31.

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La mattina seguente non appena uscì dalla stanza notai una certa fretta nell'aria. Teti insieme a un'altra dama mi passarono velocemente davanti con una serie di cartine arrotolate tra le mani.
<<Che sta succedendo?>> Chiesi vedendo David in fondo al corridoio avvicinarsi serio.
<<Liz sta tenendo una riunione con Ethan e Richard. Ho sentito che potrebbero aver individuato il luogo in cui si sta recando Walter>>, rispose giungendomi dinanzi <<Dorian come sta?>> Continuò indicando la stanza dalla quale erano uscita.
<<Meglio, le ferite si stanno lentamente rimarginando ed è riuscito a mangiare qualcosa poco fa. Tu hai notizie di Sylver? Pensavo che magari anche lui...>>>
Mio fratello guardò fuori dalla finestra che dava sul cortile, avvicinandosi ad essa <<Sono di ritorno dalle sue stanze. Non dà segni di miglioramento e sembra già tanto che continui a respirare>>.
Il mio volto si oscurò. Non era proprio quello in cui speravo.
<<Pensi che possa andare a vederlo?>> domandai osservando David di spalle.
Lui si appoggiò al davanzale e annuì<<Credo di sì, Liz ha dato l'ordine alle guardie di lasciarci entrare ogni qualvolta lo desiderassimo almeno che non vi siano all'interno della stanza dei guaritori>>

Sentite quelle parole mi fiondai dal bianco.
David purtroppo aveva ragione, Sylver era immobile ancora con le palpebre chiuse a celare i fiumi di oro colato insidiati nelle iridi della volpe.
Sospirai frustrata iniziando a camminare per la stanza cercando di capire cosa stesse impedendo il suo risveglio.
Era vivo, su questo non c'erano dubbi, ma perché allora non si svegliava?
Estrassi il medaglione, da sotto i nuovi indumenti gentilmente regalati da Carmen, e lo rigirai tra le dita mentre lo osservavo in ogni suo lato.
Mi soffermai sulla spacca che lo divideva a metà, dopo il miracolo avvenuto con il bianco esso si era richiuso e nonostante avessi cercato più volte un modo per aprirlo risultava quasi sigillato.
Con lo sguardo vagai per la stanza notando il vecchio registro di Iceville.
Vudaìs era la soluzione a tutto!
Se ne intendeva di magie e pozioni e in qualche modo con noi aveva perfettamente saputo cosa fare, forse se fossimo tornati da lui avremmo scoperto come annullare gli effetti della pozione sui miei fratelli e risvegliare Sylver.

Pov. Sylver

Uno, due, tre passi, quattro, cinque, sei, sette.
Continuavo a camminare lungo un corridoio interminabile contando ogni passo con un fare maniacale.
Trecentoventisei, trecentoventisette, trecentoventotto... Non riuscivo ad arrivare alla fine, per ogni passo il corridoio si allungava celandone la fine.
Ad un certo punto quindi decisi di fermarmi e riflettere.
Guardai a terra, le mie zampe posavano sul terriccio nonostante ai miei lati vi fossero dei spessi muri in pietra che si estendevano in altezza per oltre cinque metri per giungere al semplice soffitto in legno.
Non c'erano fiaccole, né spiragli attraverso i quali potesse giungere anche un piccolo fascio di luce, eppure ci vedevo perfettamente, tanto da poter distinguere le fughe tra i mattoni anche a metri di distanza da me.
Sollevai il naso allargando le narici per fiutare l'aria, ma stranamente nessun odore era presente, persino la terra non sapeva di nulla.
Tutto era fin troppo strano.
Mi sedetti sbattendo la coda a terra per calmarmi e sollevai lo sguardo riflettendo.
Per capire cosa ci facevo in quel posto era necessario che pensassi a come ci fossi finito.
Tralasciai quindi il presente e iniziai a concentrarmi sul passato. Esattamente su ciò che era accaduto nelle ultime ventiquattro ore.
Ripercorsi mentalmente all'indietro tutti i miei passi, ma ritornati al primo una voragine si presentava bella e prepotente interrompendo la strada.
Capì quindi che forse stavo sbagliando metodo, non dovevo rivivere all'indietro quegli istanti, dovevo piuttosto ricominciare dal principio.
Guaì convinto della correttezza della mia intuizione e chiudendo gli occhi lasciai che fosse la mente stessa a condurmi al ricordo più remoto.

Era appena scesa la notte ad Iceville, l'umidità primaverile aveva ammorbidito il terreno del bosco in cui mi trovavo.
Stavo osservando qualcosa a pochi centimetri dal mio naso, era un'impronta.
Aveva il particolare profumo di frutta matura ed era, per forma, molto simile alla mia.
Sollevai la zampa posandola su di essa e in quell'istante mi resi conto di quanto potessi essere piccolo in confronto al mondo.
L'impronta sotto ai miei cuscinetti era almeno cinque volte più grande della mia.
<<Sylver seguimi>> sentire quella voce così familiare mi fece stranamente acquisire sicurezza.
Sapevo di non avere il controllo di ciò che stava accadendo eppure mi sentivo fiero di qualcosa che non comprendevo.
Trotterellando felice mi ritrovai a seguire una volpe simile in tutto e per tutto a me, con qualche sfumatura più scura per via della stagione.
Mio padre si muoveva sicuro di ogni suo gesto attraversando il bosco come se ne conoscesse ogni angolo, superava gli alberi senza mai voltarsi indietro, ma lo vedevo muovere le orecchie di tanto in tanto, come per accertarsi che non mi fermassi di nuovo.
<<Dove stiamo andando papà?>>chiesi e la mia voce risultò piccola e ancora immatura.
<<Al castello, devo terminare una cosa>> rispose lui senza accennare a fermarsi.
<<Cosa?>> Domandai curioso.
<<Un lavoro importante, ora non fare domande e cerca di non rallentare. Dobbiamo tornare a casa>>
<<Ma è questa casa!>> Esclamai affondando le zampe nel terreno e sollevando la coda.
Mio padre si voltò, gli occhi chiari come il ghiaccio mi guardavano severi <<Ne abbiamo già parlato Sylver. Il castello sarà la tua casa fin quando non avrò completato le mie ricerche. Il bosco sarà il tuo rifugio, ma il castello rappresenterà la tua tana finché sarà necessario. Hai capito?>> Domandò facendomi segno con il muso di riprendere a camminare.
<<No, non lo capisco>>, mormorai imbronciato ubbidendo.
<<Lo capirai crescendo>>.

S'agapó alepoúWhere stories live. Discover now