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<<Alaska tesoro, sei veramente tu?>>
Alis si avvicina a me con le lacrime agli occhi ed io la osservo con gli occhi sbarrati.
<<Come sei diventata bella, dove sei stata tutto questo tempo? Non abbiamo più avuto notizie tue o di tuo padre>> continua ormai in lacrime, per poi stringermi in un soffocante abbraccio.
Mi congelo sul posto trattenendo il respiro, per non sentire l'odore della donna che è stata la mia seconda famiglia per tanto tempo.
<<Axel sarà felice di vederti, vai alla Northern anche tu?>>
Si asciuga le lacrime e mi sorride con dolcezza, mentre io guardo ancora il suo volto cercando di capire se la caduta di poco fa mi stia giocando brutti scherzi.
<<Alis>> sussurro nuovamente come un'emerita idiota.
<<Ti senti bene? Vuoi che chiami la sicurezza?>> mi chiede immediatamente guardandomi preoccupata.
Sposto lo sguardo dai suoi occhi al pavimento non volendo osservare il suo affetto.
<<No, è tutto apposto>> borbotto incrociando lo sguardo con mio cugino.
<<Se ti va uno di questi giorni puoi venire a casa a trovarci, Axel torna stasera gli farebbe piacere immagino>> ripete nuovamente guardandomi... supplicante?
<<Non credo che sia una buona idea>> sussurriamo sia io che Tyler in coro.
Lo guardo corrugando la fronte e mi allontano di qualche passo.
<<Capisco>> dice abbassando lo sguardo.
<<Ci incontreremo sicuramente Alis>> dico ansiosa di allontanarmi da qui.
<<Ti lascio il mio numero allora>> sorride dopo le mie parole cercando il telefono nella sua borsa.
<<Non ho un telefono, userò quello di Ty per chiamarti>>
<<Uhm d'accordo allora. Io devo proprio tornare a casa adesso, ma aspetto di risentirti>> dice controllando l'orologio velocemente.
<<La casa era sempre la stessa>> dice abbracciandomi nuovamente, per poi allontanarsi da me.

<<Allora? Quando avrai intenzione di parlarmi?>> sbuffa Tyler entrando dentro l'auto.
<<Non mi avevi detto che li vedevi ancora>> dico incrociando le braccia sotto il seno.
<<Tu non me l'hai chiesto>>
<<Sai perfettamente che non voglio averci niente a che fare. Non voglio vederli ne sentirli. >> sbotto irritata.
<<Non credo che tu ti stia riferendo a tutto il gruppo>> mi fa notare stringendo le mani sul volante.
Ha deciso di guidare lui sostenendo che da incazzata è meglio non mettermi al volante.
Se solo sapesse.

Il silenzio torna nell'abitacolo ed io, ancora scossa, tento di eliminare ogni pensiero o ricordo dalla mia mente.
<<Loro sono nella nostra scuola, hai sentito la madre no? Li incontrerai non solo a casa, ma anche li>> sussurra accostando difronte alla villa.
<<Beh allora fammi almeno il favore di avvertirmi prima di farlo entrare dentro casa, perché farò il possibile per non esserci>>
Senza pensarci due volte esco dall'auto, prendo la busta e apro il cancello.
Tyler riparte sgommando e ne approfitto per bloccarmi sui miei passi.
Osservo l'auto allontanarsi e sento il mio cuore battere velocemente.
Sospiro rimurginando su questa giornata e percorro la piccola stradina per arrivare al portone di casa.
<<George, ma non era il suo giorno libero?>> domando dopo essere andata a sbattere contro il maggiordomo.
<<Si signorina, ma Polly non mi lascia un attimo in pace>> borbotta facendomi un cenno con la testa, e scomparendo nel giardino.
Oltrepasso l'ingresso e vado verso la cucina per posare la busta sul tavolo.
<<Oh mia cara sei tornata! Sei proprio un angelo lo sai?>>
Polly corre verso di me e mi stringe in un abbraccio soffocante.
Tre abbracci in un giorno, che ho fatto di male?
Meglio non rispondere a questa domanda...

