La mafia

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            A luglio, sull'altipiano fa un caldo barbaro. Le sere sono anche peggio, non un alito d'aria. Figuriamoci un trenta luglio pieno. E poi dentro ad un bar che all'annuncio del condizionatore aveva risposto "non serve" ed alla proposta di finestre aveva sentenziato "poche". Ed era così brutto rappresentava bene le persone che lo frequentavano e non era proprio il caso di essere meglio di così. Eppure anche in quel luogo infame i telefoni squillavano.

Anche quelli con le SIM della Svizzera.

"È Italo".

Non sembrava fosse una buona notizia.

"Rispondi", disse il mafioso con la bocca pieno di pane e vino, "Vediamo se tenevi ragione".

"Pronto, dimmi".

"Fatto".

"Fatto?! Che-minchia-mi-dici!", in una sola parola tutta attaccata. Poi l'uomo aggiunse, "Parla!".

"Meglio di no, no?".

"Italo, sono con Nico, qualcosa dimmi".

"L'ho tamponato".

"Ma che vuol dire? Cosa hai fatto?!"

"L'ho speronato, colpito, andato a pezzi!".

"Cos'hai fatto? Lo hai ucciso?!".

"Non lo so".

"Italo...", ma Italo lo interruppe.

"È stato un casino ed è mancato poco, sì insomma sono arrivati i carabinieri subito dopo e sono andato via di corsa, credo, ma, forse l'ho ammazzato, la macchina è distrutta, minchia".

Le elementari nozioni della grammatica italiana non erano la base per il reclutamento tra quei mafiosi.

"Italo, ti avevamo detto di non fare nulla, di fare soltanto l'altra cosa".

"Ma c'è stata l'occasione e..."

"Italo-ma-vaffanculo, ora devo salire io".

Non servirono molte spiegazioni al capo mafia, un caldo di merda, pensò, ed aveva ragione anche sull'altra cosa che aveva detto prima: convincere un testardo era tempo perso. "E anche un cretino", aggiunse l'uomo per i posteri e lo disse nella sua lingua incomprensibile.

Italo?

Avrebbe fatto meglio non tornare al paese.

Almeno per un po'.

Che tanto in quel caldo si sarebbe sciolto.

Il Secco sarebbe salito a sistemare le cose.

Questo era certo.

Almeno uno tra quelli aveva studiato.

Un altro amoreWhere stories live. Discover now