36. Time

1.9K 138 27
                                    

Mina

La bassa stagione invernale aveva tramutato il piccolo polo turistico in un paese fantasma da film di Sergio Leone. Tom cercò di convincermi a cenare al prestigioso ristorante Principe Umberto, ché tanto lui i soldi li aveva, ripeté. Voleva sorprendermi in ogni modo possibile, in quelle ore insieme sembrava carico di un'eccitazione psichedelica, ma scelsi la piccola pizzeria che faceva angolo con un vicolo malmesso. Vicolo dei Poveracci, immaginavo. Il locale era gestito da una famiglia tedesca, di origini calabresi, ma trasferitasi inspiegabilmente sul lago da un paesino vicino ad Amsterdam. Il pizzaiolo faceva una diavola da urlo. In tutti i sensi: senza i due litri di birra che ingollai morso dopo morso, mi sarei trasformata in uno dei draghi di Daenerys. Ordinammo due pizze a testa, il sesso ci aveva resi famelici, e alla fine riuscimmo a trovare persino un posticino per mezzo profiterole a testa.

Tra i due, l'anima più affettuosa era sempre stato Tom. Quel giorno, però, i suoi atteggiamenti erano ancora diversi dal solito. Mi prendeva la mano, ne baciava il dorso, cercava il contatto fisico in qualsiasi modo, che fosse la sua gamba a sfiorarmi o i suoi occhi che mi cercavano e ammiccavano dall'altra parte del tavolo rotondo. Credevo che le canzoni d'amore sparassero solo cazzate per cuori teneri, bugie che irretivano chi si lasciava crogiolare negli innamoramenti e nel mal d'amore. Beh, o mi ero all'improvviso rincoglionita, oppure, un fondo di verità, quelle canzoni ce l'avevano davvero.

Avevo scoperto l'amore, e l'amore aveva cambiato ogni cosa.

Dopo una breve passeggiata ci fermammo e Tom mi aiutò a salire su un muretto. Tenevo le gambe a penzoloni, tra le fughe cresceva un morbido strato di muschio, di tanto in tanto buttavo lo sguardo al buio sotto di me per capire dove finisse il lago e iniziasse la riva. Il respiro di Tom si fece regolare, spingeva lo sguardo verso il lago di Garda e io lo inseguivo. Il lago era nero come un'immensa pozza di petrolio, silenzioso come noi due mentre accarezzava le rive ghiaiose. L'occhio della luna quasi piena che si rifletteva al centro pareva quasi inquietante. Stavamo entrambi in silenzio e in quel silenzio, noi non eravamo mai stati così a nostro agio.

Un paio di braccia forti mi tenevano stretta in vita e di tanto in tanto le sue labbra mi sfioravano la tempia e la guancia. Gli sussurravo che lo amavo e lui lo ripeteva alzando con sfrontatezza la voce. E in mezzo a quelle piccole verità che avevamo sempre saputo, capii che la vera felicità esiste. Che forse in molti passano la vita a cercarla, ma io invece ci ero cresciuta accanto. Nulla avrebbe mai potuto mettersi tra di noi, solo l'aria umida del lago, che sibilava pesante negli anfratti tra i nostri corpi.

«Time.»

Lo guardai di lato. «Vuoi sapere che ore sono? La birra e la grappa ti hanno fatto dimenticare di settare il linguaggio su italiano?»

«La colonna sonora di Zimmer in Inception, idiota. Ora ci starebbe proprio bene.» Chiuse gli occhi e con un respiro profondo rilasciò l'aria calda sul mio collo. Rabbrividii.

«Falla partire. Non ce l'hai sul cellulare?»

Seguì il mio consiglio e infilò il telefono nella tasca della giacca, ma a testa in giù per lasciare le piccole casse libere. «Perché proprio Time? Ci sono migliaia di altre canzoni che starebbero bene ora. Qualcosa di Danny Elfman?»

«No, questo è un momento da Hans Zimmer.»

Alzai gli occhi al cielo. «Le dispiacerebbe spiegarmi? Ho bevuto un po' e le mie scarse capacità cerebrali lavorano in riserva in questo momento.»

«Perché la sua musica è totale, è potente. Ti entra nelle mani, nei muscoli e nel cuore. Non puoi rimanerne indifferente.» Intrecciò le nostre dita sul mio ventre, le mani intirizzite dal freddo. «Certo, ci sono Morricone, Silvestri, Williams. Con Zimmer, invece, è come se riuscissi a creare una scena nella mia mente partendo da zero. Me la vedo davanti agli occhi, i dettagli, le sensazioni. E la scena di stasera è...» Mi baciò tra i capelli e poi sulla guancia. Aprì un sorriso contagioso quando raggiunse le mie labbra. «Incredibile, totalizzante.»

OUTSIDERSWhere stories live. Discover now