Resto come pietrificata a quel gesto e dopo pochi secondi la scanso.
<<Dove si trova Tyler?>> domanda Jason entrando in cucina.
<<È uscito>> sussurro.
Abbasso lo sguardo sotto gli occhi inquisitori dei due e vado verso le scale per sfuggire da loro.
Non mi va di parlare con nessuno, voglio stare sola.
Sbuffo una volta percorsi i due piani di scale e apro la porta della mia stanza con energia.
<<Questa proprio non ci voleva>> sussurro.
Reprimo il magone che sento nel petto e cerco di scacciare via i pensieri.

*
<<Alaska vieni qui, devo dirti una cosa>>
Zio mi fa cenno di avvicinarmi a lui, ed io corrugo la fronte. 
<<Cosa sta succedendo?>> gli chiedo notando il suo sguardo preoccupato.
<<Adesso verranno a prenderti delle persone, ma tu devi stare tranquilla. Ti porteranno in una grandissima casa dove ci saranno tanti bambini e ragazzi come te.>> mi spiega posando le sue mani sulle mie spalle.
<<NO!>> grido sentendo l'aria mancare.
<<Io non vado da nessuna parte. Voglio stare qui.>> continuo a gridare spingendolo via.
<<Alaska devi>>
<<No, non è vero. Io voglio vivere qui. Non posso stare da te e dalla zia?>> chiedo con il cuore che mi martella nel petto.
Mi hanno tolto mia madre, sono rimasta senza un padre per via di quello che è successo, non posso perdere anche il resto della mia famiglia e i miei amici.
Non posso perdere soprattutto lui.
<<Non possiamo tenerti>> sbotta inferocito.
Io mi allontano di qualche passo e lo guardo stranita.
<<Che significa che non puoi tenermi? Non mi vuoi bene?>> gli chiedo allontanandomi sempre più da lui.
Con quel tono di voce mi ricorda tanto mio padre, sono identici e la rabbia che vedo nei suoi occhi mi preoccupa.
<<Dopo alcuni mesi se ti comporterai bene ti porteranno qua, ma ora devi stare in quel posto>> conclude alzandosi dal divano e avvicinandosi alla finestra del soggiorno.
<<Sono arrivati>>
Noto la sua espressione rilassarsi dopo aver stretto la mano a quelle persone, noto la felicità nei suoi occhi e capisco.
Lui no vuole avermi fra i piedi.
Non tornerò a casa fra un paio di mesi.
Non servirà a niente comportarmi bene.
<<Ciao piccola, sei pronta?>> mi chiede un signore abbassandosi alla mia altezza.
<<Ho 9 anni e mezzo, non sono piccola. E non sono pronta. Voi non mi porterete via da qui.>> ribatto sollevando la testa.
Il signore si scambia un veloce sguardo con mio zio e con la sua collega.
<<Devi venire con noi. Non puoi scegliere.>>
<<Starò da mio zio>> ribatto sbattendo il piede a terra.
<<Non vivrai da me Alaska mettitelo in testa. Non ti farò entrare dentro casa mia. Non ti voglio nella mia vita. Ti rinchiuderanno in orfanotrofio e li rimarrai. Sei solo uno sbaglio e lo sai bene. Hai fatto ammattire perfino mio fratello e per colpa tua è in carcere adesso. Hanno ucciso tua madre per colpa tua. Sei un mostro. Non dovevi nascere.>> grida Jason tirandomi i capelli.
Io resto impassibile difronte a ciò, mentre i due assistenti sociali allontanano Jason da me. Non merita di essere mio zio. Non si merita me.

Blocco il flusso dei miei pensieri dando un pugno al muro, e poi un secondo, un terzo, finché le nocche non mi sanguinano.
Grido per sfogare la rabbia e continuo a dare pugni al muro.
<<Non dovevo nascere!>> grido con più fiato che posso.

Mi allontano dal muro vedendo il mio riflesso sullo specchio.
Sono un mostro, aveva ragione.
Ho gli occhi iniettati di sangue, il respiro accellerato e le mani che tremano.
Vado verso il mio zaino e butto tutto il contenuto sul letto alla ricerca delle mie chiavi di casa.
È escluso che io mi comporti anche solo con rispetto o con calma nei suoi confronti.
È escluso che io faccia quello che desidera.
È questo quello che penso con le chiavi della macchina di Jason in mano e un ghigno sul volto.

[‼️Nel caso vogliate fare dei video o post su questa mia storia, in ogni social usate l'hashtag: #YBMwattpad, così che io possa trovarli.‼️]

You'll be MineWhere stories live. Discover now