Verso la verità

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             Fu una colazione silenziosa come la sera precedente. Giuliana si era messa in cucina a preparare il latte per i gemelli e a spennellare marmellata sui biscotti. Una normalità apparente solamente interrotta da facce che avevano evidentemente dormito assai poco. In quella notte tutti sembravano essere invecchiati di un po', perfino i gemelli si erano svegliati con un paio di anni in più ed avevano perso le tracce di quel loro essere bambini.

"Io rimango qui", disse Giuliana, "E anche loro", aggiunse alludendo chiaramente ai gemelli.

Nessuno rispose, era nella logica delle cose.

Giacomo guardò l'orologio.

"È tra poco", si limitò a dire.

Elena sparì nella sua camera.

Martha in bagno.

Giacomo invece era già pronto.

Un po' del surreale c'era. Va detto. Ma la vita è anche questo. Non una linea dritta per forza.

Ben vestiti, come si va ad una domenica a fare colazione e ad incontrare persone, salutarono i gemelli e Giuliana e si chiusero la porta alle spalle.

Arrivarono al portone. Giacomo fece strada. Madre e figlia non si erano ancora parlate dalla notte precedente, ma camminavano a fianco a fianco, quasi unite.

I poliziotti della volante, nel vederli, uscirono dalla volante a disagio per non essere stati avvisati del loro arrivo. Giacomo si avvicinò a loro scusandosi.

"Ma che dice, dottore, ci mancherebbe", rispose il collega più anziano.

"Andremmo a fare colazione proprio qui dietro. Forse potremmo evitare di essere scortati", chiese alludendo alla necessità di un po' di privacy, ma sapendo bene quali fossero gli ordini a cui i colleghi dovevano stare.

"Dottore, le chiedo scusa, ma sa meglio di noi che non è possibile. Se non fosse di premura, potremmo chiamare un servizio in borghese, più discreto, ma non mi chieda di lasciarla andare senza di no, proprio no, non è possibile".

Giacomo sollevò le mani, si scusò una seconda volta, provò ad insistere, ma dovette accettare.

"Sembra che dobbiamo attendere l'arrivo di colleghi in borghese, avrei dovuto avvisare", disse Giacomo a Martha e ad Elena, "Ci vorrà poco".

E mentre uno dei due poliziotti era già alla radio, l'altro si avvicinò ad Elena riempiendo il tempo di complimenti che, seppur non richiesti, ebbero il merito di non lasciare che il vuoto dell'imbarazzo.

"Ci dovete scusare signora", disse l'uomo, "e anche lei signorina", disse sorridendo, "sapete com'è, dobbiamo, dobbiamo", si giustificò.

Martha cercò di mostrare gratitudine, ed Elena si sforzò di fare Altrettando.

In aiuto accorse la notizia che i minuti d'attesa sarebbero stati davvero pochissimi perché una volante in borghese non era che a pochi isolati e che stava giungendo.

Ed infatti, il tempo di ancora qualche parola di circostanza e un'auto senza insegne sopraggiunse accostando proprio davanti a loro. Ne scesero due poliziotti che Giacomo conosceva, perché in fondo li conosceva davvero tutti, o quasi.

"Andiamo proprio qui dietro, se volete unirvi, andiamo a fare colazione", disse Giacomo ed avviandosi aggiunse che avrebbero incontrato una persona che conoscevano.

"Nessuno problema, dottore" ed il gruppo si incamminò scortato dai due poliziotti.

Il marciapiede che accompagnava il caseggiato era sufficientemente ampio per ospitare anche cinque persone allineate, ma i due poliziotti si erano disposti per camminare alle spalle della famiglia, il primo, mentre il secondo camminava sulla strada a filo della auto parcheggiate. Quello sulla strada aveva la pistola nella mano destra tenta lungo il fianco e per quanto possibile non in vista.

Giacomo guardò la figlia che gli si strinse al braccio. Martha allungò la mano e Giacomo la prese.

"Si risolverà tutto", disse Giacomo e nessuno rispose.

Un'auto passò veloce, seguita dalle moto, e la voce di Giacomo si spense.

Victor aveva scritto a chiare lettere che sarebbe stato in quel bar tutta la mattina e che avrebbe atteso. Non rimaneva che allungare il passo.

Un altro amoreWhere stories live. Discover now