I gemelli

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           Erano le sei e trenta quando Giacomo si fermò sotto casa dei suoceri e suonò il campanello. La voce di Giuliana al citofono fu un fremito di preoccupazione. "Sono io", si limitò Giacomo e si aprì il portone. Vittori si infilò nelle scale dietro di lui, d'accordo nell'evitare le troppe domande di Giuliana.

"Giacomo! Cosa vi è successo, siamo preoccupati! Martha non ha ancora risposto", disse Giuliana sul pianerottolo in una posa militare che stonava un poco con la vestaglia ocra e un paio di ciabatte nere con una fibbia dorata.

"Giuliana, ti prego, c'è Vittori ed abbiamo bisogno di un caffè entrambi. I Gemelli dormono? Elena?".

"E me lo chiedi?! Sono le sei e trenta ed è sabato. Comunque dormono tutti", poi guardando verso Vittori, aggiunse: "Prego, prego, accomodatevi", e Vittori fece quello che era stato convenuto.

"Grazie signora, un caffè soltanto, ma dobbiamo rientrare, il dottore mi ha fatto lavorare tutta la notte e...".

"Certo, certo, subito!", disse solerte Giuliana sopraffatta dalla cortesia per l'ospite che prevalse sulla preoccupazione.

Giacomo guardò Vittori per ringraziarlo, poi per tranquillizzare la suocera pronunciò una bugia debole quanto la crosta di una crema ma la donna non se ne accorse: "Ho sentito Martha ore fa, è a casa, ha il telefono spento, Giuliana ti preoccupi sempre troppo. Tuo marito? Dorme?".

Giuliana rispose dalla cucina e le parole non furono chiare, ma si comprese che al momento oltre alla donna nessuno fosse già sveglio nella casa.

Il caffè arrivò in salotto che era fumante. I due poliziotti si alzarono e presero le due tazzine.

"Fra poco ci sarà il Sole", disse Giacomo indicando la luce arrivare dalle finestre, "io prenderei i bambini e li porterei a casa. Per questo week end niente mare, si sta tutti ad Empoli. Quando Elena si sveglia, se vuole torno qui a riprenderla. Forse lei si è già organizzata con gli amici di qui e non vorrei rovinare qualcosa".

Giuliana lo guardò stupita. Non ricordava un solo week end estivo passato ad Empoli. Fece per dire qualcosa, ma la presenza di Vittori la bloccò.

"Allora, li svegliamo? Vittori ha fretta e deve ancora portarci a casa".

"Ma è presto", provò ad obiettare Giuliana.

Giacomo si era seduto sul piccolo divano vicino a Vittori. Entrambi aveva la tazzina del caffè vuota in mano e come se fossero una squadra di nuoto sincronizzato si alzarono all'unisono per riporle sul vassoio che aveva completato la gentilezza di quel caffè.

"Forse possiamo attendere qualche minuto", disse Vittori.

"No, non se ne parla. Giuliana, ti prego, valli a chiamare, io aspetto qui".

Fu nel momento in cui Giuliana, rassegnata alla volontà di Giacomo, varcò la soglia della camera in cui dormivano i due gemelli che il telefono di Giacomo squillò.

"Pronto, pronto, Martha?".

Dall'altra parte del telefono ci fu soltanto un silenzio, poi la comunicazione si chiuse e il tentativo di richiamare cadde nel nulla perché il telefono risultò nuovamente spento.

Vittori guardò il viso di Giacomo contrarsi e la mascella stringere un boccone che in realtà non c'era. Non ci voleva un poliziotto esperto come Giacomo per preoccuparsi, bastava il marito che era in lui.

"Vittori, andiamo via subito!".

Vittori non capì, e non avrebbe potuto, ma era abituato ai cambi repentini della vita in Polizia, così, senza farselo ripetere due volte, pronuncio con la fretta dell'urgenza: "Io sono sotto".

Giacomo si precipitò nella camera da letto.

Giuliana stava per svegliare Diego e Stefano.

"No, no... devo andare Giuliana, devo!".

La donna per poco non barcollò.

"Ti prego, Giuliana, non dire nulla, non fare nulla. Lascia solo che questa giornata passi, poi, vedrai, arriverà Martha o forse io. Voi però state qui!".

Lasciando la porta di casa dietro le sue spalle, Giacomo comprese quanta inquietudine avesse lasciato tra quelle mura.

"Cazzo. Mille volte cazzo", urlò sbattendo il portone.

Un altro amoreWhere stories live. Discover now