Sottrarsi

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            Il rumore metallico era ancora presente nella memoria di Giacomo. Ricordava lo schianto, la rotazione fulminea dell'auto e l'impatto degli air bag sul viso e sul corpo; il colpo d'occhio che gli aveva permesso di abbassarsi all'ultimo istante per evitare che il palo d'acciaio posto a bordo della strada completasse il disastro. Non aveva mai perso i sensi, e ricordava tutto, insomma.

Ma non ricordava di aver visto Vittori estratto dall'auto.

Quello che non sapeva, era che i pompieri erano arrivati in mezz'ora, materializzandosi nelle loro tute pesanti e in fondo molto più leggere delle loro preoccupazioni. Poi, le autoambulanze fiammeggianti di blu erano sopraggiunte poco dopo le volanti della Stradale.

È chiaro, allora, che non potendo conoscere i dettagli e tutte le cose, Giacomo avesse moltissime domande senza risposte e tutte logicamente sufficienti a metterlo in uno stato di agitazione.

Con la poca forza che gli rimaneva, tastò il letto, ma di più non riuscì a fare. Gli occhi chiusi, un prurito al viso che si affacciava beffardo a peggiorare le cose. Fosse stato un canguro, pensò in quel momento, si sarebbe elevato sulla possente coda per balzare fuori dal letto e dire: "Vabbè, e allora? Io ho anche la coda a sostenermi!"

Ma che Giacomo non fosse un canguro era fin troppo chiaro, e poi l'Australia non l'aveva mai vista, e va detto che a proposito di saper saltare, da giovane, era stato anche un campione, capace di salti anche oltre i sei metri e mezzo senza però mai diventare davvero un atleta professionista. Ed era proprio per questo che lo portò a pensare che a saper saltare come un canguro gli avrebbe fatto comodo in quell' adesso così complicato, ed invece constatò di poter muovere appena le dita delle mani. E che forse non avrebbe neppure mai più saputo saltare e neppure camminare. E non avrebbe mai visto l'Australia, e ciò, inspiegabilmente, lo fece soffrire come per le sue gambe immobili.

Conoscendolo, seppur in quello stato di veglia non veglia, cosciente ed incosciente allo stesso tempo, non si sarebbe mai arreso: per quanto lo riguardasse, l'incidente lo aveva appena scalfitto ed in Australia ci sarebbe andato con il cipiglio di chi la rivincita la gusta fino in fondo.

Certo, c'era la commozione cerebrale a tenerlo in quel letto sedato e con le giuste preoccupazioni dei medici.

L'ematoma non creava più i timori iniziali ed infatti Giacomo aveva ripreso a pensare e, forse, il fatto di immaginarsi un canguro non fosse certo un pensiero molto razionale, guai a dare torto a chi si può permettere ancora di sognare. Anche in quelle condizioni.

Che poi non era stato soltanto un gran saltatore. Era stato anche veloce, nei cento metri e pure nei duecento. Tanto da lasciare più che un rammarico quando aveva deciso di lasciare tutto per entrare in Polizia, la sua vera vocazione, questo va sottolineato. Un poliziotto tutto di un pezzo.

Negli anni al servizio dello Stato, lui ci credeva ancora nonostante le esperienze potessero anche suggerire altro, Giacomo aveva girato mezza Italia ottenendo risultati in tutto ciò per cui era stato incaricato. Forse pure troppi, ed infatti prendere mazzate non era certo abituato. E sì che gli era capitato di perdere e di portare a casa insuccessi, ma il saldo delle cose, dei vinti e degli sconfitti, del credere nella sua vocazione e nell'abbandonarsi alla frustrazione, era sempre stato a suo favore. Poi, quando lo avevano trasferito in Toscana, era stato nominato capo dell'omicidi e, non è una contraddizione, aveva iniziato a rischiare personalmente meno. Arrivava che il morto c'era già, così diceva per spiegare questo concetto non proprio scontato.

La nascita dei gemelli, e prima ancora l'amore per Martha, lo avevano obbligato a riflettere e, sì era duro ammetterlo a se stesso, si era fatto più prudente e l'incarico alla Questura di Firenze lo aveva messo al riparo dai pericoli corsi negli anni precedenti.

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