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Mi ruppi un braccio, andai in ospedale e mi fasciarono fino alla spalla. Che bella sensazione!
Sono sincero in questo momento, non avevo mai provato l'ebrezza di cadere e rompere qualcosa. Qualcosa di mio, sia chiaro. Yoongi invece si preoccupò soltanto per me, riportò qualche graffio sul viso ma niente di che, poteva finire peggio, ma ho constatato che sulla moto, senza mani sul manubrio, non sapeva proprio starci. Quando cademmo, lui rise, io pure, ci guardammo, io dolorante, lui anche. Nel tragitto di ritorno accesi un po' di musica, avevamo già progettato di passare per l'ospedale e, sfortunatamente mi fecero rimanere lì più del dovuto. Non avevo più tempo, si era fatta l'alba, mancava ancora Hoseok, così, fuggii dalla finestra, salii sulle impalcature e scesi le scale fino al cancello. Sembrava proprio una scena come in quei film d'azione. È stato un gioco da ragazzi. Non aveva più senso curare quello che tra poco andava buttato, o mi sbaglio?
Così raggiunsi casa sua, suonai al campanello e, stranamente, mi salutò, quando, con calma, gli spiegai dove volessi andare, con lui e che cosa mi fosse successo al braccio.
"Perché vuoi andare a comprare dei palloncini, a quest'ora?" disse, assonnato.
"Non è tardi!" proposi, cercando di tirarlo per le estremità della grande felpa.
"Sì che è tardi!"
"Non vuoi passare del tempo con il tuo miglior amico?" domandai, nominandomi in terza persona.
"Ma ti vedo tutti i giorni a scuola"
Che male, che male.
"Lo so!" mentii.
"Però, voglio stare con te, fammi questo favore"
"E va bene! Che colore preferisci i palloncini?" domandò, tenendomi la mano, cercando di andare a tempo con il suono dei miei passi.
"Non ne sono sicuro, qualsiasi, vorrei un colore acceso"
"Il rosa o il verde, oppure il giallo! Dipende"
Il proprietario stava per chiudere, ci fece entrare per poco, si infuriò, ma decise lo stesso di aprire ai suoi ultimi clienti. Era tutto così triste, spento, gli scaffali quasi tutti vuoti, il pavimento rovinato, le piastrelle sollevate, il soffitto grigio e i petardi già esplosi dentro le scatole.
"Ha per caso dei palloncini?" domandò Hoseok, tirandosi indietro i capelli castani.
"Pochi. Non siete più dei bambini, a che vi servono?" domandò il proprietario, irritato.
"A me fanno sorridere" disse Hobi, guardandosi intorno.
"Siete una coppia?" domandò, proseguendo per gli scaffali.
"No" esclamai.
"Mio figlio è omosessuale, si vergogna di uscire, si vergogna di essere se stesso e a me fa male, ma non voglio farglielo sapere. Vorrei soltanto che non sentisse più il bisogno di fingere, farsi piacere qualcosa che fondamentalmente non lo attrae. Mi ricordo ancora quando me ne parlò, rimase sconvolto, soltanto perché come risposta gli dissi 'va bene', continuando a vedere la televisione. Non capisco cosa gli frulli in quella testa, non ti verrò a dire che non cambia nulla, che sei ancora mio figlio e che ti voglio bene lo stesso, semplicemente perché non c'è ne bisogno, sa quanto io ci tenga a lui. Mi piace quando si apre, quando decide di parlarmi delle sue vecchie relazioni. Mi chiede consigli ed io cerco di aiutarlo, è un po' impacciato. Sua madre è morta e sono rimasto soltanto io. Alcune volte mi sento troppo debole, qualcuno che non ha forza, che non sente la voglia di continuare ad educare un figlio. Però continuo a farlo perché non mi stanco mai di vederlo crescere, pensare con la sua testa e magari qualche volta vederlo piangere. Gli chiedo solamente se ha bisogno di musica, di solito annuisce ed infine chiudo la porta. Se si sente pronto, io aspetto e sa che, quando vuole, di quella sua caduta me ne può parlare. Purtroppo però non ho l'approvazione di nessuno, nessuno che mi ha dato una retta via sull'apprendimento delle cose per mio figlio, ho dovuto imparare tutto da solo. Questo mi fa sentire bene perché, so di aver fatto tante scelte giuste ma, vorrei che qualcuno mi dicesse di continuare a farlo sentire importante, perché quando si sente importante lui, mi sento meglio anch'io"
"Continua a farlo sentire importante allora, che ti importa? Quanto è bello fare qualche giro in bicicletta con lui? Si sentirà bene soltanto a fare queste poche cose, si fidi di me" propose Hobi, scegliendo il pacchetto di palloncini.
"Ho scelto!" continuò.
"Andate ragazzi! Godetevi la vita"
"Aspetti, dobbiamo pagare" ci spinse verso l'uscita.
"Non ne ho bisogno, sto chiudendo" ci sorrise.
"Spero di incontrarla di nuovo" esclamai, appoggiando furtivamente qualche euro vicino al bancone.
"Su, su! Via!"

(...)

"Il primo che il gonfia tutti vince" propose, divaricando l'apertura del palloncino.
"Tutti tranne due, va bene?" domandai, abbassandomi a prenderne uno.
"Va bene"
"Al mio tre" esclamò, con tra le labbra il palloncino.
"Uno"
"Due"
"Tre"
Non finimmo di farlo.
Lui rise, io pure, lui scivolò dalle risate, io scivolai dalle sue risate. I palloncini si riempirono e si svuotavano di aria continuamente, a ritmo i respiri. Ci guardammo distesi sull'erba umida, ci scambiammo i palloncini e li misurammo.
Vinse lui.
Ed io sorrisi, perché mi faceva star bene vederlo felice per un'ultima volta.

Dopotutto [kth ; jjk]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora