7|Terapia di coppia

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Scesi nel seminterrato semibuio e silenzioso.
Avevo mandato una mail alla psicologa per vederci d'urgenza. Era stata gentile a rinunciare al suo giorno libero per parlare con me perché le avevo detto che ne avevo bisogno. Era una brava donna.

Svoltai l'angolo e per poco non mi presi un infarto.
«Guarda guarda chi si rivede, la nanetta fastidiosa»
Sebastian era appoggiato al muro con le braccia conserte e lo sguardo serio.

Roteai gli occhi. «Che cosa vuoi?»

«Delle scuse»

Aggrottai le sopracciglia. «E perché?»

«Perché l'ultima volta mi hai trattato male. Voglio delle scuse»

Si stava comportando da bambino delle elementari. No, peggio, da bambino dell'asilo nido.
Ma sarebbe stato altrettanto stupido se non gliele avessi concesse. Effettivamente non era colpa sua se ero stata investita, solo del suo stupido autista.

«Mi dispiace» sbuffai. «Contento ora?»

Sebastian scosse la testa. «Non erano spontanee»

Mi trattenni dal tirargli un pugno. «Te le devi meritare però. Non ti ho visto nemmeno tanto dispiaciuto quando sono stata investita. E posso assicurarti che non è stata una botta da poco, ho ancora i lividi»

«Ammetto che un po' è stato comico» Incrociò il mio sguardo furioso e temette di beccarsi un altro schiaffo. «Ma è stato brutto per te. Scusami»

«Scusami anche tu per... gli schiaffi e tutto il resto»

Il mio lato diplomatico mi obbligò a porgergli la mano. «Tregua, Mister Ti-sei-fatta-un-nemico-potente?»

Sebastian sorrise e prese la mano con delicatezza. «Tregua, Miss Adoro-schiaffeggiare-la-gente»

«Solo i più fastidiosi si meritano i miei schiaffi»

«Onorato di essere tra quelli»

Ridacchiammo, poi calò un silenzio imbarazzante.

La porta dell'ufficio della psicologa si spalancò e lei fece capolino. «Oh! Siete qui entrambi! Entrate»
Io e Sebastian ci guardammo confusi. «Insieme?» pronunciammo all'unisono, scandalizzati. Poi ci guardammo di nuovo, schifati per esserci sincronizzati.

«Sì, insieme, devo parlarvi»

"Ma l'appuntamento che le avevo chiesto?" pensai sbattendo le mani sui fianchi.

Entrammo nella stanza e fummo costretti a sederci uno di fianco all'altra. Fare pace non significava necessariamente seppellire l'ascia di guerra, poteva essere anche una tregua momentanea specialmente se il sentimento di antipatia reciproca era rimasto.

«Prima di incominciare ho una domanda. Mi avete chiesto entrambi di vederci d'urgenza, le cose sono collegate?»

Sebastian mi lanciò uno sguardo confuso, poi scosse la testa. «Assolutamente no. Io le ho scritto solo per...» abbassò la voce. «...una questione familiare»

«E io per una personale» mi aggiunsi.

La dottoressa guardò prima me, poi Sebastian e infine si mise gli occhiali lanciandoci uno sguardo che diceva chiaramente: "Non mi importa, ora che siete qui entrambi farete terapia di coppia".

Il ragazzo tirò fuori un inalatore e lo usò girandosi dall'altra parte. Sembrava si vergognasse del suo problema.

«Stai con la schiena dritta quando usi l'inalatore, ragazzo» lo sgridò la psicologa. Non l'avevo mai vista così severa, di solito aveva sempre quel sorrisino finto che mi inquietava e l'atteggiamento calmo che soffocava un po' la sua stranezza.

«Di cosa doveva parlarci?» domandai.

