Capitolo 17

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P.O.V. Christian

"Che ti ha detto il preside?" Chiedo a mio padre
"Non deve più ripetersi una cosa del genere altrimenti ti espelle"
"Aaron?"
"Sospeso per 2 settimane ed espulso dalla squadra di football" risponde
"Mmmhhh... sei arrabbiato?" Chiedo
"Ne riparliamo a casa. Ora capisco perché l'hai fatto"
"L'avrei fatto per chiunque" rispondo
"Dici? Alexander, sai che ti conosco meglio di chiunque altro. E...vi ho visti poco fa". Mi sembra di sentire ancora le sue labbra morbide sulla mia guancia, non volevo piú lasciarla. Volevo tenerla tra le mie braccia farla sentire protetta. Sentivo il bisogno di abbracciarla per calmarla, ma anche per calmare me stesso. Cazzo...cos'è tutto questo?!
"Devo per forza andare a casa? Oggi volevo allenarmi"
"Sì e ho invitato pure William. Allenati a casa, sai che non ci sono problemi. Ma tu oggi stai con me. Dobbiamo chiacchierare su molte cose"
"Okay" rispondo. Lo saluto e vado a lezione.

"Ho temuto il peggio amico" dice William
"Lascia stare, quando ho visto la sua lamborghini fuori dalla scuola ho pregato per te" dice Brian
"Aaron come se l'è cavata?" Chiede Evan
"Sospeso per 2 settimane e addio alla squadra" dico
"Stamattina l'ho visto e stavo per ridergli in faccia. L'hai ritoccato per bene" dice William ridendo
"E dire che non ha nemmeno esagerato" continua Brian.
"Ah, oggi se vuoi c'è un incontro" dice Evan. Proprio quando ne avevo più bisogno mi tocca rifiutare.
"Assolutamente no, mio padre é qua fino a domani e con tutta sta merda é meglio evitare" rispondo
"Dai Alexander, andiamo" dice William
"Chiamami ancora così e ti picchio"

