Capitolo 72 - Vertigini

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Un giorno può durare un eternità o pochi attimi, in questo caso il tempo sembra passare troppo lentamente. Dopo le mie dichiarazioni alla stampa la mia rabbia non si era placata, anche perché quella massa di avvoltoi non si era mossa di un millimetro. Vederli scortati fuori dai cancelli della clinica dalla polizia mi aveva fatto sorridere, anche se per poco.

Ero tornata una sola volta a casa, giusto per una doccia e un cambio d'abito. L'appartamento di Milano lo usavamo di rado, ma i miei genitori non volevano venderlo. Per fortuna non li avevo convinti. Avevo indossato un paio di jeans e un maglione, non avevo alcuna intenzione di parlare con nessun giornalista per un po'.

Avevo anche deciso di lasciare il cellulare a casa, il consiglio d'amministrazione mi stava con il fiato sul collo. Non avevo alcuna intenzione di preoccuparmene adesso, così avevo parlato al volo con chi di dovere e delegato tutto a Riccardo. Se la vedesse lui.
Per il momento sarei stata irreperibile per chiunque.

Ed ero di nuovo qui, in clinica.
Mamma e nonna erano via, probabilmente a mangiare qualcosa e mio padre se ne stava a fissare il vetro dietro il quale riposava mio nonno. Non si era ancora svegliato, forse non l'avrebbe fatto mai più.

<<Avete preferito tenermi all'oscuro.>> dico a mio padre, senza guardarlo.

<<Non pensavamo fosse così grave, il suo quadro è peggiorato in pochissimo, nessuno se lo aspettava.>> risponde, frustrato.

<<Vedrai che ce la farà, è testardo come un mulo, lo sai.>> borbotto, cercando di infondergli un po' di speranza. Mio padre scuote la testa, il viso nascosto tra le mani.

<<Il cuore ha ceduto Europa, e non migliora. Le macchine lo tengono in vita e non so per quanto tempo continueranno a farlo, non darti false speranze.>> esclama, duro.

A disagio lo lascio da solo, nel suo dolore. Mi avvicino al vetro e fisso mio nonno, sperando di potergli parlare almeno un ultima volta. Resto in questa posizione per un bel po', finché non arriva una dottoressa a parlarci. Mio padre mi affianca e mi stringe una spalla.

Di tutto quello che ci dice la signora, capisco solo poche parole: riduzione della sedazione e possibile risveglio. Gli stanno dando una possibilità, nonno potrebbe svegliarsi nelle prossime ore. Abbiamo il permesso di entrare una persona alla volta e restare per il tempo che vogliamo.

<<Vado io.>> comunica papà, andando insieme alla dottoressa.

Lo osservo, con un camice e una mascherina addosso, avvicinarsi al letto timoroso. Prende delicatamente la mano di suo padre e poi scoppia a piangere, così gli lascio la sua privacy e mi allontano.

<<Dovresti mangiare qualcosa.>> esclama Clara, facendomi sobbalzare.

Scuoto la testa ma sono felice di vederla e che nel momento del bisogno abbia deciso di venire con me. La mora mi abbraccia, mi accarezza i capelli e passa le successive ore seduta al mio fianco, in silenzio. Ci addormentiamo, e quando mi risveglio sono sola ed è notte fonda.

Butto un occhio alla stanza del nonno e non c'è nessuno, né mio padre né mia nonna, così ne approfitto. Lascio che un'infermiera mi disinfetti e mi vesta, poi entro. Mi avvicino con calma, respirando più lentamente che posso. Mi affianco a lato del letto e lo guardo, sembra aver preso dieci anni di più. Poso una mano sulla sua.

<<Mi dispiace.>> sussurro, mentre cade la prima lacrima.

<<Non volevo deluderti nonno, volevo renderti orgoglioso di me ma non in quel modo. Desidero fare altro nella vita e vorrei averne la possibilità. Mi dispiace solo di...di non essere stata matura abbastanza. Avrei dovuto parlartene, cercare di farti capire...invece ti ho messo in imbarazzo, ho quasi creato uno scandalo solo per...>> mi blocco, con il cuore in gola e un gemito di dolore.

Colpita da una stella 🌌 /// Paulo Dybala (Completa)Where stories live. Discover now