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<<Carcere penitenziario "Federal Correctional Institution" di Miami, vuole accettare la chiamata a suo carico?>>

<<Sì!>> confermo con voce seria e le mani tremolanti nel telefono, facendo cenno a mio cugino di attendere che io termini la chiamata.
Sento qualche bip, suono che mi fa stringere le mani dall'ansia e, dopo un breve istante, la sua voce parla:
<<Alaska?>> sento domandare.
Socchiudo gli occhi con orrore nell'udire quel suono, mentre il pensiero delle sue mani su di me mi porta ad odiarlo con tutto il cuore e a reprimere un forte conato di vomito.
Ed è quando rispondo e pronuncio quelle quattro lettere, che vedo Mason sbarrare gli occhi e compiere un passo indietro, comprendendo che questa è la fine.
<<Papà>>
Tyler al contrario suo si avvicina, mentre vedo Axel rimanere semplicemente immobile ad osservare la scena, cercando di captare dai miei occhi qualche spiegazione al comportamento mio e di mio cugino.
Quella parola scivola fuori dalle mie labbra come un insulto, come se il mio vero papà non ci fosse più da tempo, cosa che realmente è.
<<Tesoro mio quanto mi sei mancata, dimmi come stai? Va tutto bene a casa?>>
<<Come cazzo fai a sapere il mio numero e che sono a Miami?>> gli domando, ascoltando quel soprannome con disgusto e rabbia, mentre per un istante il pensiero di distruggere il telefono con le mie stesse mani, mi passa per la mente.
<<Jason>> mi rispondo poi da sola, iniziando a camminare nervosamente avanti e indietro, con gli occhi iniettati di sangue.
<<Sai tesoro mio, ho saputo che hai finalmente conosciuto parte del giro, ma ti consiglierei di svolgere il rito d'iniziazione, sai anche tu quanto questo sia importante, vero? Non vorrai mica mancare ai tuoi obblighi>>
La sua voce è ovattata, rigida e severa, come se fosse pronto da un momento all'altro ad uccidere.
<<Non mi senti da anni e l'unica cosa davvero importante per te dopo tutto ciò che mi hai fatto, è questa? Facciamo un gioco papà: tu non mi cerchi, marcisci quel poco tempo che resta nel carcere e ti levi dalle palle>> inizio a parlare, trattenendomi dal correre lì e strozzarlo con le mie mani.
<<Ed io cosa ci guadagno?>> mi domanda ridendo, semplicemente incuriosito da una mia risposta.
<<Guadagni che non corro in quella merda per ucciderti, e che mi sentano pure quelle teste di cazzo dei centralini. Dopo quello che mi hai fatto tu hai chiuso con me, niente chiamate, nessuna minaccia, ricatto e non usare quel cazzo di soprannome con me>>
Ormai sto urlando, cosa che non accade mai, tanto che vedo mio cugino sbiancare nel sentire la disperazione prendere il possesso del mio corpo.
I miei occhi lottano per mostrarmi ciò che hanno dovuto vedere, il mio corpo brucia nei punti che lui ha colpito con forza, mentre le mie guance paiono voler ricordare quanta forza io ci mettessi nel non piangere.
<<Ti verrò a prendere, è una promessa>>
Mio padre attacca la chiamata ed io tiro lo zaino per terra, mettendo le mani fa i miei capelli esausta e sedendomi sugli scalini della scuola, tamburellando il piede nervosamente su uno di essi.
Sono un fascio di nervi e mi porto la mano sul petto stringendola, come a voler dare conforto a quella bambina che là dentro soffre, nascondendosi dalle ombre, gridando ai ricordi e cancellando ogni parte di se, fino a lasciare solo che il suo animo venga divorato dalla rabbia.
<<Alaska è pur sempre tuo padre>> tenta Mason, ma io non lo lascio finire di parlare. Afferro il polso di Tyler che, essendo l'unico a sapere, era pronto a tirargli un pugno in faccia e lo attiro verso di me, in modo da non fargli perdere la pazienza.
<<Tu non sai un cazzo>> gli dico senza troppi giri di parole, con una voce che lascia trapelare tutta la mia disperazione.
Mi sento in parte indifesa, denudata di ogni mia sicurezza e abilità nel difendermi, mi sento solo usata e sfruttata nel peggiore dei modi per svolgere il compito che mi spetta.

<<Papà ahia, mi fai male!>> grido, mentre la sua mano afferra i miei capelli e li tira buttandomi in terra.
Vorrei piangere, vorrei con tutto il cuore, ma non è solo la mia promessa a fermarmi: ormai non riesco più a farlo, sento solo il fastidio, la sensazione nel dover compiere assolutamente quel gesto, ma non riesco.
Percepisco il bruciore nei miei occhi, il magone nella gola e nel petto, l'aria mancare, il dolore in volto, ma niente. Neanche una goccia. Neanche una lacrima.

You'll be MineWo Geschichten leben. Entdecke jetzt