Quanto Basta

9 2 0
                                    


            Giacomo aveva chiesto a Vittori di rientrare ad Empoli mettendo in mostra il meglio di sé e questo, preso dall'euforia da prestazione, aveva ubbidito rendendo partecipe il superiore le sue intenzioni ad ogni tratto di strada.

"All'incrocio, mi fermo, ma solo un attimo, controllo e volo via".

Giacomo non aveva risposto, ma aveva compreso che, nonostante la sirena, buttarsi sulla regionale senza dare precedenza non sarebbe stata una grande idea.

"Eccoci, ora mollo tutto, se lei non ha problemi, sì, insomma, io vado".

E anche in quel momento Giacomo non disse nulla, sebbene la sua preoccupazione avesse raggiunto il massimo livello possibile.

Martha non aveva risposto né alla prima telefonata, né alla seconda. La chiamata che aveva ricevuto non era affatto una nota positiva della giornata.

Giacomo cercava di calmarsi massaggiandosi le mani, "poteva anche essere partita inavvertitamente", ipotizzò ingannandosi per un istante.

"Questo non si sposta, spostati!", urlò Vittori ad un furgone che tentava già da un po' un sorpasso su quella strada a due corsie. "No, dico, le sirene le vedi? Le senti? E quell'altro coglione non rallenta...e fallo passare!"

Giacomo osservò la situazione.

"Se non rallenta, Vittori, li mette in difficoltà, non vede che quello non accelera perché teme di superare il limite di velocità con un'auto della Polizia proprio dietro di lui, e l'altro, "il coglione", come lo ha definito lei, non rallenta perché non ha capito la situazione".

Vittori valutò il suggerimento. Innervosito, anziché rallentare, provò una manovra assurda, vedendo i due allargarsi rispettivamente a destra e a sinistra, tentò di passare in mezzo alle due auto.

"Attento!", la voce di Giacomo strozzata dall'improvvisa manovra di Vittori.

"Ci passo, ci passo".

"Non c'è spazio, rallenti per Dio".

"Ve n'è, quanto basta!", disse Vittori, ma in quell'attimo stesso, il furgone sbandò e Vittori fu costretto a correggere la manovra riducendo la velocità e urlando nivamente contro un'ipotetica responsabilità che non fosse la sua.

E poi, proprio quando la situazione sembrava essersi risolta, tutto cambiò repentinamente: un'auto che giungeva da dietro a velocità sostenuta piombò sulla scena che già era complicata e con lo spigolo anteriore colpì lo spigolo posteriore dell'auto dei poliziotti creando una carambola di auto e di vite sospese ad un filo.

Il rumore della frenata violenta imposta da Vittori cancellò tutto d'un tratto, come se le luci di uno stadio si fossero spente nel medesimo istante e poi riaccese creando uno scompiglio visivo. Poi, lo SBAM della carrozzeria contro il guardrail ad azzerare nuovamente la luce e l'intorno tutto in un unico reset visivo.

Giacomo, sorpreso, perse il controllo del proprio corpo. Batté violentemente contro il sedile anteriore, poi contro quello posteriore, ed intanto gli airbag esplodendo creavano il caos totale.

Nessun pensiero attraversò la mente di Giacomo.

Anzi, uno sì.

Vittori lo avrebbe finito con le sue stesse mani; lo avrebbe afferrato per il collo e schiaffeggiato. Poi con la cura di un karateka lo avrebbe affettato in piccole parti uguali e lo avrebbe disteso su un tavolo apparecchiato per una festa: "Ecco il corpo di Vittori, venite e mangiatelo tutti!".

Lo avrebbe fatto, giurò a se stesso.

Ma prima avrebbe dovuto sopravvivere.

"Non sto bene per niente", disse ma non seppe a chi le stesse dicendo.

Poi perse i sensi.

Un altro amoreWhere stories live. Discover now