Il passato e il presente

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            I medici avevano formulato una prognosi definitiva e Giacomo poteva essere considerato fuori pericolo. Presto avrebbe lasciato l'ospedale. "No, non oggi, non domani, nei prossimi giorni", aveva detto il primario ad un Giacomo insistente e consapevole delle sue attuali forze. Ma di restare lì inerme, non ne voleva proprio sapere, neppure un minuto in più, era ora di agire.

"Dottore, la prego, mia figlia è preoccupata. Mia moglie... e poi ho due figli più piccoli che sono dalla nonna da qualche giorno. Devo uscire da qui".

"Glielo già detto, mi dispiace, devo trattenerla. I traumi che ha subito sono sotto controllo, ma la vorrei vedere ancora per qualche giorno, solo così sarei sicuro di poterla dimettere".

"La prego", disse Giacomo con un'implorazione.

"Ha bisogno di stabilizzare il suo stato di salute, di riprendere le forze, mi creda, non lo direi se non pensassi che fosse strettamente necessario", rispose il medico.

"Lo capisco, dottore, ma potrei tornare ogni giorno per i controlli, le garantisco che seguirei tutte le sue indicazioni. E poi, non sarò mai da solo. Per qualunque problema, in un attimo mi riportano qui".

"Non insista, la prego, so che lavoro fa, e proprio non posso esporla ad un possibile problema", disse il medico, che poi proseguì: "questione di giorni, le prometto che mi occuperò personalmente di lei e che non rimarrà neppure un giorno in più del necessario".

Giacomo guardò il medico. Era alto, le braccia robuste e le mani grandi. Gli occhi scuri, capelli folti, il viso un poco scavato dal lavoro, determinato, sicuro di sé.

Giacomo sorrise, le parole che seguirono sorpresero il medico: "Dottore, lei non ha mai mancato un appuntamento importante e se ne è pentito?", disse Giacomo sempre piantando lo sguardo sul medico.

"Un appuntamento?", poi, con una pausa tra una frase e l'altra, "Che tipo di appuntamento?".

Giacomo, che fino a quel momento era rimasto disteso sul letto, scostò le lenzuola con un gesto secco e si mise a sedere sul bordo.

"Un appuntamento, di lavoro, con un amico, con una donna, con un figlio. Uno qualunque, uno di quelli che conta esserci andato".

Il dottore posò le cartelle cliniche nelle mani di un'infermiera che sembrava bloccata come una statua.

"Dovrei pensarci, la mia vita è poco vibrante credo che la deluderei, perché me lo chiede?".

Giacomo rispose alla domanda, lo fece con una considerazione che sorprese ulteriormente il dottore che si ritrovò nel bel mezzo di un racconto personale senza averlo programmato e senza averlo voluto, ma provando interesse sincero per le parole che seguirono.

"A me è capitato", iniziò con una voce seria ma anche serena, "ricordo bene quel giorno. C'era la nebbia. Guidavo veloce su una statale. Pensai di utilizzare la sirena della Polizia per illuminare meglio la strada, ma non sarebbe servito, così rinunciai.

Poche le case lungo la carreggiata, pochi anche gli alberi, tutto scorreva ai bordi della strada senza lasciare alcuna traccia per la scarsa visibilità.

La nebbia dalle parti di Lavello, tra la Puglia e la Basilicata, alle quattro del mattino, può essere intensa come quella di Milano. Anche se è una nebbia diversa, sa di buono, quella di Milano affatto. Comunque è nebbia, e per guidare veloce non è una buona compagna".

Giacomo fece una pausa per assicurarsi che il medico fosse ancora in ascolto. Il medico era in totale ascolto, incollato alle labbra di Giacomo.

"Dove andava a quell'ora?".

Un altro amoreWhere stories live. Discover now