2|Kitsune

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La campanella era suonata da poco e Kitsune mi stava aspettando come ogni volta al suo banco, con la testa china sul telefono. Stava leggendo un articolo online che parlava approfonditamente dell'omicidio avvenuto quella notte in America.

Era diventato un vero e proprio mistero, specialmente perché ogni corpo veniva precisamente ritrovato attorno alle tre di notte dell'orario italiano, ma essendo in America il fuso cambiava e diventava o sera o tardo pomeriggio.

Tuttavia l'aspetto più strano era la posizione di quei corpi. Come aveva fatto il killer a metterli in quei punti abbastanza lontani senza far passare troppo tempo?

«Secondo me Killer X ha degli scagnozzi» ipotizzò Kitsune. «Oppure sono una setta ben organizzata che offre sacrifici in modi terrificanti come la crocifissione»

«Sono tutte ipotesi da non escludere, ma credo che ci stia già pensando l'FBI»

Kitsune fece spallucce. «Sì ma voglio provare a risolvere qualcosa da sola!»

Ridacchiai prendendole il telefono. «E con quali basi? Le notizie fake dell'internet? La cosa migliore sarebbe andare là e interrogare le persone che hanno ritrovato i cadaveri, ma non possiamo volare in America, non se abbiamo la verifica di matematica lunedì»

«Guastafeste» Mise il broncio e si riprese il telefono.

«Meno ne sai e meglio è, fidati di me» cercai di giustificarmi. «Su queste cose è meglio lasciar fare ai professionisti»

«Lo sai che non ti ascolterò, vero?»

Mi strinsi nelle spalle. «Fai come vuoi, io ti ho avvertita. Se scopri qualcosa dimmelo»

Kitsune era una ragazza davvero testarda.
Quando si metteva in testa una cosa non c'era santo che tenesse: lei doveva farla.

Una volta, agli inizi della scuola, quando ci eravamo appena conosciute, mi aveva invitata a uscire per mangiare qualcosa insieme ma i miei me l'avevano proibito perché dovevo tornare a casa presto come ogni giorno perché tutto ad un tratto volevano fare i genitori protettivi.

Cosa ha fatto quindi? Ha preso il telefono, ha chiamato i miei ed è rimasta lì finché loro non mi hanno dato l'okay per uscire.
Sono rimasta a bocca aperta quella volta.

Per non parlare di come si era messa a difendere una mia compagna durante un'interrogazione, rischiando di vedersela brutta. L'altra compagna era andata bene, quasi quanto Kit se non meglio e nonostante tutto il professore le aveva dato un'insufficienza perché a quanto pareva le stava piuttosto antipatica.
Infatti era noto a tutti come cercasse sempre di trovare degli errorini minuscoli nelle sue verifiche e di farglieli pesare molto, e inoltre la richiamava spesso in classe citandola nei contesti più inopportuni.

Così Kitsune si era alzata in piedi e aveva fatto un discorso così lungo e così ad alta voce che una volta stordito per bene il prof, lui aveva cambiato il voto all'altra compagna.

Kit era una forza della natura, l'ho sempre pensato.
Era sempre lì a smanettare col suo telefono o computer, alla ricerca di cose, luoghi e persone interessanti da scoprire.

Con la sua bandana sempre legata attorno al polso sinistro o sulla sua testa come codino per legare i suoi capelli castano-rossicci, dello stesso colore del pelo di una volpe.

Era una brava persona, sempre disposta a farsi in quattro per tutti e miracolosamente riusciva ad essere ricambiata e apprezzata da chiunque.
Erano passati solo pochi mesi dall'inizio delle superiori e già piaceva a tutti, ad alcuni anche più del normale (alcune voci mi dicono ora che ben tre persone si fossero invaghite di lei durante quel periodo).
Ha un carattere, un aspetto e una voce che si distinguono subito tra la massa.
Perché è come una volpe, furba ed elegantemente forte.

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