12|Killer X

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Quando Kitsune aprì gli occhi venne assalita da un forte mal di testa. Sentiva le tempie pulsare e il cuore fare un balzo ad ogni minimo movimento.
Sbadigliò e con tutte le forze che aveva spostò le coperte e si sedette sul suo letto.

La stanza era completamente in ordine e tutte le sue ricerche erano scomparse.

"No!" Si alzò di scatto e si mise a frugare nei cassetti. Ma niente da fare, non c'era più nulla. "Non può essere stato tutto un sogno. Non può essere..."

Controllò la sua cronologia, gli accessi al telefono e qualsiasi cosa, ma niente. Aveva fatto le ore piccole la sera prima, si era addormentata e si era risvegliata alle quattro del pomeriggio dopo aver saltato un'intera giornata di scuola.

Sbatté le mani sulla sua scrivania, facendo cadere un paio di penne e il caricatore del telefono. Si rannicchiò in un angolo cercando di ricordare cos'era successo.

"Non posso aver sognato tutto, non posso" Iniziò a dondolarsi lentamente, cercando di calmarsi. "I fogli, la scritta... Giulia. C'era Giulia"

Afferrò immediatamente il telefono con una furia mai vista e digitò il mio numero. Ma nessuno rispose alla sua chiamata. Ringhiò e lanciò il telefono sul letto, scagliandosi contro la sua sedia che gettò violentemente a terra. "Lei. Li ha portati via lei! Mi ha mentito, lei sa qualcosa... O forse sa ben più che qualcosa, potrebbe sapere tutto".

Passeggiò per la stanza massaggiandosi il mento. "Conosce perfettamente l'americano, sembra possedere dei poteri, ha dei segreti... e voleva che smettessi di continuare le mie ricerche" Si fermò davanti alla sua lavagna di sughero vuota. "No. No non può essere..." Distolse lo sguardo e lo posò su una foto. C'erano una piccola Kitsune insieme a suo zio che la sorreggeva su una spalla.

Era tutto iniziato il 5 marzo, appena nove giorni prima. Si era concentrata così tanto sulle notizie dell'internet che non si era guardata intorno e non si era accorta che la persona che le stava più vicina era cambiata. Era più schiva e le stava evidentemente nascondendo qualcosa. Era diversa...

"No... No non è possibile" Le mancava il respiro man mano che collegava tutti gli indizi che aveva accumulato. Scuoteva la testa come una pazza e sentiva le lacrime salirle agli occhi mentre riviveva i ricordi di quel che era successo prima di svenire. Infine si fermò, alzò lo sguardo asciugandosi le lacrime e giunse a una triste e sbagliata conclusione. "Lei è Killer X".

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Sbattei la testa sul libro di matematica, mugugnando parole incomprensibili.

Sebastian alzò gli occhi al cielo. «È da due ore che siamo qui e tu non riesci ancora a fare come si deve degli esercizi così semplici!» sbraitò. «Con te ho molto più lavoro da fare di quanto pensassi»

«Odio la matematicaaaa» dissi restando con la faccia spiaccicata sul libro.

Speravo che in qualche modo l'enorme conoscenza racchiusa in quel manuale mi entrasse in testa da sola rendendomi un genio. Avrei venduto volentieri la mia anima per andare bene in matematica. A quale demone dovevo chiedere? Azazel? No, lui non era mica quello delle arti e dell'astronomia? Ero così stanca da non ricordarmi nemmeno quel che avevo imparato dai libri "presi in prestito" dalla biblioteca nella Domus di Gregorio.

«Forza, non ci vuole un genio per capire le rette! In futuro diventerà tutto più difficile! Ci saranno le coniche. Circonferenze, parabole, ellissi e iperboli»

«Fermo un attimo» alzai la testa dal libro e lo guardai sentendo le lacrime della disperazione salire. «CHE COSA?!»

Sebastian sorrise arrogantemente. «E non ti ho ancora parlato di trigonometria»

I Temibili 10Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora