32|In viaggio per Zurigo

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«Cosa ti ha portato ad accettare la mia proposta? Sembravi riluttante all'inizio, è stato Sebastian a convincerti?»

Posai il mio sguardo sulla psicologa, seduta sul sedile davanti a me. Mi fissava a sua volta con un ampio sorriso compiaciuto in attesa di una mia risposta.

«Ci ho semplicemente ragionato su e mi sembrava una buona idea. Poi, come ha detto lei, è un'esperienza unica che verrebbe vista di buon occhio dalla commissione d'esame se la mettessi sul mio curriculum» risposi tornando a guardare fuori dal finestrino.

Dovevo tenermi per forza sul vago con lei perché qualsiasi risposta troppo specifica mi veniva ritorta contro per farmi rispondere ad altre domande. Altro che psicologa, sembrava una detective!

Ci sapeva fare con le parole, forse fin troppo. Era riuscita in poco tempo a convincere i miei genitori a farmi venire con lei. I miei genitori, sì, anche mio padre che era arrabbiato con me e voleva tenermi assolutamente sotto stretta sorveglianza.
Per farmi andare alla Hunter Company le erano bastate delle parole rassicuranti e una giustifica per la scuola in modo che non mi venisse conteggiata a fine anno durante gli scrutini.

Forse la psicologa pensava così di riuscire a guadagnarsi la mia fiducia, ma se c'era una cosa che avevo imparato da quando ero finita all'Accademia era mai fidarsi di chi sa parlare bene, perché i manipolatori non portavano mai a nulla di buono.

Il fatto che avessi accettato non dimostrava alcuna fiducia, volevo solo sfruttare l'occasione per capire chi fosse realmente Sebastian e come fermarlo prima che potesse continuare ad uccidere persone sotto il nome di Killer X.

Anche se avevo qualche dubbio su quel piano, avevo promesso a Kitsune che avrei indagato su quel ragazzo. Glielo dovevo, specialmente dopo che le mentito e rubato le sue ricerche su Killer X.

«Sei mai stata in Svizzera?» mi chiese la psicologa. Aveva ancora il suo finto sorriso gentile.

Non mi scomodai nemmeno a staccare gli occhi dal finestrino. «No, mai» mentii. Inutile ricordare che ci avevo vissuto per un mese, intrappolata in una scuola-prigione.

«Se vuoi posso farti una visita guidata dopo che avrò finito di farti fare il giro della Hunter Company» propose, sperando in segreto che io mostrassi un po' più di emozione per la sua proposta.

Non era una cattiva idea, considerando che finalmente potevo visitare un posto senza dover per forza essere immischiata in qualche combattimento. Prendermi un giorno libero non avrebbe ucciso nessuno, credo.

«Va bene, mi sembra una buona idea» risposi sorridendole. «È molto gentile, signora»

Se lei tentava di manipolare me, allora io avrei manipolato lei facendole credere di avere abboccato alla sua esca. Mi sembra equo, no?

«Non c'è di che» disse mantenendo il suo sorriso. «Comunque puoi chiamarmi dottoressa Hoover, cara»

«Va bene, dottoressa»

«Ecco, così è meglio. Vedi, non sono solo una psicologa» continuò, catturando la mia attenzione. «Ho anche una laurea in chimica e biotecnologie. Mi occupo di studiare il funzionamento del sistema nervoso e occasionalmente anche della psiche, in qualità di psicologa. Ma non voglio annoiarti troppo parlando di cose complesse...»

«No no, continui, è... interessante» mi ritrovai ad ammettere.

Quando si parlava di scienza, e si nominava la chimica, la mia curiosità emergeva tutta d'un colpo. Era un bene a scuola perché in chimica riuscivo a cavarmela con ottimi voti, anche se ciò che studiavo erano solo le basi per qualcosa di molto più grande e complesso.

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