Epilogo.

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Si sa, le cose non vanno mai cose ci si aspetta. Accadono cose che rovinano i piani, accadono cambiamenti che sono impossibili da non prendere in considerazione. Cambiano le strade da percorrere, cambiano i progetti per il futuro, cambiano le persone, cambiano i sentimenti, cambiano le prospettive. Cambia tutto.

«Harry tu non puoi capire quanta gente c'era. Le mani hanno tremato per tutta la durata del concerto» l'unica cosa che non cambiava, però, era la poca autostima che Ed Sheeran aveva nei suoi confronti.

«Erano soltanto novantamila persone» commentò Harry, mordendosi le labbra per trattenere una risatina. "Soltanto novantamila persone" l'aveva detto sul serio? Difatti, Ed lo guardò incredulo ed Harry non poté non scoppiare a ridere, in quel momento, facendo ridacchiare anche la bambina seduta sul seggiolone.

«Spero tu stia scherzando, perché altrimenti il problema è molto più che grave» ribatté il rosso, avvicinando un dito alla manina della bambina, che subito venne stretta dalle sue dita piccine.

«Ovvio che sto scherzando» ammise, il riccio, sollevando il cucchiaino di fronte il viso della bambina, esibendo una faccia buffa che la fece sorridere e aprire la bocca non appena il cucchiaino fu vicino ad essa, ingurgitando l'omogeneizzato alla mela. Se solo Harry pensava che schifezza le stava dando da mangiare, si sarebbe fermato all'istante.

«Dico solo che, in confronto alle novantaquattromila persone che c'erano qui al Rose Bowl, non sono niente» disse, scrollando le spalle.

«Ma stiamo parlando dell'Inghilterra, Harry!»

Il riccio corrugò la fronte e spostò lo sguardo su di lui. «Stai forse rinnegando la tua patria?» lo prese in giro, sollevando un sopracciglio.

Ed sbuffò e guardò la bambina, scuotendo la fronte. «Beth, tuo padre è un vero idiota.»

«Ehi!» s'imbronciò Harry, quando la bambina rise, agitando entrambe le gambine.

«Qui non si tratta di rinnegare nessuna patria, Harold.»

«Non chiamarmi in quel modo!» lo rimproverò, fulminandolo con lo sguardo.

Ed sollevò entrambe le braccia, come a scusarsi, sapendo che con quel soprannome poteva chiamarlo solamente una persona, ed era meglio non intavolare quella conversazione. «Si tratta, più che altro» riprese «del fatto che era la prima volta che mi esibivo in Inghilterra, e lo sai quanto sono stato in ansia e quanto abbia lottato con la mia casa discografica per non far mettere la data al Wembley» aggiunse, incrociando le braccia al petto.

«E sai anche quante volte tutti ti abbiamo detto che sarebbe andato tutto bene, giusto? Infatti, così è stato» Bethany si lamentò, non ricevendo più alcuna cucchiaiata di omogeneizzato, così Harry si affrettò ad accontentarla.

«Tutti tranne uno» Ed sospirò tristemente ed abbassò lo sguardo.

«Ed, ti prego..»

«Non posso farci nulla, H.»

«Sono trascorsi sei anni, Ed. Quando ti deciderai ad andare avanti?» Harry non lo stava rimproverando, stava semplicemente cercando di farlo ragionare. L'amico non riusciva proprio a togliersi Niall dalla testa. Purtroppo, dopo sei anni i suoi sentimenti non erano cambiati. All'inizio non ci dava così tanto peso, ma quando Niall, l'anno prima, era partito, trovando la sua strada in Irlanda, le cose avevano nettamente preso una piega diversa.

Aveva cercato in tutti i modi di andare avanti, ci aveva provato con parecchie donne, e anche qualche uomo, ma nessuno rispecchiava Niall, nessuno aveva la sua risata, i suoi occhi, la sua voce, la sua simpatia, la sua spigliatezza..e tante altre cose di cui, Harry, aveva sentito parlare tante, troppe volte.

Diamante grezzo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora