𝟐. Il Ricordo

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TAEHYUNG

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TAEHYUNG


Corrugai le sopracciglia sentendo una morsa stringermi forte il cuore in contemporanea allo sbattere della portiera. Osservai Sooyun, mentre reggeva lo zaino su una sola spalla, camminare tranquilla verso l'ingresso della scuola. Sospirai pesantemente quando la sua figura sparì completamente dalla mia vista una volta entrata all'interno della struttura, insieme ad altri studenti che avanzavano nella sua stessa direzione per cominciare la quotidiana giornata scolastica.

Riportai lo sguardo davanti a me, rimettendo in moto per avviarmi verso il mio posto di lavoro. Una delle maggiori difficoltà da affrontare era proprio quella di raggiungere l'agenzia in tempo subito dopo aver accompagnato Sooyun a scuola. Da Suwon a Seoul erano circa ventotto chilometri di distanza e questo significava impiegare come minimo venti minuti ogni mattina.

Una volta aver parcheggiato scesi dal veicolo e mi avviai all'interno dell'agenzia giornalistica in cui lavoravo come umile assistente.

Salutai con un inchino gli altri dipendenti che passavano di lì, prima di raggiungere l'ascensore per arrivare al terzo piano. Nemmeno il tempo di oltrepassare le porte automatiche che venni subito accolto con entusiasmo dal giornalista Choi.

«Taehyung!» esclamò con fin troppa allegria, circondandomi le spalle con un braccio «Come stai? Dormito bene?»

«Si, signore.» risposi con un piccolo sorriso sincero venendo subito ricambiato dal suo.

Choi Jongho era un tipo bizzarro. Anche se non lo dava troppo a vedere era sempre disponibile e aperto per tutti i suoi dipendenti, era raro non vederlo sorridere a tutti e soprattutto se ne usciva a volte con una delle sue battute squallide riuscendo a far ridere gli altri solo per il modo in cui le raccontava. Questo ovviamente non significava che non portasse serietà nel suo lavoro, anzi, nel suo campo potevo permettermi di dire che fosse il migliore. Choi era uno dei giornalisti più conosciuti e ammirati di Seoul.

E io, Kim Taehyung, un misero dipendente che si riduceva ogni giorno ad uno straccio per portare un po' di soldi a casa, avevo l'onore di essere suo assistente. Era difficile da credere pure per me, ma era tutto vero; quella era la realtà e non uno stupido sogno.

A dirla tutta essere assistente non era stato proprio il mio obiettivo, però il giornalismo era la mia più grande passione, era sempre stato il mio sogno. Un sogno che però ho dovuto chiudere in un cassetto per poi buttarne la chiave in un pozzo senza fondo. Fin da quando ero un ragazzino delle medie ho sempre avuto chiodata nella mia testa l'idea di voler proseguire con lo studio anche dopo le superiori e diventare così un professionista.

Ma era rimasto solo un sogno accartocciato e accantonato in un angolino abbandonato della mia mente per non essere mai più ripescato. E vorrei tanto poter dire di essere stata una mia scelta, ma non era così. Purtroppo, quando compresi la situazione familiare ed economica in cui mi trovavo, tutti i miei piani vennero automaticamente distrutti dalla consapevolezza che non avrei mai potuto permettermelo. Non avrei potuto anche se avessi voluto.

INFINITY | J.JkWhere stories live. Discover now