempo a Newt di correre e scappare via.
Quando Minho si rigirò di nuovo per replicare, Newt era già lontano.
  <<Tommy!>> gridò dagli Orti, Newt. <<Mi serve il tuo aiuto. Porta le chiappe qui, subito.>>
  Thomas guardò Alice. Sollevò le spalle, e accennando ad un sorriso se ne andò.
Alice rimase ferma ad aspettare che succedesse qualcosa. Qualsiasi cosa. Non aveva niente da fare e voleva andare a riposare. Si mosse verso il Casolare.
  Minho la prese per il braccio e la tirò a sé. <<Aspetta. Dove credi di andare?>>
  <<Secondo te? Vado a fare le cose che fanno le femmine. A truccarmi per uscire con le amiche.>> rispose innervosita.
Poi la sua mente tornò di nuovo a pensare ai ricordi. Non si ricordava delle sue amiche o della sua famiglia. Si chiese come fosse la sua casa e la sua scuola. Cosa facesse il pomeriggio dopo aver studiato.
  Buio totale.
  <<Forse non abbiamo iniziato bene.>> disse Minho, roteando gli occhi.
  <<Me ne sto andando. Lo so che non mi vuoi tra i piedi.>> Iniziò a camminare di nuovo.
  Minho la raggiunse e prese a camminare a fianco a lei. <<Scusa... Non intendevo... ecco...>>
  Alice si fermò girandosi per guardarlo negli occhi. Sembrava imbarazzato e agitato. <<Non sei molto loquace, vero?>> 
  Minho abbassò gli occhi. Non sapeva cosa rispondere. Si guardò intorno come per aggrapparsi a qualcosa di inesistente. Poi Indugiò. Lo sguardo fisso su uno dei muri della Radura, interrotto dalla grande Porta, che portava nel Labirinto.
D'un tratto i suoi occhi si fecero vivi. <<Ho avuto un'idea.>>
  <<Sentiamo questa idea strabiliante.>>
  <<Ti metto a disegnare la Mappe.>> disse sorridendo Minho, mentre poggiava le mani chiuse a pugno sui fianchi.

  Dopo aver pensato che quel tipo fosse del tutto matto, Alice mangiò qualcosa e si stese su un'amaca.
  Minho l'aveva lasciata da sola ed era corso da Newt a spiegare la sua idea fantastica.
  La risposta di Newt non le importava. Alice sapeva che Minho, pur di liberarsi di lei, anche solo due ore, avrebbe fatto qualunque cosa. Ed ecco che l'aveva messa a disegnare le Mappe.
  Bel lavoro, pensò. Almeno non doveva interagire con gli altri e Newt le doveva permettere per forza penne e fogli.
  <<Direi che finalmente hanno trovato un accordo quei due pive.>>
  Thomas si era fatto avanti. <<Pare che la mattina uscirai fuori nel Labirinto e dopo pranzo rientrerai per studiare le Mappe.>>
  Alice si tirò a sedere. Era scoraggiata. Voleva solo uscire fuori nel Labirinto e correre. Scappare da ogni cosa. Era circondata da una cinquantina di ragazzi, eppure si sentiva più sola che mai.
  <<Lo so come ti senti. Come un pezzo di sploff fuori luogo. Non hai idea del perché e del cosa fare.>> le disse Thomas, mentre la guardava dritta negli occhi. <<Anche io mi sento così. Vorrei sapere il perché delle persone debbano mettere dei ragazzi in un Labirinto. Dovrebbe essere una specie di test o cosa? Una prigione? Possibile. Finché non lo scopriremo dobbiamo restare uniti e fidarci. Dobbiamo trovare una via d'uscita. Insieme, Alice.>>
  <<Le Prove devono finire. Cosa significa? Il Labirinto è una specie di Prova? Se è così perché dopo due anni ancora non trovano un'uscita?>>
  Thomas abbassò lo sguardo e rispose a voce bassa, quasi inudibile. <<Non lo so.>>
  <<Okay. Stiamo allegri.>> Alice sorrise. <<Tom, siamo entrambi Velocisti. Troviamo noi l'uscita.>>
  Thomas sembrò sollevato. Alice gli si avvicinò e lo abbracciò.

