25|Odi et amo - Loro...

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...Fatum.

I miei occhi si aprirono di scatto, esponendomi alla fredda oscurità della mia stanza. Un urlo sfuggì dal mio controllo.
Come di riflesso, afferrai le coperte e le strinsi cercando inutilmente conforto.
Il mio petto si alzava e si abbassava al ritmo del mio cuore agitato, cercare di calmarmi mi sembrava impossibile, o almeno per i primi minuti lo era.
Riuscii a trovare la forza di mettermi a sedere, le mani ancora aggrappate alle coperte, come se potessero proteggermi dall'incubo che avevo fatto.

Il cuore mi pulsava nelle orecchie, impedendomi di sentire i bisbigli e i passi dei miei genitori.
Entrarono nella stanza preoccupati, accendendo la lucina sopra il mio comodino.

Mia madre rimase in piedi a fissarmi preoccupata, con i capelli spettinati, gli occhi arrossati dalla stanchezza e una manica del pigiama alzata.
Papà invece si sedette sul letto di fianco a me, prendendomi il volto tra le sue grandi e forti mani.

Mi abbracciò e iniziò ad accarezzarmi la schiena, che era un po' sudata per via dell'incubo.
«Va tutto bene, pulcina» disse con tono calmo e gentile. «Gli incubi non sono reali»
"Quanto vorrei che non lo fossero" pensai mordendomi il labbro.

«Paolo, ci pensi tu?» chiese mia madre, stropicciandosi gli occhi.

Lui annuì lentamente, dandomi un bacio sulla fronte calda. Sentii la sua barba pungermi, ma era un piccolo dolore che riuscivo a sopportare.
Mia madre mi salutò con un mezzo sorriso e barcollò fino alla sua stanza per poi rimettersi a letto.

Era notte fonda. La sveglia sul mio comodino segnava le 2:03.
Ripresami dallo spavento, mi ricordai della cosa più importante di tutte: lo scontro con gli Infernali.

Spalancai gli occhi, accogliendo il panico dentro di me. Come avevo potuto addormentarmi? Ero distrutta, certo, ma contavo sulle mie ultime forze per andare lì e aiutare i miei compagni.
Stavano bene? Cosa era successo? Dovevo assolutamente raggiungerli, anche se avevo solo due ore di sonno e il terrore in circolo.

«Rilassati» disse mio padre, pizzicandomi leggermente la guancia per liberarmi dallo shock. «Va tutto bene, sei al sicuro. Ora dormi, pulcina, domani hai scuola e devi essere riposata»

Scuola... mi sembrava un concetto così lontano.
Se fossi stata una Normale avrei pensato solo a quello, ai miei compiti, ai miei amici, alle mie cotte, ma non lo ero e non potevo fingere di esserlo.

«Posso sapere cosa hai sognato?» mi chiese, accarezzandomi la mano. Era gelida, mentre le sue erano bollenti. Preoccupato, iniziò a scaldarmela. «Sempre se te la senti di dirmelo. Potrebbe aiutarti a far andare via la paura»

Annuii lentamente cercando di ricordare quel che avevo visto.

Nulla.

Vuoto.

Nessun ricordo.

Scavai a fondo nella mia mente, ma nei ricordi più recenti c'ero solo io che guardavo le prime notizie su New York. Non mi ricordavo nemmeno quando mi fossi addormentata.

«Non me lo ricordo» risposi sinceramente.

Mio padre sorrise lievemente e mi diede un altro bacio sulla fronte, continuando a scaldarmi la mano. «Meglio così. Se ti ha fatto così tanta paura è meglio che tu te lo sia dimenticato» Avvicinò una mano al pulsantino della lampada. «Ora dormi, pulcina. Ti voglio bene»

Abbozzai un sorriso, reprimendo l'istinto di scoppiare a piangere per la paura e per il nervoso. «Ti voglio bene anch'io» risposi con voce leggermente roca.

Spense la lucina e tutto ripiombò ancora nel buio.
Mi diede l'ultima carezza e uscì dalla mia stanza per tornarsene a letto.
Presi un grosso respiro nonostante i brividi che mi correvano lungo tutto il corpo ed espirai fino a svuotarmi i polmoni.
Ripetei l'azione ancora una volta, poi due, tre, cinque, otto, fino a che non ebbi rallentato il battito.

I Temibili 10Where stories live. Discover now