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Una goccia percorre il vetro appannato della camera, dove trascorro ogni giornata in questo orfanotrofio, il mio respiro difatti si scontra con la superficie fredda e l'ambiente al di fuori di queste mura, viene smosso dalle continue raffiche di vento.
Non sono abituata al freddo del Bronx, alle sue strade pululanti di persone pronte ad azzannarti, alla droga in ogni dove senza il bisogno di doverla nascondere e al sangue per le strade.
Non sono abituata a questo freddo, così come non lo sono al gelo che da qualche anno abita nel mio corpo.
<<Signorina Milton, l'ora delle visite è giunta>> mi dice una delle donne, che da tempo ormai tentano invano di instaurare un rapporto con me, piombando nella mia camera con enfasi.
<<Rose, nessuna visita per me>> le rispondo, sollevando gli occhi al cielo e perdendomi nei bellissimi nuvoloni grigi visibili dalla grande finestra.
<<Ti sbagli, qualcuno ha chiesto di te e al momento si trova al piano terra>>
Rimango interdetta per qualche istante e trattengo di getto il fiato, mentre il mio cuore trema speranzoso.
Stringo le mani in due pugni per contenere le mie emozioni e decido di seguirla a passo lento, fingendo completa indifferenza.
Purtroppo però dentro me qualcosa si sta scatenando: la speranza. La conosco bene a tal punto da odiarla e screditarla, come mai mi è capitato di fare riguardo altro.
È un'arma a doppio taglio.
Mi illudeva che qualcosa di bello possa accadere, che il mio passato si possa prima o poi rivelare solo un terribile incubo, per poi sbattermi duramente in faccia la realtà, come a volermi mostrare quanto sia impossibile per me essere felice.
Scendo le scale con altrettanta quiete, imponendomi di congelare anche quel briciolo di bontà che mi è rimasta, in modo da ripararmi da tutto quel dolore, che nonostante la sua immensità, da sempre adoro ammettere quanto mi abbia istruito e resa più forte.
<<Vuoi sapere il suo nome?>> mi domanda Rose, con un sincero sorriso sul volto.
<<Vedrò tra poco, non c'è alcun bisogno>> rispondo, notando il suo sorriso scomparire immediatamente e lasciar spazio ad un'espressione di sincera preoccupazione.
<<Dai almeno una possibilità a questa persona di aiutarti>> sembra quasi pregarmi e nel momento stesso in cui concludiamo quella discesa, lei posa le sue mani sulle mie braccia.
Come di riflesso il mio corpo viene percosso da una scossa ed indietreggio, respirando con forza e trattenendo a stento un pugno, che le avrebbe fatto sicuramente male.
Non sopporto il tocco improvviso sulla mia pelle, i gesti dolci, di aiuto, semplici, di conforto. Niente.
Desteso ogni mano sulla mia pelle, perché essa mostra ai miei occhi gli innumerevoli lividi e detesto ogni sguardo preoccupato, perché esso riporta alla luce la pena di coloro a cui mai è importato di me.
<<Non ho bisogno di aiuto>> dico, forse con un tono eccessivamente secco e sprezzante, superandola poi con una spallata e recandomi verso la direzione da lei indicata poco prima.
Ad aspettarmi, seduta su una delle tante poltroncine color mogano in quella stanza dal colore assente e vacuo, vi è una ragazza dai lunghi capelli castani e lisci, della mia età e dagli occhi color nocciola.
La osservo con stupore, avvicinandomi con calma verso di lei e sedendomici accanto senza pronunciare una sillaba.
<<Alaska!>> grida con un sorriso, buttandosi su di me e facendomi sussultare nuovamente.
Non ricambio l'abbraccio nè il sorriso, rimango semplicemente ad osservarla, mentre lei finge palesemente di non aver notato la mia freddezza e sorride forse più ampiamente.
<<Ti voglio così bene! Mi manchi tantissimo, sai? Vorrei tanto che tu potessi scappare da qui, sto cercando in tutti i modi di parlare con tuo zio o con i tuoi nonni ma->>
<<Ma nessuno mi vuole fra i piedi, lo so. Tranquilla, non c'è niente di cui preoccuparsi>> concludo al posto suo, torturandomi le dita sotto al tavolino in vetro posto fra di noi.
<<So che anche tu mi vuoi bene e sei felice che io sia venuta qui, non c'è bisogno che me lo dici, sai? Ti conosco talmente bene da poter parlare da sola, immaginando ogni tua risposta>> mi dice lei, non perdendo assolutamente la sua grinta, ma divagando come suo solito in ogni discorso.
Il mio opposto.
Alcune lacrime di gioia e tristezza attraversano il suo volto, ma lei non ci fa caso o forse preferisce mostrarle.
Conoscendola sono certa che la risposta sia l'ultima: la sua personalità è varia e il suo vedere il mondo altrettanto.
Le lacrime per lei non sono un segno debolezza, ma di forza e sincerità.
<<Axel chiede continuamente di te, giorni fa ha preso a pugni tuo cugino, che non ha aperto bocca. È distrutto, ormai è da mesi che sei scomparsa e non ha idea di cosa sia capitato. Potresti provare a chiamarlo, magari sei ancora in tempo per recuperare i tuoi errori. So che ti manca, ti farebbe davvero bene parlare con lui>> mi consiglia tutto d'un fiato, fissandomi negli occhi per vedere una mia possibile reazione.
Ogni singola persona presente in questo mondo, tranne i miei genitori, Tyler e il ragazzo dagli occhi verdi, non oserebbero mai sorreggere il mio sguardo dopo aver formulato una simile frase, ma lei mi conosce da talmente tanto tempo, da potersi permettere di più.
Troppo.
<<Non voglio che lui dimentichi ciò che ero, non voglio che il suo ricordo sia " di una me rinchiusa in questo posto, con lo sguardo vuoto e senza più alcuna voglia di vivere">> rispondo rapidamente <<E mi dispiace che tu invece sia a conoscenza di tutto questo, ma non sono riuscita a nascondertelo, sei troppo insistente>> aggiungo, riferendomi al suo carattere pressante: ogni qual volta Abigail desidera sapere una cosa, è certo che riuscirà.
<<Non accadrà niente fra di noi. Non ho dimenticato ciò che realmente sei, non ho scordato la mia migliore amica e mai lo farò>> ribatte lei cocciuta, incrociando le braccia al petto, ma osservandomi con un sopracciglio inarcato.
<<Potrei essere cambiata a tal punto da sorprenderti>> le dico.
<<Non importa, sarai sempre la mia migliore amica>>
<<Ormai non sono solo quello, sono anche altro Abby, arrenditi. Una parte di me è morta, l'altra sopravvive, ma solo grazie al mostro che sono diventata adesso. Il gelo che sento dentro, è tale da proteggere anche quella parte di me e nè l'amore o l'amicizia riusciranno a portarmelo via. Spero solo che tu possa continuare a vedere in me quella parte, ma come già sai, ormai non si può tornare indietro>>

You'll be MineWhere stories live. Discover now