  Il giorno dopo misero Thomas nella Gattabuia.
  Si trovava in un luogo recluso tra il Casolare e il muro settentrionale della Radura, nascosta da cespugli spinosi e disordinati che nessuno doveva aver potato per mesi. Era un grosso complesso di cemento sbozzato grossolanamente, con una minuscola finestra con le sbarre e una porta di legno chiusa da un chiavistello metallico arrugginito dall'aria minacciosa: sembrava arrivato direttamente dal Medioevo.
  Alice aveva guardato i Velocisti uscire nel Labirinto e poi si era messa ad aiutare qua e là i ragazzi. Scoprì che i Medicali si chiamavano Jeff e Clint e che avevano una stanza con tutti medicinali e strumenti di cura al Casolare.
  La stanza fece rabbrividire Alice quando ci entrò. Sembrava appena uscita da uno di quei manicomi che fanno vedere nei film dell'orrore. C'era una finestra ma era coperta da una tenda scura. Il buio faceva solo crescere la tensione.
  C'era confusione e disordine così la ragazza aiutò i Medicali a mettere a posto. Non ci volle molto per vedere un po' di ordine.
  Quello le fece ricordare l'ordine di Newt.
  Niente male, si disse guardando il risultato.

  A mezzogiorno Alice vide Chuck correre verso Thomas per portargli del cibo.
  Non aveva voglia di andare da quei due o di stare con qualsiasi altro ragazzo così si allontanò, verso le Faccemorte.
  Aveva visto in giro Alby. Sembrava stare meglio. Sicuramente meglio del giorno precedente quando aveva cercato di suicidarsi con le sue stesse mani.
Nessuno sapeva cosa Alby avesse detto a Thomas e nessuno osava chiederlo. O tutti avevano paura o cercavano di farsi i caspi loro. Nemmeno Newt si era immischiato e questa sembrava una novità. Essendo il capo in seconda era a conoscenza di tutto, tanto quanto Alby.
  Alby e Newt erano due dei primi Radurai e doveva esserlo anche Minho. Anche se era un Velocista e per la maggior parte della giornata trascorreva le ore al di fuori della Radura, faceva parte del gruppo di quelli che sapevano tutto. Uno dei capi. Non un semplice Intendente qualsiasi, ma uno dei più fidati. Ecco perché Alby aveva affidato Alice a lui. Sicuramente non poteva essere affidata a Wiston o a Gally.
  Alice pensava e pensava. La testa le cominciava a girare. Sembrava andasse a fuoco.
  Si fermò a pensare al perché fosse stata mandata una ragazza nella Radura, e perché proprio lei. Cosa la distinguesse dagli altri. Perché era arrivata solo ad un giorno dall'arrivo di Thomas. Perché non un mese. Cosa la collegava realmente a lui.
  Poi si illuminò. La telepatia.
  Thomas era nella Gattabuia quindi qualsiasi cosa Alice gli avesse detto, lui non poteva mettersi a correre. Poteva urlare ma non poteva fare nient'altro.
  Si alzò da terra. Poi si fermò di colpo.
Tom? Mi senti?
  Il ragazzo non rispose. Magari lui non si ricorda come si fa, pensò Alice. Anche lei, in fondo, ancora non capiva bene come funzionasse. Ma sentiva la presenza di Thomas nella sua mente.
  Lo chiamò più volte con la mente mentre correva da lui.
  Arrivò alla Gattabuia. Thomas era affacciato alla finestra a sbarre.
  <<Sono posseduto!>> disse con voce tremolante.
  <<No.>> rispose Alice. <<Non ti ho raccontato tutto il sogno che ho fatto. Io e te sappiamo parlarci con la telepatia.>>

Alice in The Maze - Il LabirintoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora