6|Chi è L. Degare?

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Marta si avvicinò al letto di suo fratello, che in quel momento stava guardando video di combattimenti armati per memorizzarne le mosse.
La guardiana aveva appena nascosto il mantello nella sua cabina armadio che non veniva mai toccata, nemmeno dai domestici. Sapevano che lei era una ragazza ordinata e la sua stanza era sempre impeccabile e pulita, perciò non avevano nessun motivo per entrarci.

Era sera a Manhattan, le strade erano intasate dal traffico serale causato dai lavoratori che tornavano a casa e dai numerosi taxi che sembravano dei piccoli rettangoli gialli visti dalla finestra della stanza di Gregor.

Il ragazzo abbassò il telefono e rivolse un sorriso stanco a sua sorella. «Com'è andata oggi?»
Lei fece spallucce. «Come al solito. Allenamenti, passeggiate e cose così»

Guardò con tristezza lo scaffale pieno di trofei che aveva vinto suo fratello. C'erano premi sportivi, scolastici, persino delle medaglie vinte a un torneo di scacchi.
Spesso, quando Gregor era fuori casa, i loro genitori restavano ad ammirare quello scaffale sorridendo con fierezza.
Mentre i successi della minore venivano come al solito ignorati.

Sapeva suonare il pianoforte ai livelli di un professionista, e anche il flauto traverso, la chitarra, l'oboe e aveva fatto più di un assolo nell'orchestra della sua scuola. Sapeva praticare più di un'arte marziale e usare una katana come se fosse parte integrante di sé. Sapeva parlare fluentemente, oltre all'americano, l'italiano, lo spagnolo e il francese, e in più stava prendendo lezioni di cinese mandarino.
Sapeva fare tantissime cose, ma nulla di queste veniva notata. Ai saggi o alle dimostrazioni veniva solo il suo maggiordomo preferito, colui che l'aveva curata sin da piccola e trattata come la sua principessina. Le sarebbe bastato lui, ma una vocina nella sua testa continuava a sperare di poter ricevere un abbraccio e dei complimenti dai suoi genitori.

Gregor la risvegliò dai suoi pensieri lanciandole un piccolo squalo peluche. «Basta fissarli, dimmi cosa c'è che non va. Pensavi che non me ne fossi accorto? Riconosco quegli occhi tristi e pensosi, non sono da te»

Marta incrociò le braccia e si sedette ai piedi del letto fissando il piccolo squalo per terra. «Non ho nulla»

«Bugia bugia bugia» Il prescelto posò il telefono sul comodino e gattonò lentamente verso di lei. Poi scattò e senza che lei potesse fare nulla la afferrò per la vita e la tirò giù con una mossa alla WWE. «Ora, Miss Gabriel, mi dica cosa c'è che non va o sarò costretto a togliermi i calzini e liberare la loro tremenda puz-»

Marta si rialzò inorridita. «Pietà!» implorò ironica. Il suo volto si rilassò e gli occhi tornarono malinconici. «Mamma e papà non si ricordano del mio compleanno»

Il ragazzo alzò un sopracciglio confuso. 
«Non guardarmi così, è la verità. Non si ricordano nulla che abbia a che fare con me. Non sanno cosa mi piace o non piace, non sanno quando sono nata, non sanno nulla. Da quando tu hai ricevuto il marchio e i tuoi poteri hanno iniziato a comportarsi come due idioti snob, perché avevano ereditato tutto il patrimonio dei Gabriel distinguendosi dagli altri membri della famiglia, che ora ci proibiscono persino di vedere perché li ritengono "inferiori"» Una lacrima le scese lungo la guancia. «E hanno solo occhi per te. Non fanno altro che dire "Gregor qui", "Gregor là", "sii più come tuo fratello"... Io non ne posso più. È come se io fossi... un fantasma»

«Marta, mi dispiace»

«Non è vero» Scosse la testa allontanandosi da lui. «Se ti dispiacesse tu avresti già fatto qualcosa. Non basta qualche abbraccio per risolvere tutto. Tu non basti. Io voglio ciò che è mio di diritto: una madre e un padre che mi amano, che si ricordano di me e che mi ricoprono di attenzioni ogni giorno della mia vita. Ma non lo avrò mai. Perché sono accecati dalla tua luce. Ogni cosa che farò non sarà mai abbastanza. Io non sarò mai abbastanza perché non sarò mai te»

I Temibili 10Where stories live. Discover now