Capitolo 20

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Dopo aver passato il resto della mattinata a prendere il sole, un buon pranzo, un pomeriggio tranquillo interrotto solo dalle lamentele continue di Edoardo sulla nostra scommessa, posso dire di non essere nella pelle per la sua penitenza. È stata una cagata che mi è venuta in mente all'ultimo; ma la sua espressione quando ha capito che avrebbe dovuto farla lui, non ha avuto prezzo.

Ora mi ritrovo davanti all'armadio in mutande e reggiseno per decidere cosa mettere.

Dopo il pranzo davvero esagerato e l'aperitivo di questo pomeriggio preso in spiaggia, sia io che Edoardo abbiamo optato per prendere qualcosa di molto più leggero per la cena. Così, quest'ultima, è stata pressappoco insignificante prima che entrambi raggiungessimo la nostra stanza per cambiarci.

Ci siamo dati appuntamento alle 22 nella hall dell'albergo; ma so già che lui non sarà mai puntuale, così non ho molta fretta nemmeno io.

Passo a setaccio quasi tutto l'armadio, realizzando che non ho voglia di indossare nessuno dei vestiti che mi sono portata. Così, prendo un paio di pantaloncini neri a vita alta, abbinandoli ad una camicetta bianca che mi piace particolarmente. Strano. È difficile trovare qualcosa che, nel momento del bisogno, piaccia. 

Ho comprato io stessa la maggior parte dei vestiti che posseggo, eppure, quando devono convincermi non lo fanno mai. Che stregoneria è questa?

Guardo il risultato allo specchio e mi sembra accettabile.

Invece delle zeppe, questa volta, opto per un paio di sandali senza tacco. Non ho voglia di stare sui trampoli.

E, invece, per i capelli decido di raccoglierli in una coda di cavallo in modo tale che non mi facciano caldo e non rompano troppo i coglioni.

Quando il risultato è completo, prendo la borsetta a tracolla ed esco dalla stanza.

Mentre scendo nella hall inizio a canticchiare un motivetto che sicuramente è il ritornello di qualche canzone; ma non riesco a ricordare quale. Non appena si aprono le porte dell'ascensore e io vi esco, noto che Edoardo mi sta già aspettando.

Guardo l'orologio e controllo di non essere in ritardo.
21:56.

"Edoardo Vezzosi in anticipo di quattro minuti? È per caso un miracolo?"
Chiedo con tono palesemente sarcastico, mettendomi una mano sul petto con fare teatrale mentre mi avvicino.

Lui si alza in piedi dalla poltrona sulla quale era seduto, facendomi chiedere come diamine è possibile che stia bene con qualsiasi cosa. I pantaloni fino al ginocchio in Jeans sono perfettamente abbinati alla camicia bianca a maniche corte. Deve pur esserci qualcosa che gli stia male, cavolo!

"Ha ha ha, che simpatica. Andiamo?"

"Sei davvero così impaziente di pagare pegno?"
Domando, sapendo benissimo che lui, in realtà, non ha la minima voglia di portare a termine questa scommessa.

In risposta mi guarda malissimo prima di prendermi per mano e trascinarmi velocemente all'esterno della struttura.

"Capisco che tu abbia molta voglia di fare questa penitenza; ma vorrei arrivarci anche intera nella via del locali"
Borbotto, lasciando la sua mano ed iniziando a camminare molto più lentamente.

Se fossimo andati avanti così sarei riuscita a slogarmi una caviglia anche senza tacchi.

"Ti diverti molto a prendermi per il culo?"
Chiede Edoardo, iniziando a seguire il mio passo per starmi accanto.

"In questo momento, moltissimo"
Affermo fiera, sorridendogli.

Camminiamo relativamente piano e in silenzio per tutto il tragitto e, non appena arriviamo all'inizio della via, mi fermo girandomi verso di lui.

Si scrive errore ma si legge amoreWhere stories live. Discover now