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Indosso la felpa di Connor e metto lo zaino in spalla pronta ad uscire di casa.
<<Buongiorno tesoro>> mi saluta zia Christine sorseggiando il suo caffè, con un accappatoio in seta che deve esserle costato una fortuna.
<<Buongiorno>> borbotto per niente di buonumore.
Ieri sera è tornato Axel e ho passato tutta la notte a crogiolarmi dalla disperazione.
È incredibile quanto mi agiti questa notizia, insomma è normale che lui viva qua.
Io me ne sono andata, quindi sapevo già il rischio che avrei corso tornando in questo posto.
<<Tyler?>> chiedo sedendomi a tavola con lei e Polly giusto per perdere tempo.
<<È andato da un suo amico ieri sera. Axel, non so se te lo ricordi...beh dovresti. Comunque ha dormito da lui>> risponde mia zia sorseggiando un altro po' del suo caffè per sfuggire al mio sguardo.
Anche lei sa.
Deve aver capito qualcosa, mi conosce troppo bene.
Più che altro conosce la nostra famiglia, siamo tutti più o meno della stessa staffa.
<<Tuo zio invece sta cercando disperatamente la sua auto da ieri sera. Tu ne sai qualcosa? Se tornata piuttosto tardi>> osserva mia zia guardandomi di sottecchi.
Io sollevo le spalle facendo un sorriso malizioso e lei scuote la testa ripetutamente.
<<Alaska...>> inizia, ma la interrompo subito
<<Devo andare a scuola>>

Mi sollevo dal tavolo e vado verso il portone d'ingresso sentendo i suoi passi dietro di me.
<<Potrai mai perdonarlo per non esserci stato per te?>> mi domanda stringendo la sua piccola tazza fra le mani.
<<Sai la risposta. Conosci mio padre, conosci mia madre, tua sorella.>> sussurro le ultime parole guardando la sua espressione incrinarsi <<Quindi sai la risposta>> continuo aprendo la porta di casa, e sbattendola alle mie spalle.
Percorro il viale e apro il cancelletto della villa riversandomi nella strada principale.
<<Vuole un passaggio signorina?>> mi chiede George con un sorriso cordiale.
<<Solo se prometti di chiamarmi per nome e darmi del tu>> dico in tono scherzoso allungando la mano.
<<Uhm e va bene>> sospira stringendomela ed io entro nel posto accanto al suo.
<<Che ci fa qui sign- volevo dire, che ci fai qui Alaska? Non vai dietro?>>
<<No sto qui, non ho voglia di stare ancora sola con me stessa anche qua, è troppo stressante. Almeno per dieci minuti voglio staccare.>> rispondo lasciandolo a bocca aperta.
George annuisce, richiude lo sportello della limousine da cui sono entrata e sguscia nel posto accanto al mio.
<<Tutto bene?>> mi chiede, mentre il motore prende vita.
<<Uhm, domanda di riserva? Sai già come va.>> sollevo le spalle, guardando fuori dal finestrino quella città che tempo fa chiamavo casa, ma che ora considero solo un bel ricordo lontano.
Un bel ricordo trasformatosi in un luogo dove ogni cosa è andata in frantumi. Tutta la mia vita è andata in frantumi qua.
<<Per quanto possa valere, so come è fatta la tua famiglia, li conosco da una vita e conosco anche te. Sei sempre stata forte Alaska. Gli eventi ti hanno cambiata, ma sei sempre stata: selettiva, forte, coraggiosa, indipendente e sempre con la risposta pronta. Ma hai perso la felicità che avevi un tempo, la spensieratezza, il sorriso fra le labbra per qualunque cosa, il perdono...>> dice stupendomi di gran lunga.
Non parlo per il resto del tragitto al pensiero delle sue parole.
George non è solo l'autista di famiglia, è anche un amico e sa. Sa tutto o comunque gran parte delle cose.
<<Supererai anche questa>> mi dice prima di accostare davanti a scuola.
<<È un'altra cicatrice sul mio cuore, sulla mia pelle e sull'anima>> rispondo io riacquisendo l'uso delle parole e ricevendo uno sguardo del tutto neutro da parte sua.

Esco dalla limousine sbattendo leggermente lo sportello e cammino in mezzo tutti gli sguardi curiosi degli studenti.
<<Cos'è non avete mai visto dei figli di papà?>> domando a un paio di secchioni con la bava alla bocca.
Ti prego no, che orrore.
Cammino in mezzo a quelle persone e sento un tocco leggero sulla spalla.
Mi volto per vedere chi sia la fonte e trovo difronte a me i capelli biondi di Summer.
<<Ciao>> la saluto un po' impacciata e lei ricambia con un cenno della mano.
<<Posso entrare con te a scuola?>>
<<Si certo>> rispondo un po' tramortita da quelle parole timide.
<<Chi hai alla prima ora?>> le chiedo andando verso il mio armadietto con lei di seguito.
<<Fisica>> risponde controllando il suo orario sul telefono e dirigendosi verso l'armadietto numero 18 accanto al mio.
<<Pure io, e alla seconda scienze e poi motoria>> dico io sbattendo forte l'armadietto e facendo girare parecchie persone.
<<Io alla terza ho inglese invece. Guarda abbiamo gli orari molto simili>> mi fa notare mettendo il suo telefono accanto al mio orario appeso sull'armadietto.
<<Alle ultime due prima di pranzo infatti abbiamo entrambe due ore di matematica, è una tortura>> mi fa notare con uno sbuffo ed io sbatto la testa contro l'armadietto.
<<Andiamo dai, la prima classe si trova al secondo piano>> mi intima chiudendo anche il suo armadietto e mettendo lo zaino sulla spalla.
<<Quello di fisica mi sta sul cazzo, non mi sopporta>> mi dice una volta superate le due rampe di scale.

You'll be MineWhere stories live. Discover now