10|L'avventuriera

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Times Square non era mai stata così vuota.
Eppure così piena.

Camminavo per le strade disseminate di cadaveri sapendo bene cosa li aveva uccisi, o meglio, chi.
Denti stretti, pugni serrati, vestiti sporchi e insanguinati, così decisi di presentarmi davanti al nemico.
Questa volta non avrei avuto paura.

Mi asciugai una lacrima con la mano sporca di fuliggine.
Come avevo potuto essere così cieca? Per tutto quel tempo loro erano davanti ai miei occhi. Potevo salvarli, liberarli dal loro destino, ma non avrei mai trovato il coraggio di uccidere qualcuno a differenza loro.

L'odore acre del sangue si mescolava a quello dell'asfalto bagnato.
Ma non aveva piovuto, non ancora, e le strade erano secche, crepate a tratti, piene di polvere, fuliggine e viscere umane e di demone.

Guardai in alto e vidi l'HD, lo schermo più grande al mondo, venire assaltato da un'orda di demoni che rimase fulminata da una scarica emanata da esso. Caddero tutti a terra inceneriti, pronti a rigenerarsi in poco tempo come avevano fatto per tutta la battaglia.

Lo schermo ormai rotto si staccò e cadde a terra sopra macchine e corpi, facendo schizzare in giro le sue stesse schegge miste al sangue di chi aveva schiacciato.
Rimasi immobile quando esplose e l'onda d'urto respinse una macchina facendola arrivare a pochi metri da me.

Gli edifici stavano cadendo a pezzi, divorati e distrutti dagli stessi demoni che stavano sorvolando New York in un moto circolare, facendo un verso simile ad uno sghignazzo continuo. Pareva quasi che si stessero rincorrendo giocosamente.

Il cielo era una sfumatura di nero, arancione e rosso e l'aria era così fitta e sporca che non riuscivo a respirare.

Tossii e vidi sulla mia mano una macchia di sangue che si raggrumò in un serpente rosso.
Il rettile serpeggiava lentamente sul palmo della mia mano allungandosi e distendendosi fino a formare una M sinuosa ed elegante. Dopodiché si solidificò diventando oro rovente.
Lanciai un urlo e lasciai cadere il metallo che sfrigolò sul suolo entrando poi in una crepa.

«Non urlare, non era poi così doloroso» disse una persona più avanti.

Era seduta sulle macerie, con le gambe penzolanti e lo sguardo fisso. Il cappuccio di una felpa verde smeraldo le copriva il volto.

«Hai sopportato di peggio» alzò lo sguardo mostrandomi due occhi dorati e luminosi come quelli di Athariel, nascosti nell'ombra del cappuccio.

«Chi sei?» chiesi provando ad avvicinarmi.

La ragazza sembrò sorridere. «Sono un'avventuriera» Si mise in piedi sulle macerie e iniziò a camminarci sopra aprendo le braccia per restare in equilibrio. «Mi piace viaggiare più di quanto mi piacciono la pizza e i buoni fumetti sui supereroi. Ma oggi sembra che siamo incastrate nello stesso sogno»

Mi guardai intorno incominciando a ricordare. Non era la prima volta che facevo quel sogno, ma spesso appariva un'altra ragazza, non lei.

La vidi raggiungere la vetta delle macerie e sedersi lassù. «Come ti chiami?» mi chiese dondolando le gambe nel vuoto.

«Giulia Rossi» risposi. «E tu?»

La sua risata era spontanea e pura. «Non sono io a dovertelo dire, lo devi scoprire tu da sola»

«Ma io ti ho detto il mio nome!» protestai.

«Vero, ma io non te lo dirò. Non sei pronta per saperlo e potresti mettermi in pericolo»

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