𝓒𝓪𝓹𝓲𝓽𝓸𝓵𝓸 34

2.6K 120 16
                                    

"𝐂𝐰𝐭𝐜𝐡: 

𝐒𝐢𝐠𝐧𝐢𝐟𝐢𝐜𝐚 𝐥'𝐚𝐛𝐛𝐫𝐚𝐜𝐜𝐢𝐨 𝐢𝐧 𝐜𝐮𝐢 𝐜𝐢 𝐬𝐞𝐧𝐭𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐩𝐫𝐨𝐭𝐞𝐭𝐭𝐢,

𝐢𝐥 𝐩𝐨𝐬𝐭𝐨 𝐬𝐢𝐜𝐮𝐫𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐜𝐢 𝐝à 𝐥𝐚 𝐩𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐜𝐢 𝐚𝐦𝐚.

𝐄' 𝐮𝐧 𝐩𝐨𝐬𝐭𝐨 𝐢𝐧 𝐜𝐮𝐢 𝐧𝐢𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐭𝐢 𝐭𝐮𝐫𝐛𝐚,

𝐧𝐢𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐭𝐢 𝐟𝐞𝐫𝐢𝐬𝐜𝐞, 𝐧𝐢𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐩𝐮ò 𝐜𝐨𝐥𝐩𝐢𝐫𝐭𝐢"

『♥』

Venni letteralmente travolta dai ragazzi, in particolare, il primo a corrermi incontro e ad alzarmi da terra da quanto era contento di rivedermi, fu Tiziano. Mi stringeva così forte che, se solo avesse voluto, mi avrebbe piegato le costole. Vidi gli altri saltare sul posto, sembrava quasi avessi vinto qualcosa, quando in realtà ero solo appena ritornata in casetta. Kumo mi rimise a terra prendendo di fretta le mie valigie, mentre gli altri, uno alla volta vennero a salutarmi, chi più emozionato dell'altro e chi meno. 

«Ragazzi, non voglio smorzare l'eccitazione del momento, ma questa puzza di sigaretta mi sta uccidendo», dissi tappandomi il naso con la mano, cercando di trattenere un colpo di tosse. Matthew urlò a tutti di buttare i mozziconi di sigaretta e di spegnere quelle già accese, almeno fino a quando non sarei entrata dentro l'abitacolo e così, con una velocità mai vista da parte loro, il cortile tornò presentabile. Tirai fuori dalla tasca del giubbotto l'inalatore e lo spruzzai in bocca, sentendone, comunque la necessità. 

Gaia era sul punto di mettersi a piangere quando incrociò il mio sguardo, mi mise le bracci attorno alle spalle e io ricambiai l'abbraccio avvolgendole il busto.

«Mi ero già rassegnata», singhiozzò lei nascondendo il viso tra i miei capelli. Intenerita da quel momento, le accarezzai la schiena con una mano. Anche Lucia si unì all'abbraccio stringendo me e Gaia, poi si allungò lasciandomi un bacio affettuoso sulla guancia.

«Sono contenta che tu sia tornata», rispose col suo accento tipico americano. Io le sorrisi, ero contenta di rivedere le mie amiche e compagne di stanza. Quando sciogliemmo l'abbraccio, il mio sguardo vagava ovunque in cerca di qualcuno, possibile che non fosse venuto a salutarmi?

I ragazzi iniziarono a farmi domande, venne anche il nuovo arrivato a presentarsi, un pezzo di cristiano di 21 anni alto il doppio di me - circa -.

«Mattia, ma puoi chiamarmi Malia», lui allungò la mano nella mia direzione.

«Emanuela, ma puoi chiamarmi Emy. Piacere di conoscerti», abbozzai un sorriso ricambiando la stretta di mano, poi, mi rivolsi ai miei compagni che non smettevano di farmi domande, «possiamo posticipare le domande a un altro momento? Per favore», cercai di non sembrare scortese, ma in quel momento volevo vedere solo e un'unica persona: Joseph.

Giovanni mi si avvicinò, «lo so che lo stai cercando, è in camera, si sta guardando un film», ringraziai il ballerino di latino ed entrai in casetta lasciando il giubbotto su una sedia per poi dirigermi verso la stanza blu, percorrendo il corridoio delle scalinate. Afferrai la maniglia e l'abbassai lentamente non volendo fare troppo rumore, magari si era appisolato. 

Infilai la testa dentro la stanza, lo vidi mezzo sdraiato sul letto di fondo con il tablet sul grembo con su scritto dietro "Giovanni" - non era chiaramente il suo - e gli auricolari nelle orecchie, girò appena il capo nella mia direzione, poi tornò a guardare lo schermo, per poi tornare a guardarmi di scatto, come se fossi un miraggio. Sorrisi a quella reazione, così entrai in stanza chiudendomi la porta alle spalle mentre lui si toglieva di fretta e furia gli auricolari e il tablet di dosso, scese da quella costruzione articolata di letti con un balzo e si precipitò da me con un sorriso che andava da un orecchio all'altro. 

𝔇𝔞𝔪𝔪𝔦 𝔲𝔫𝔞 𝔰𝔢𝔠𝔬𝔫𝔡𝔞 𝔭𝔬𝔰𝔰𝔦𝔟𝔦𝔩𝔦𝔱à ♥ 𝓗𝓸𝓵𝓭𝓮𝓷Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora