13|Sebastian

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Molte volte mi era capitato di ritrovarmi a un passo dalla morte, ma non potevo immaginare che la morte avesse un nome e che questo fosse proprio Sebastian.

Il ragazzo se ne stava in piedi a pochi centimetri da me, con lo sguardo cupo e rassegnato.

Non aveva nessuna arma in mano, c'era solo della fitta nube vermiglia che mi stava soffocando.
Tossii lasciando cadere lo zaino e sbattei la schiena sulla porta, scivolando lentamente verso il basso.

«Sebastan...» lo pregai. Mi sentivo impotente. Muovere anche solo la testa mi provocava una fitta dolorosa. L'unico modo per liberarmi dall'effetto della nube era attivare i miei poteri, ma cosa sarebbe successo se Sebastian, uno dei Temibili 10, un infernale, avesse scoperto che ero una dei suoi nemici?

Mi avrebbe uccisa, probabilmente. Oppure se la sarebbe presa con la mia famiglia o Kitsune. Mi avrebbe tolto ogni cosa per il puro gusto di vedermi soffrire.

Mi avevano dipinto gli Infernali come esseri mostruosi e crudeli, pronti a sacrificare chiunque, persino se stessi e la loro umanità, pur di distruggere i Celestiali.
Erano dei mostri, degli assassini, delle bestie. Non erano umani.
E allora perché Sebastian mi sembrava diverso da tutto quello?

I suoi occhi erano arrossati dal pianto e i capelli che teneva pettinati con tanta cura erano scompigliati, come se avesse lottato con se stesso poco prima di tendermi un'imboscata nella sua stanza.

«Dovevi andartene, ti avevo avvertita» La sua voce era priva di qualsiasi emozione. Ma era veramente Sebastian?

Tossii ancora. Respirare era diventato troppo difficile e sentivo le forze scivolarmi via lentamente. Ero in trappola.

«Seb...» rantolai. «Smettila...»

L'Infernale non parlò né fece nulla. Se ne stava lì, in piedi, come un involucro vuoto che aspettava degli ordini da chi lo comandava.

Sebastian era un burattino, lo era sempre stato.

Sin da piccolo lo avevano manipolato facendogli credere che non aveva bisogno di nessuno e che lui sarebbe diventato qualcuno di importante un giorno.
Lo lodavano eccessivamente per accrescere la sua arroganza in modo che diventasse proprio come tutti gli altri membri della sua famiglia.

Lo riempivano di lezioni supplementari di matematica, musica, letteratura e chimica. Così tanto da non dargli nemmeno la possibilità di vivere la sua infanzia al meglio.

Non era andato alle elementari e nemmeno alle scuole medie, seguiva lezioni private dall'età di cinque anni e l'unico posto che aveva visto per tutto quel tempo era il suo castello.

Non si sentiva in trappola, le mura della sua casa lo facevano sentire al sicuro, ma col tempo iniziò a vedere tutte le persone che venivano da fuori come dei nemici.

Chiunque gli si avvicinasse, che fosse il figlio di un domestico o il domestico stesso, lui li vedeva come estranei, alieni, esseri incomprensibili.

Non riuscivano a capirlo quando parlava e lo stesso valeva per lui. Non potevano comprenderlo perché non erano al suo livello, non erano Sebastian.

Così si ritrovava ad essere solo per la maggior parte del tempo, immerso nelle sue cupe fantasie.

Di solito i ragazzini alla sua età sognavano o di avere una tenera fidanzata che li facesse sentire speciali o di combattere valorosamente in trincea, pilotare aerei da combattimento e guidare carri armati.

Le sue fantasie invece erano più mature, influenzate dall'avidità degli adulti. Voleva il successo. Voleva essere visibile a tutti quanti e avere finalmente le attenzioni che gli spettavano.

I Temibili 10Where stories live. Discover now