Parcheggio la macchina davanti a quella di mio padre.
"Nervoso?" Chiedo a William
"Cavolo, con tuo padre lo sono sempre"
Entriamo a casa
"Buongiorno, il signor Foster é in salone che vi aspetta" ci informa la domestica. Andiamo in bagno a lavarci le mani e andiamo da lui
"Siete in ritardo" dice mio padre
"C'era traffico" rispondo. Le cameriere ci portano il pranzo e iniziamo a mangiare.
"Voglio sapere tutto" dice d'un tratto mio padre
"Sai già come stanno le cose" rispondo
"Dovevi per forza picchiarlo?"
"Se l'è cercata"
"La violenza non é sempre la soluzione di tutto" dice. William ci guarda silenzioso.
"Dove diavolo vuoi arrivare?" Dico alzando la voce. Già sono arrabbiato di mio e ora ci si mette pure lui
"Stai diventando ingestibile, la faccia di Jackson era inguardabile" risponde. Non posso credere alle sue parole.
"Ah ora lo stai pure difendendo?"
"No sto solo dicendo che le mani non sono la soluzione a tutto".
"Vorresti dirmi che al mio posto non avresti fatto lo stesso?" Chiedo
"Esatto.William, ti ho fatto stare con lui per evitare queste situazioni" dice mio padre.
"Lo so signore, ma questa volta do ragione a Christian. Era ora che qualcuno desse una lezione ad Aaron. Lei non ha idea delle cose che ha fatto. Christian avrà pure sbagliato a picchiarlo ma prima o poi qualcuno l'avrebbe fatto" risponde. Meno male che posso sempre contare su di lui
"Dunque é cosi che la pensi... allora ditemi cos'ha fatto?" Chiede. William gli racconta tutto quanto.
"Questa volta chiudo un occhio Alexander, ma se vengo chiamato di nuovo dal preside non faró finta di niente" dice. Decido di stare zitto, contestare con lui non serve a nulla. É testardo, più di me. Finito di mangiare io e William saliamo in camera mia.
"Che giornata di merda" sbuffo
"Giá" Risponde "Ora che siamo soli, dimmi cos'è successo veramente"
"Aaron ha negato tutto dandomi del bugiardo, sono andato a chiamarla per farle dire cos'è successo e risolvere questo problema" rispondo
"L'HAI CHIAMATA?" Dice William incredulo
"Si, non ne potevo più. Lei era l'unica che poteva mettere fine a questo casino". Cala il silenzio tra di noi, lui mi guarda. So che sta pensando alle sue prossime parole
"Perché l'hai fatto? Mi riferisco a tutto" Chiede.
"Non lo so cazzo, quando ho visto quei lividi sul suo collo... mi é tornato in mente quel maledetto giorno."
"Ultima domanda. Cosa pensi di lei? Sinceramente" Ma sta scherzando? Guardo la sua espressione: é seria. Se c'è una cosa che ho imparato quando ero piccolo è di non tenersi mai le cose dentro.
"Quando mi ha abbracciato... é come se l'avesse fatto lei. Mi sono subito calmato, cosa che non mi succedeva da tempo. Quando l'ho vista in quelle condizioni, quel giorno in cui l'avevano chiusa nello sgabuzzino...volevo ucciderlo. Sembrava così indifesa... sola. La verità é che non sopporto che la tocchino davanti ai miei occhi".
"L'avevo capito. Secondo me avete bisogno l'uno dell'altra" dice William
"Sai che è impossibile. Posso salvarla dagli altri ma chi la salverà da me?"
"Perché devi sempre dire così? Come se fossi il male del mondo"
"William sappiamo entrambi di cosa sono capace. Della parte di me che cerco di tenere dentro, contro la quale combatto tutti i fottuti giorni."
"Tu però non sei molto collaborativo. Non accetti l'aiuto di nessuno"
"Basta, mi sto rompendo le scatole. Cambiamo discorso" dico. William sospira rassegnato. Ormai è così, non posso più tornare indietro. É vero, non voglio l'aiuto di nessuno, ho sempre fatto le cose da solo. Mi sono alzato in piedi anche quando non ne avevo la forza.
"Tra poco ci sarà la gara" dice sedendosi sulla sedia. Mi corico sul letto
"Già, avrei preferito un incontro."
"Ah dimenticavo, stamattina mi ha chiamato mia madre. Mi ha detto che in questi giorni verrai da noi a cenare". Sono settimane che non vedo mia zia, lei é la sorella di mia madre.
"Va bene" rispondo. Sono stanco, ma non fisicamente: Mentalmente. Vorrei poter staccare la spina, smettere di pensare.
"Vado ad allenarmi", mi cambio e vado in palestra. William é rimasto in camera a guardarsi un film. Tiro il primo pugno contro il sacco e continuo così, aumentando il ritmo. Sento la frustrazione che scivola via dal mio corpo. Vado avanti per una decina di minuti, senza fermarmi. Merda, mi sono dimenticato della mano. Sulla fascia c'è una macchia rossa che si sta ingrandendo.
"Ti sei calmato?" Non mi ero reso contro che appoggiato sulla porta c'era mio padre. Che ci fa qui? Non é mai entrato qui mentre mi alleno, a dire il vero lui é contrario al kick-boxing. Mi viene in mente il primo giorno in cui chiesi a Steven di insegnarmi. Era appena passato un anno dalla sua morte.
Entro in palestra, ho preso la mia decisione. Voglio imparare uno sport da combattimento. Trovo un signore seduto dietro ad una cattedra.
"Salve, vorrei iscrivermi a qualche arte marziale" dico. Non sapevo bene quale fare.
"Vuoi provare qualcosa?" Risponde
"Si"
Provai karate, judo, boxe... non mi piacevano, forse l'ultimo era l'unico che mi attirava un po'. Mi siedo per fare una pausa. Più avanti vedo un signore accanto ad un sacco da boxe. Mi avvicino senza fare rumore, inizia ad allenarsi. Usa sia le gambe che le mani. Rimango incantato, é davvero bravo.
"Dimmi ragazzo" dice svegliandomi dal mio stato di trance
"Che sport é questo?" Chiedo, non ne sapevo nulla.
"Kick-boxing" risponde
"La prego mi insegni"
"Non faccio l'allenatore" dice serrando la mascella. Ritorna a colpire il sacco ignorandomi, io voglio essere allenato da lui.
"Sei ancora qui?" Dice scocciato. Non me ne andrò finché mi dirà di sì
"La supplico, vorrei diventare bravo come lei" dico
"Ah e sentiamo, per quale motivo? Sei uno scriciolo, non resisteresti neanche a metà round"
"Perché voglio imparare a difendere me e le persone che amo" rispondo. Si avvicina a me, questo uomo é grande e muscoloso, con un pugno potrebbe mandarmi all'altro mondo. Mi guarda dritto negli occhi, sostengo lo sguardo.
"Bene, fatti trovare qui domani alle 14. Sono Steven". Faccio i salti di gioia, non posso crederci!
"Christian"
Ora sono diventato persino più bravo di lui. Steven aveva smesso di allenare, ma quando vide la mia determinazione accettò. Ero il suo unico allievo, passavo le giornate a guardarlo mentre mi insegnava le basi. Mi fece sputare sangue, ma non mi sono mai arreso.
"Sono passato a salutarti, sto partendo" dice. Nascondo la mano ferita dietro la schiena
"Buon viaggio" dico freddo, si avvicina e mi abbraccia. Ricambio per tre secondi contati e poi mi stacco da lui. Sono ancora arrabbiato per le sue parole. Non doveva dirle, sa cosa abbiamo passato e che io sono così. Mi guarda, i suoi occhi sono tristi. Va via lasciandomi da solo
"Mi dispiace"

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