Capitolo 70 - Responsabilità

2K 73 0
                                    

Lo guardo da dietro il vetro, ci appoggio un palmo contro e non so bene cosa provo.
L'ho odiato davvero, per un periodo almeno, ma ora so che non è più così. Il nostro rapporto è teso, stare nella stessa stanza era peggio di un giro di roulette russa, una sfida continua, stancante ed irritante. Ne uscivo sempre male, conciata peggio di lui.

Ora lo guardo e non so cosa pensare, figuriamoci se so cosa dire. Sta dormendo, la testa su una quantità di cuscini imbarazzante. La stanza è la più grande e bella della clinica privata, il comodino è disseminato di fiori e palloncini di pronta guarigione. Pensavo non avesse amici, in molti lo odiano ma il rispetto è più forte dell'astio. Nel campo lavorativo lo ammirano, e tanto basta.

Mamma cammina avanti e indietro per il corridoio, le mani tra i capelli e un'espressione tesa. Papà non dice niente, è immobile su una sedia da più di mezz'ora. Ce l'ho ancora con loro per non avermi avvertito prima, dovevo sapere delle condizioni di nonno molto molto prima.
Ma per fortuna ora sono qui, accanto a mia nonna, l'unica che piange come se fosse già bello che sepolto. Forse lo sa, forse lo sente, non lo so.

<<Se continui di questo passo ti farei prendere un colpo pure tu.>> le dico, passandole un altro fazzolettino.

<<Tanto vale...cosa farò senza di lui Europa? Cosa?>> piange ancora, e non so come consolarla. Sono sposati da una vita, non si sono mai allontanati e non so neanche cosa si possa provare.

<<Tuo nonno è stato duro con te, lo capisco, ma...sapeva che il suo stato stava peggiorando, ha rivisto il testamento dopo la tua chiamata.>> mormora, sconfortata.

Mi irrigidisco di colpo.
Perché ha voluto rivedere il testamento?
Mi aveva forse diseredato?
L'idea non mi fa paura, nonostante la mia vita agiata, non sono attaccata al denaro, me ne farei una ragione. Sarebbe come togliermi una tonnellata di pesi di dosso, senza dover pensare all'azienda, sarei libera.

<<Cosa cerchi di dirmi nonna?>> chiedo, cauta. Questa storia non mi piace.

<<Lo saprai quando sarà il momento.>> borbotta, prima di allontanarsi e raggiungere mia madre.

Resto come un idiota.
Che diavolo vuol dire?
Guardo mio nonno dormire, i tubi che lo fanno respirare, gli aghi nelle vene.
Mi viene da vomitare, vorrei scappare dalla puzza di disinfettante, dal rumore dei macchinari che si sente fin da qui e fare finta di niente. Ma non posso, non sarebbe onorevole. Devo mostrarmi forte, sempre.

<<Oh, finalmente l'ho trovata!>> esclama Riccardo, venendomi incontro di corsa.

Il braccio destro di mio nonno è giovane, bello e intelligente. Di solito è impeccabile, ma oggi ha un aspetto lievemente trasandato, con la giacca spiegazzata e il nodo della cravatta allentata. Ha due occhiaie enormi, come se non dormisse da giorni, il che probabilmente è vero. Mio padre lo vede e mi viene vicino, vuole ascoltare anche lui.

<<Ha la faccia stravolta, che succede?>> gli domando, sulle spine. Di solito non si scompone mai, mai. Il ragazzo si riavvia i capelli scuri con le dita che tremano.

<<Qualcuno ha parlato. Mi dispiace...ma è su tutti i giornali.>> balbetta, quasi staccandosi di netto la cravatte elegante.

Qualcuno ha venduto lo scoop ai giornali.
Qualcuno che verrà squartato a mani nude se solo verrà beccato, e non intendo fargliela passare liscia.
Ma ci penserò dopo, ora abbiamo un problema più urgente da risolvere. Riccardo mi passa un laptop e sfoglio le testate giornaliste più importanti, guardo al volo cosa riportano i telegiornali e serro la mascella. Questo qualcuno ha parlato decisamente troppo.

