Sangue

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           Se c'era una situazione in cui Giacomo raramente si sbagliava era quando doveva comprendere chi gli andasse a genio e chi no. Ci riusciva sempre al primo sguardo.

Su Vittori aveva ancora qualche dubbio, dubbio che quella sera si stava sciogliendo: non solo non gli andava a genio, lo aveva messo al primo posto tra quelli che proprio avrebbe voluto uccidere. "Testa di..." ma non concluse la frase perché temette che i pensieri potessero uscire dalla sua mente come nei fumetti.

Riformulò la frase e disse: "Vittori, la smetta di guidare in questo modo, sapere che sono armato le dovrebbe far pensare che potrei usarla la pistola, prima o poi".

Vittori era in vena quella sera e dimostrò una sagacia a cui avrebbe invece dovuto rinunciare.

"Poi però la vengo a trovare in carcere, dottore".

Giacomo, arrabbiato con se stesso per aver iniziato quel colloquio che già dopo un solo scambio sembrava aver preso una pessima direzione, emise un suono dalla bocca che non seppe trasformarsi in una parola. Forse un'altra parolaccia smorzata, o forse no, in tutti i modi non si capì.

"Dottore, allora ha compreso la battuta...se la vengo a trovare significa che mi spara, ma che non mi uccide".

"Vittori, d'accordo, mi arrendo, ho iniziato io, ma adesso guardi la strada e basta. Quanto manca?".

"Non proprio poco, dottore".

Giacomo guardò fuori dal finestrino arrendendosi all'attesa. Rimuginò qualche pensiero e certamente più di uno per Martha.

Lei lo tradiva. Di questo Giacomo, pur sempre un poliziotto, era certo. Altro che l'amore che rende ciechi. Seh...

Improvvisamente un pensiero gli attraversò la mente, come una scossa elettrica: i ragazzi! Prese il telefono dalla giacca e compose un numero di telefono. Dopo nemmeno uno squillo, una voce squillante emerse dall'altra parte.

"Giacomo, ma dove siete finiti? Ero preoccupata!".

"Lavoro. Com'è che sei preoccupata?" rispose Giacomo alla suocera utilizzando un vocabolario minimo.

"Come ma come?", sintesi dell'altra generazione, "Ho chiamato Martha cinque volte e non risponde, poi ho chiamato te e stessa cosa... ma che succede?".

"Eh... Che succede...", pensò Giacomo tra sé e sé.

Ci aveva mai realmente pensato a cosa stesse accadendo? Dove andava a parare la sua vita? Quella da poliziotto e quella da non poliziotto?

"Che succede? E che succede? Nulla, nulla. Il mio telefono è silenzioso e probabilmente anche quello di Martha. Non ti preoccupare, Giuliana, tra poco vedrai che Martha ti richiama. Come stanno i ragazzi?".

"Te li passo, Giacomo? Stanno bene".

"No, Giuliana, adesso non posso, poi ti racconto".

Lo diceva sempre... ti racconto, ma non lo faceva mai.

"Come vuoi, dì a Martha di chiamarmi, va bene?".

Andava bene a Giacomo? Andava bene. A lui andava sempre bene, no?

La prima volta che aveva seguito sua moglie, qualche mese prima, l'aveva vista con un uomo. L'aveva fotografato con il cellulare, ma poi non si era intromesso perché non era quello il modo per risolvere la faccenda.

Aveva chiesto a un investigatore privato di seguirla, per proteggerla, si era detto, ed era vero, vero almeno per lui.

"Sei ancora lì, Giacomo?", la voce lo riportò alla realtà.

"Sì, scusami, Giuliana, certo che mi va bene, dico a Martha di chiamarti appena torno a casa, ma vedrai che ti chiamerà prima lei".

"Va bene, ciao Giacomo".

"Ciao Giuliana".

Concluse la telefonata mentre Vittori con una velocità eccessiva accostava bruscamente l'auto. Erano giunti sul luogo.

"Vittori! Non imparerà mai!".

"Siamo arrivati", si limitò a rispondere Vittori.

Giacomo scese dall'auto lasciando dietro di sé una scia di disappunto. Due passi e gli furono incontro gli agenti che erano arrivati sul posto. La Scientifica stava già preparandosi ad operare.

"Chi è entrato di voi?", chiese Giacomo ai due agenti.

"Entrambi", rispose il più rapido dei due, "Non abbiamo toccato nulla. L'uomo è disteso a terra e c'è sangue ovunque".

Giacomo guardò il collega.

"Nulla e ovunque sono termini che sento sempre, poi non è mai così".

"È così questa volta però. Siamo entrati, la porta era aperta. Venga, le faccio vedere".

Giacomo cercò con lo sguardo il responsabile della Scientifica e con un cenno decisero di entrare per osservare la scena del delitto e lasciare poi il campo libero per i rilievi.

Gli agenti avevano ragione: il sangue era visibile anche davanti alla porta.

"Non possiamo entrare, non così", disse Farina della Scientifica, "Qualcuno è entrato o uscito lasciando delle impronte di sangue. È una suola di scarpe. Scarpe di donna".

"Inizia male", si limitò a dire Giacomo ma senza sapere perché. E in quel momento, un brivido lo fece tremare.

Un altro amoreWhere stories live. Discover now