33|Il succo è la mia debolezza

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Scesi dalla macchina e ammirai l'immensità dell'edificio centrale della Hunter Company.
Era un mostro di vetro e pannelli bianchi, dalle dimensioni così grandi che mi sentivo un microbo al confronto.

Riuscivo a intravedere dalle finestre alcune persone in giacca e cravatta che camminavano senza fretta per i corridoi, reggendo delle cartelline importanti o parlando al telefono.

«Ha il suo fascino, lo so» La dottoressa si mise le mani sui fianchi sorridendo fieramente. Doveva amare molto il suo lavoro per esserne così entusiasta. «Seguimi»

Abbassai lo sguardo lentamente, puntandolo sull'entrata sorvegliata da dei bodyguard vestiti di blu.

"Non mi avevano detto che alla Hunter Company c'erano pure i Puffi" scherzai tra me e me.

Scattai velocemente una foto e la mandai a Kitsune mentre seguivo la dottoressa dentro l'edificio.
Entrare lì fu come varcare un portale per un'altra dimensione: decine di persone indaffarate facevano avanti e indietro per la hall riempiendo di richieste le povere segretarie, leggendo riviste, chiacchierando tra di loro e programmando uscite insieme.

Quindi era quello il mondo della scienza? Un mondo a cui solo gli adulti laureati avevano il pieno accesso?

Mi sentivo come una bambina al luna park: pronta ad esplorare ogni angolo di quel meraviglioso posto.

La dottoressa ridacchiò notando la mia espressione meravigliata. «Questo è solo l'ingresso, il bello arriva quando si entra»

Annuii come ipnotizzata e continuai a seguirla. Salimmo su un ampio ascensore insieme ad altre cinque persone, tutte che dovevano andare a piani diversi, e aspettammo di arrivare al tredicesimo piano.
Tutti e cinque i colleghi salutarono vivacemente la dottoressa Hoover.

«Virginia, la vedo raggiante, oggi» commentò un uomo pelato con dei lunghi baffi biondi.

«Sto introducendo una piccola ospite al nostro mondo, esserne felice è normale, specie se lei ne sembra così entusiasta» rispose mettendomi le mani sulle spalle.

L'uomo si abbassò leggermente per parlarmi. «Vedrai, ti piacerà. Il nostro lavoro dà molte soddisfazioni»

«E soldi» aggiunse un altro, scoppiando in una risata sofisticata.

La dottoressa fece una smorfia contrariata. «È ancora una ragazzina, non credo che le importi qualcosa sull'arricchirsi rubando le idee degli altri, non è vero Reiner?» Gli lanciò un'occhiataccia. «Ringraziami di non averlo detto all'amministratore delegato o a quest'ora altro che soldi e ville, vivresti ancora in quel tuo buco di monolocale»

L'uomo si zittì, uscendo alla prima fermata possibile. Sembrò preferire le scale ad un'altra conversazione con la dottoressa.
Be' se l'era cercata, ma dovevo ammettere che la lingua affilata di quella donna mi metteva paura.

L'ascensore emise un acuto DING e le porte si aprirono rivelando un enorme sala ristoro. Sia a destra che a sinistra vi erano dei corridoi non troppo stretti costellati di porte bianche che si aprivano solo con una tessera elettronica.

«Vuoi qualcosa da bere? Un caffè? Del tè freddo? Acqua naturale o frizzante? Succo?»

«Che genere di succo?» chiesi.

«Ananas, arancia, mirtilli...» sorrise. «C'è anche l'ACE»

Mi brillarono gli occhi dalla gioia. «Davvero?»

«Certo, vieni» Mi portò di fronte ad una macchinetta e sfilò un bicchierino di carta da una pila accanto al distributore. «L'ultimo gliel'ho fatto mettere io. Questo piano lo frequento praticamente solo io e un paio di altri miei colleghi. Che dire ho un debole per il succo all'ACE»

I Temibili 10Where stories live. Discover now