La donna accennò un sorrisetto e tirò fuori un modulo da compilare. «La compagnia dove lavoro propone uno stage per chi ne fosse interessato. Ho sentito dai tuoi professori, Giulia, che hai sviluppato una passione per la chimica, ti piacerebbe visitare il nostro laboratorio? Lì lavorano molti dei nostri impiegati migliori che sicuramente sarebbero felici di parlarti del loro lavoro e di cosa stanno ricercando» Avvicinò il modulo. «Potrai poi segnare la tua esperienza nel tuo curriculum scolastico»

Guardai il foglio ipnotizzata dalle migliaia di parole scritte con un carattere minuscolo. Quella era letteralmente l'occasione della mia vita per riuscire ad assicurarmi un futuro saldo.
Poi subentrò la ragione e la cruda realtà: io non avrei mai vissuto fino alla laurea, probabilmente, e dovevo fare ben altro che visitare un posto del genere ed espormi.

«Mi piacerebbe molto ma in questo periodo sono davvero occupata con lo studio, lo "sport", la famiglia...» deglutii a fatica, distogliendo lo sguardo da quel diavolo tentatore di un foglio. «Non posso proprio accettare»

«Ripensaci» mi ordinò la donna piegando il foglio e mettendomelo in mano. «Non devi per forza scegliere di farlo ora, puoi venire quando sarai più libera. Non fa differenza se decidi di venire fra un mese o due piuttosto che adesso. Non sprecare certe opportunità, fidati di me»

Misi il foglio piegato in tasca senza aggiungere altro. Quel gesto bastò per confermare alla psicologa che le sue parole avevano avuto l'effetto sperato su di me.

Si rivolse infine a Sebastian che stava giocherellando con il cinturino di un orologio dall'aria sofisticata. «Ne abbiamo parlato a lungo, Sebastian, tu devi socializzare oltre che a studiare. Lo studio ti porterà ad avere un futuro radioso ma a cosa sarà servito se non avrai nessuno con cui condividere i tuoi successi?» Non aveva tutti i torti. «Perciò voglio che tu e questa ragazza siate amici»

Spalancammo entrambi gli occhi. «NO!» gridammo all'unisono.

«È proprio per questo motivo che ve lo consiglio, anzi, che ve lo ordino. Tu, Sebastian, inizierai a vedere di più la tua amica e ad invitarla a casa tua per fare i compiti e tu, Giulia, ti lascerai aiutare. Ho sentito che non sei molto ferrata in matematica, credo che un ragazzo brillante come lui potrebbe aiutarti a colmare le tue lacune»

Sebastian sembrava in prossimità di esplodere. Le sue guance erano bordeaux, i capelli leggermente scombinati e la cravatta nera che teneva parzialmente nascosta sotto il maglione azzurrino era allentata e storta. Dov'erano i pop corn quando servivano veramente?
Una lotta tra il bambino ricco e la psicologa severa era un evento imperdibile.

«Va bene» si arrese Sebastian, rovinando tutto. E il mega scontro? Niente? «Farò come dice lei ma ad una condizione»

Sia io che la psicologa rivolgemmo la nostra più completa attenzione al ragazzo. «E quale sarebbe questa condizione?»

Sebastian incrociò le braccia sorridendo. «La qui presente ragazza dovrà tenere l'acqua in bocca e non dire a nessuno, nemmeno ai suoi genitori, che io, Sebastian Kerill, sono stato obbligato a vedermi con lei per aiutarla in matematica. Rovinerebbe la mia immagine, sa»

Lo guardai di sottecchi desiderando ardentemente di rendere il mio pugno un tutt'uno con la sua faccia. «Lo stesso vale per te, "bimbo prodigio"»

«Ho solo un anno in meno di te!»

«Bimbetto»

«Nanetta»

«Ora basta!» la psicologa sbatté le mani sul tavolo facendoci sobbalzare, poi si ricompose e ci sorrise dolcemente. «Farete come vi è stato detto, è per il bene di entrambi» Indicò la mia tasca, quella con dentro il foglio. «E tu pensaci bene a quell'opportunità»

Si alzò e aprì la porta invitandoci ad uscire. «Ora siete liberi di andare, fine della terapia di coppia»

I Temibili 10Where stories live. Discover now