150

177 5 0
                                    

Passarono giorni, due settimane ed io e Jungkook continuammo a scriverci ma non a vederci. Mi disse di non voler lasciare il lavoro, mi disse che senza quello non sarebbe riuscito a mantenere i suoi genitori, se stesso. Gli proposi di vivere insieme, di portare i suoi genitori in una casa di riposo ma, non volle, così torno tutto come prima, Jungkook si fece forza nuovamente e, lavorando nello stesso bar, decise di rimanere sempre in compagnia della sua collega, aveva paura e qualche volta andavo a fargli visita. Era felice di vedermi, di meno il suo capo, che ogni volta, quando si girava verso di noi, squadrava Jungkook che, preso dall'ansia, continuava a preparare caffè, senza spiccicare parola.
Cercavo di rassicurarlo, ma le labbra continuavano a bruciare, ancora da quella sera. I lividi, le ferite, i segni rimasero nonostante le ore, ed iniziarono a rimarginarsi soltanto dopo qualche settimana.
Tutto questo ci stava opprimendo, sia a me che a lui, volevo dargli tanto, ma lui non lo accettava, non capiva ancora l'importanza del chiedere aiuto e di andarne fiero nel richiederlo. Lui aveva problemi finanziari, io no, lui aveva bisogno di aiuto ed io glielo offrivo. Mi disse più e più volte di avere le forze, la grinta e la voglia di voler fare da solo, ma sotto sotto, ricordo di quella notte sotto la luce soffusa di quel palo.
Deve soltanto capire che non si può andare avanti così, siamo arrivati al limite, entrambi.

Dopotutto [kth ; jjk]Where stories live. Discover now