<<Troppo dettagliato. Il bastardo è qualcuno che ci sta vicino, non può essere altrimenti.>> ringhio, stringendo forte il laptop.

Mi viene da vomitare.
Possibile che si venderebbero pure la madre pur di fare soldi facili?
Ci hanno esposti prima di poter prendere una decisione con il consiglio, di attuare un paio d'azione che non ci facesse apparire instabili sul mercato. Ma ora è troppo tardi, dobbiamo muoverci in fretta e limitare i danni. Fumo di rabbia, questa la pagheranno.

<<Dov'è Rodrigo?>> sbotto, afferrando Riccardo per la giacca. Il ragazzo mi guarda a bocca aperta, con gli occhi verdi sgranati.

<<Bloccato nel traffico, ci vorrà un bel po' prima che arrivi qui, e non abbiamo tutto questo tempo da sprecare.>> risponde, deglutendo a vuoto.

Lo guardo accigliata, cosa non mi sta dicendo? E poi, perché Rodrigo sta venendo proprio qui? Lui si occupa delle relazioni pubbliche, sempre in contatto con qualcuno del consiglio, ma può lavorare anche dall'ufficio. In questo momento sarà furioso e con il cervello a mille. Deve trovare una soluzione e in fretta.

<<Perché?>> chiede mio padre, mettendomi una mano sulla spalla.

<<Perché abbiamo una folla di giornalisti e presentatori tv appostati alle porte della clinica, e non mi sembra abbiano intenzione di andarsene a mani vuote.>> esclama, indicando una finestra.

Ci avviciniamo tutti e tre e Riccardo non sta esagerando, ci saranno all'incirca una cinquantina di persone. A mala pena lasciano passare i parenti dei ricoverati, non voglio immaginare cosa fanno con qualche dottore o infermiera. Mi si serra lo stomaco dalla rabbia, questa storia deve finire. Non ho intenzione di lasciare la clinica da una porta di servizio, come una ladra.

<<Hai sentito qualcuno, qualche idea?>> domando, irritata. Riccardo scuote la testa.

<<Dicono di non rilasciare nessun intervista, di non dire nulla.>> e mentre lo dice mi arrabbio ancora di più. Capisco tutto ma la mia famiglia è qui dentro, e prima o poi dovrà uscire, anche solo per prendere un po' d'aria in giardino. Non è giusto.

<<Non se ne andranno mai, non ci sto. Questa storia deve finire.>> sibilo, prendendo la giacca nera dalla sedia.

Riccardo tenta di fermarmi, chiama Rodrigo in vivavoce sperando che dica qualcosa che mi faccia rinsavire. Ma nemmeno lui sa che pesci prendere, mi chiede di non fare cazzate e niente di più.
Sono stanca, furiosa, frustrata.
Tra la storia di Paulo e questo, sono arrivata al limite della follia.
Non riuscirei a sopportare oltre.

Scendo le scale velocemente nonostante i tacchi, per fortuna ho un aspetto quasi ufficiale tra la camicia bianca, la giacca e i pantaloni neri. Mai farsi prendere di sorpresa, nonno sarebbe fiero di me. Il mio cuore salta un battito, spero si svegli, che abbia almeno la possibilità di salutarlo.

Appena i giornalisti mi vedono attraverso le porte di vetro si accalcano, si spintonano, le telecamere si accendono e i microfoni si accavallano. Riccardo mi dà una leggera pacca sulla schiena, senza farsi vedere. Deglutisco a vuoto, ricaccio indietro le lacrime che minacciano di sabotarmi e prendo un respiro profondo.

Guardo il braccio destro di mio nonno, che si è ricomposto, e annuisco. Apre le porte di vetro, e i flash mi accecano. È il momento di prendersi le proprie responsabilità.

Spazio autrice: ok, si tratta di un capitolo necessario anche se non succede poi molto. Spero comunque che non vi abbia annoiato, il prossimo capitolo sarà importante. E posso dirvi che i capitoli saranno leggermente più pensati, ma è inevitabile. Fatemi sapere cosa ne pensate, e alla prossima 💣🌌⚡

Colpita da una stella 🌌 /// Paulo Dybala (Completa)Where stories live. Discover now