Autogrill

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            Era stato difficile sottrarsi alla richiesta di spiegazioni del poliziotto e del suo responsabile. Avergli ricordato di essere la moglie di Giacomo, loro superiore, non le era servito molto, anzi aveva soltanto peggiorato le cose, ma alla fine il suo mutismo e l'assenza di una spiegazione avevano fatto desistere i poliziotti non senza la richiesta di presentarsi alla sede della Polizia di Stato il giorno dopo per meglio chiarire la situazione. Sì, certo, l'avrebbero dovuta trascinare, pensò.

Esausta, dopo aver parlato nuovamente con i medici circa lo stato di salute di Giacomo, Martha si allontanò dall'ospedale sentendo sulle spalle l'enorme peso che la inchiodava alle sue responsabilità.

Si sentiva sbagliata. Era stata bene con quell'uomo e ciò la faceva sentire ancora più in colpa. L'immagine di lui disteso a terra in quel lago di sangue invase l'intera sua immaginazione e la fece stare ancora peggio. Avrebbe voluto gridare, riempire un bicchiere di gocce di un fiele così dolce e amaro allo stesso tempo, e sparire. Liberarsi così dalla sua colpa presentando a quei poliziotti i fatti così come erano accaduti. In fondo, pensò, non aveva fatto nulla di male. Era fuggita, ma solo perché si era spaventata per una situazione che certo non avrebbe dovuto saper gestire. Una reazione umanamente accettabile e spiegare. Ma l'avrebbero creduta?

Una risposta non proprio scontata. E comunque ormai era tardi, tutto quel tempo che era passato come avrebbe potuto giustificarlo?

Martha avrebbe preso a pugni il muro, distruggersi le mani e spargere sangue sulla faccia. Farsi male, provare un dolore fisico, ed invece sentiva il mondo andare avanti senza tener conto di lei. Di quello che avrebbe dovuto fare e, soprattutto, di quello che aveva fatto senza saperlo come gestire. E non si riferiva alla fuga, ma alla sua debolezza che l'aveva fatta anelare a quell'incontro di sesso, perché di quello si era trattato e di null'altro.

Ma le avrebbero creduta?

No, si rispose, il mondo avrebbe realmente continuato ad andare avanti senza tener conto di lei. E l'avrebbe schiacciata a terra, proprio come aveva riservato a quell'uomo.

Come si chiamava?

Oddio, neppure lo ricordava, si sforzò a ricordarlo ma ora nella sua mente c'era la voce della telefonata a darle l'obbligo di spostarsi verso l'indirizzo dettato a memoria e che l'attendeva.

Lasciato l'ospedale, salendo sulla sua auto fece per mettere in moto, ma il dito che si apprestava verso il bottone "start" non seppe compiere quel semplice gesto.

Tremava come una foglia. Vedeva quel sangue, pensava alla sua scelta così egoista che l'aveva fatta fuggire, senza coraggio. Sangue sopra il pavimento. Gli occhi tristi di quell'uomo che sembrava guardarla. Ci rivediamo? Aveva detto così prima di infilarsi nel bagno? Martha non ricordava neppure quello. O forse aveva detto, "Ci rivediamo" senza mettere il punto interrogativo, una promessa, un'intenzione, un invito certo. Come era effimero tutto ciò, l'ultima cosa detta, l'ultimo gesto. Sangue sul pavimento. Pietro? Aveva detto? Ma cosa importava adesso.

Tremavano le mani, tremavano i piedi, fremiti di paura e fremiti di dissapore verso se stessa.

Poi, fu un attimo, una frazione di indecisione, e un uomo che indossava occhiali scuri entrò in auto spaventandola a morte.

"Ma che...".

"Stai zitta, non un gesto. Metti in moto con calma e vai avanti piano. Hai capito?".

A lei si fermò il battito, rimase immobile e non rispose. Allora l'uomo mise in moto l'auto al suo posto. Sbloccò il cambio automatico mettendolo in posizione di marcia e l'auto si mosse in avanti piano. L'uomo mise la mano sinistra sul volante per correggere la direzione.

Un altro amoreWhere stories live. Discover now