Famiglie

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            Nel bicchiere di Giacomo c'erano le gocce prescritte dal medico. Chiuse gli occhi e per un attimo rimase immobile. Le luci intense dell'appartamento creavano le ombre degli oggetti sui mobili, sul tavolo, sul pavimento. Giacomo portò il bicchiere sulle labbra, le socchiuse per bere il contenuto, poi però non lo fece. Guardò invece fuori dalla finestra. La volante della scorta era sotto casa. Il capo pattuglia si avvide della sagoma di Giacomo e alzò la mano per un saluto. Giacomo cambiò con un gesto.

Assorbì avidamente l'ossigeno intorno a lui ma non gli bastò.

Dopo l'incidente, perché lui così classificava quanto gli era accaduto, l'ansia non lo aveva mai abbandonato.

Guardò l'orologio sulla parete, Martha non era ancora arrivata e sebbene fosse certo che fosse soltanto questione di minuti, l'attesa lo divorava.

Aprì il frigo in cerca di qualcosa da bere, lo avrebbe calmato, pensò.

Scelse una Coca Cola preferendola ad una birra.

La versò direttamente dentro al bicchiere con la medicina prescritta dal medico ignorando l'eventuale mix selvaggio che avrebbe potuto creare.

"Peggio di così", si disse, ed in fondo anche la Coca Cola era nata per essere una medicina.

La sicurezza che aveva sentito di avere e che lo aveva spinto a lasciare l'ospedale sembrava ora essersi disciolta in quel bicchiere.

Sotto i suoi occhi aveva la nota informativa della Polizia sul tentato rapimento di Martha. L'aveva riletta più volte allarmandosi ogni volta.

Tremando, bevve.

La strada che porta ad Empoli scorreva in direzione Pisa e poi avrebbero preso per Pontedera.

Martha era accomodata nei sedili posteriori di una volante della Polizia inviata dalla Questura e in accordo con i Carabinieri.

Si erano accordati subito e nessuno aveva obbiettato alla loro richiesta. D'altronde, fintanto che le cose stavano così, Martha era la moglie di un dirigente di Polizia che era stato oggetto di un agguato, perché è in quel modo invece che quelli della Questura consideravano quanto accaduto a Giacomo, che pertanto lui, come la moglie, appunto, necessitava di una scorta per riportare a casa i due coniugi e proteggerli fintanto che le cose non si sarebbero risolte.

La telefonata tra la Questura e la caserma dei CC non era stata neppure tanto gentile, sebbene il maresciallo Neddu non avesse opposto resistenza. Non ne avrebbe avuto motivo d'altro canto.

L'auto della Polizia sfrecciava veloce.

"Qui Centrale, date la vostra posizione e situazione", gracchiò alla radio una voce decisa.

"Tutto ok, proseguiamo veloce. Superiamo adesso il distributore Q8 sull'autostrada, nulla da segnalare".

"Ok, vi vediamo sul monitor, e confermiamo la posizione".

L'autista, un giovane di trent'anni chiese di accelerare ed il capo macchina acconsentì.

Il lampo della sirena faceva spostare i veicoli che la precedevano con grande anticipo e quando non bastava l'autista lanciava lampeggianti aggressivi e minacciosi.

"Ancora Centrale, avete aumentato velocità, perché?".

"Sempre tutto ok, soltanto la fretta di arrivare".

"Ok, allora avanti così. Poco oltre di voi viene segnalata una Gazzella CC, già avvisata del vostro passaggio. Proseguite senza indugi".

Il silenzio scese per un attimo nell'abitacolo.

Martha sprofondò nel sedile. Ingobbì le spalle. Rifiutò una bottiglia d'acqua, poi ci ripensò e la chiese. Il capo macchina gliela porse con gentilezza e con un sorriso. Stavano scortando la moglie di uno dei poliziotti più importanti della Toscana e ogni attenzione era un dovere che sentivano profondamente. Quella della Polizia, in certi contesti, valeva come una famiglia patriarcale.

"Quanto manca?", chiese Martha dopo un sorso d'acqua.

Il poliziotto in quell'attimo si sentì in difetto di non saper rispondere. Preso dalla missione, per la tensione di non sbagliare nulla, aveva perso la cognizione della strada.

L'autista ne anticipò così la risposta: "Siamo a San Miniato, signora, non manca molto. Ora devo rallentare perché la strada non consente questa velocità, ma faremo ugualmente in fretta".

"Grazie, avrei un favore da chiedere, ma non so se è possibile".

"Dica signora, se possiamo...".

"Stiamo andando a casa mia, ma non so dove siano i miei figli, potete contattare mio marito o la Centrale per favore".

La voce di Martha sembrò una voce esile, distratta perfino, una lama sottile che tagliava l'aria ed arrivava alle orecchie dei poliziotti come un sussurro così delicato che urtando nel campo uditivo dei due uomini scomparve e li confuse allo stesso tempo.

Fu nuovamente l'autista a rispondere, decelerando e riportando la velocità ad un'andatura decisamente più lenta.

"Veramente, signora, dobbiamo portarla a casa e non abbiamo altri ordini. Ma potrebbe chiamare lei stessa, non crede? Se non ha un telefono con sé, potrebbe utilizzare uno dei nostri".

Il capo macchina lo guardò sbilenco, un occhio al collega ed un occhio al viso di Martha per vederne la reazione.

Martha si scosse, capì che avesse pronunciato quella richiesta senza realmente volerlo fare. Aveva espresso un desiderio ma senza volerlo realmente. Imbarazzata, e scossa, prese il telefono dalla borsa, selezionò il numero di Giacomo, ma poi, ancora più inaspettatamente, lo passò nelle mani del capo macchina: "Lo chiami lei, per favore".

A casa di Giuliana i minuti sembravano non passare mai. Elena e i fratelli erano sullo stesso divano a contendersi lo spazio attorcigliati come animaletti.

Giuliana aveva già dispensato caramelle e latte, poi scappellotti, ed infine richiami di ogni genere fintanto che Diego si era addormentato e dopo di lui il fratello.

Elena era rimasta così, nel bel mezzo di quel groviglio, e pur di non svegliarli si era adattata ad una posizione scomoda ma nello stesso tempo invidiabile.

Con una mano accarezzava i capelli di uno, con l'altra poteva stringere il polpaccio dell'altro. Giuliana si avvicinò e con un bacio sulla fronte della ragazza benedì quel fotogramma di una famiglia tanto sconquassata quanto perfetta.

Alla televisione passava uno dei programmi preferiti di Giuliana che commentava i vari passaggi dei conduttori ora con Elena, ora in solitudine, lamentandosi per una battuta un po' sconcia o per una frase che non aveva ben capito.

Sott'occhi l'orologio della cucina che batteva i secondi come le ore, i minuti come i giorni, le mezz'ore come secoli.

"Ma quando si fanno sentire quei due!", scappò dalla bocca della donna.

E come un desiderio che si avvera, squillò il telefono di casa. L'intera famiglia scattò in piedi, gemelli compresi.

"Giuliana, sono Giacomo".

"Mio Dio! Finalmente, ma dove siete stati?!"

"Giuliana, saprai tutto, ma ancora una volta ti chiedo di aspettare un poco. Ho chiesto un favore ai colleghi. Verranno a prendervi e vi porteranno da me. Tutti. Preparatevi subito, ti prego. Martha arriverà tra poco".

"Ogni famiglia resta in piedi e ritorna sempre a casa".

Furono queste le parole di Giuliana per salutare Giacomo, o così parve sentire ad Elena.

Un altro amoreWhere stories live. Discover now