𝓒𝓪𝓹𝓲𝓽𝓸𝓵𝓸 59

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"𝐋'𝐢𝐩𝐨𝐜𝐫𝐢𝐬𝐢𝐚 è 𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐧𝐚 𝐦𝐚𝐥𝐚𝐭𝐭𝐢𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐭𝐢 𝐟𝐚 𝐜𝐫𝐢𝐭𝐢𝐜𝐚𝐫𝐞 𝐢 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐨𝐫𝐭𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐮𝐢,

𝐬𝐚𝐥𝐯𝐨 𝐩𝐨𝐢 𝐢𝐦𝐢𝐭𝐚𝐫𝐥𝐢."

『♥』

La mattina dopo mi svegliai presto, come mio solito - nonostante avessi in corpo poco più di 5 ore di sonno - Lucia e Martina dormivano ancora mentre Gaia era sul dormi veglia, dopo la palestra sarei passata in sala dalla maestra per parlare delle nuove esibizioni da portare per la settimana dopo. Quando andai in cucina, sentii del movimento e del borbottare provenire dal ripostiglio, notai la porta finestra aperta e un odore di fumo stantio pervadere l'ingresso. Iniziai a tossire portandomi una mano davanti alla bocca per coprirmi il naso da quel puzzo insopportabile. 

La testa di Simone sbucò di corsa dal corridoio con in mano scopa, paletta e una busta di plastica sotto braccio, sembrava parecchio infastidito per essere solo le 7 del mattino. Mi stava già mancando l'aria. 

«Emy chiuditi in qualche stanza, ci metto 10 secondi a buttare questa merda nella spazzatura. Non capisco perché ci riduciamo sempre a questo porcile», seguii il suo consiglio senza lamentarmi, anche perché non avevo troppa scelta. Tornai di corsa nella stanza verde per prendere l'inalatore che stava sul mio comodino mentre tossivo e annaspavo in cerca di aria, maledetto fumo, mi bruciava la gola. Mi chiusi in bagno per non fare troppo rumore e aspettai qualche minuto prima di uscire e raggiungere Simone con il mio salvavita stretto tra le mani. 

«Non si può continuare così, cosa costa buttare il mozzicone di sigaretta nella spazzatura invece che aspettare che siano gli altri a farlo?», dissi mentre mi avvicinavo al balcone della cucina notando quanto disordine ci fosse, nonostante io, lui, Sofia, Nicholas - e una spazzata per terra di Mida - ci fossimo messi a fino a quasi mezzanotte a ripulire tutto. Non feci subito colazione, ma mi misi con lui a riordinare sentendo l'effetto del farmaco aprirmi i polmoni.

«Mi sono rotto i coglioni di sistemare il mondezzaio degli altri, non è possibile che in neanche 8 ore ci sia di nuovo casino», Simone gettò arrabbiato della carta appallottolata nella spazzatura, quando notai in cortile e sul tavolo lungo il corridoio, non una, non due, ma bel tre tazze in ceramica, tra queste riconobbi quella che Lil regalò a Joseph per natale. 

Mi avvicinai e sentii un odore di camomilla, così come nelle altre due che recuperai da sotto le panche e le appoggiai sull'isola, «di chi sono queste?», chiesi venendo affiancata dal biondo.

«Di Mida», rispose lui scocciato.

«Tutte e tre?»

«Sì», lui allungò una mano per prenderle, ma io lo fermai allontanandogliele.

«Non provare a lavargliele, se vuole fare colazione se le lava. Ogni volta usa le tazze degli altri perché non ha voglia di lavarsi le sue o perché non le trova mai, adesso basta. Gli altri non devono saltare la colazione perché sta a sporcare tutte le tazze. Lasciagliele qui sul balcone, adesso pensiamo a noi», non era possibile, ogni giorno sempre la stessa storia, Cristian aveva questo vizio di lasciare per casa la sua maledetta camomilla, perdeva la tazza, e quando si ritrovava, il fondo di essa risultava ormai appiccicoso. 

Simone annuì sbuffando, era stanco quanto me di quella routine che andava avanti da mesi. Se fossi stata l'unica a svegliarsi, probabilmente non sarei riuscita a mettere piede in cucina fin quando qualcun altro non si sarebbe svegliato e avrebbe ripulito il cortile dalle sigarette ormai spente, per la cronaca, la portafinestra a detta di Simone, non era neanche chiusa. C'era freddo, ma per far circolare l'aria da quell'odore, decidemmo di lasciare la porta d'ingresso spalancata così che l'aria all'interno della casetta potesse ripulirsi. 

𝔇𝔞𝔪𝔪𝔦 𝔲𝔫𝔞 𝔰𝔢𝔠𝔬𝔫𝔡𝔞 𝔭𝔬𝔰𝔰𝔦𝔟𝔦𝔩𝔦𝔱à ♥ 𝓗𝓸𝓵𝓭𝓮𝓷Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora